Il caso

Ecco come rinasce un paese abbandonato

Monte Carasso: è terminato il progetto di valorizzazione del comparto di Puncètè sulla montagna del villaggio che nel 1700, dopo la partenza degli abitanti, era stato trascurato – La zona è oggi considerata di interesse archeologico
© Danilo Mazzarello
Alan Del Don
29.05.2023 21:45

Sui motivi dell’abbandono, a distanza di oltre tre secoli, non si ha ancora una risposta chiara. Fino al 1700 l’antico villaggio sulla montagna di Monte Carasso era abitato. Poi la popolazione se ne andò improvvisamente, portando alla progressiva distruzione del sito e alla trascuratezza delle aree coltivate. Per fortuna, esattamente 25 anni fa, è stata costituita la Fondazione Curzútt-San Barnárd con l’obiettivo di promuovere e sostenere ogni iniziativa nella collina alta intesa a rivitalizzare la zona nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio. È in quest’ottica che rientra il progetto di valorizzazione del sito archeologico di Puncètè, a 690 metri di altitudine, un insediamento contraddistinto da una trentina fra case, stalle ed orti, la cui salvezza è stata la zona nascosta, contraddistinta da un fitto bosco, che ne ha scongiurato l’edificazione. Un’area che oggi è considerata di interesse locale a livello archeologico.

Scopi didattici

«L’abitato di Puncètè è testimone silenzioso del delicato legame tra architettura e territorio, il cui frutto siamo soliti definire come paesaggio antropizzato (…). Il progetto di tutela e valorizzazione intende, attraverso il suo riutilizzo a scopo didattico e museale, costituire un tramite tra la società del passato e quella attuale. Agendo con interventi mirati cerca di sottolineare le componenti essenziali del nucleo e delle architetture che hanno permesso loro di integrarsi con il territorio circostante: la densità dell’abitato, i recinti coltivati, le misure rigorose delle case, i materiali omogenei ed i sapienti tracciati dei sentieri. Così l’ascesa lungo le pendici della montagna lascia alle spalle i rumori degli insediamenti del fondovalle per scoprire i villaggi abbandonati: luoghi stabili, immobili, intangibili, mai più toccati e quasi intoccabili, immutabili e radicati nel territorio. Solo a loro è concesso, perché possano mantenersi tali, un attento e rispettoso silenzio». Già da queste poche righe tratte dalla relazione dell’architetto Roberto Briccola del 2017 era chiara l’importanza di poter preservare un gioiello accanto a quelli di sicuro più noti di Curzútt e San Barnárd. Pochi mesi dopo si diede avvio al cantiere per la rinascita del sito dal quale si ha una vista panoramica mozzafiato del Piano di Magadino.

«Oggi è completamente urbanizzato, ma allora era ancora ‘selvaggio’ e inospitale, soggetto a frequenti alluvioni devastanti, cosparso da innumerevoli paludi acquitrinose infestate da zanzare e sovente soggetto ai passaggi e alle incursioni degli eserciti fino ad alcuni secoli fa, prima dell’incanalamento del fiume Ticino», osserva il segretario della fondazione Cesiro Guidotti. Per la maggior parte dei lavori si è fatto capo alla manodopera dei Programmi di occupazione temporanea edilizia e genio civile seguita da personale specializzato, il cui onere è stato assunto dall’Ufficio misure attive del Dipartimento delle finanze e dell’economia. Si sono finora investiti oltre 1,5 milioni.

La grà per le castagne

«Secondo fonti orali storicamente non verificabili, il nucleo urbano di Puncètè era stato completamente abbandonato per motivi tuttora ignoti già nel corso del 1700, prova ne sia il notevole imboschimento nonché i numerosi e imponenti castagni che si erano insediati fra i diversi edifici e le murature trovate anteriormente agli interventi selvicolturali dell’inizio degli anni Duemila», rileva Cesiro Guidotti. Ripristinato il vecchio nucleo, si tratta ora di procedere ad altre opere non meno importanti.

Ce le descrive il nostro interlocutore, non prima però di ricordare che attraverso il progetto si mira ad «animare il comparto e a conferire valore aggiunto a quanto finora realizzato in termini di animazione e fruizione, facendo in modo che Puncètè non diventi un mero prodotto museale». Innanzitutto, a scopo didattico (in primis per le scuole), si intende rimettere in funzione la grà per l’essicazione delle castagne; è l’unico edificio sopravvissuto, se si vuole, al deterioramento. A questo proposito si darà vita al «Percorso del castagno», che non sarà però l’unico sentiero della sponda destra degno di attenzione; nella zona archeologica di Puncètè, ad esempio, l’auspicio è quello di far vivere all’escursionista l’esperienza della realtà aumentata. Infine, per tramandare alle future generazioni questo patrimonio, ecco che verrà elaborata una ricerca storica sulla collina alta.

Opere a cielo aperto

Fino al 4 novembre si può ammirare la mostra a cielo aperto del FotoClub Turrita nel nucleo di Curzútt e nella parte alta della collina di Monte Carasso. Attraverso gli scatti si vuole rendere omaggio all’anniversario della fondazione e al territorio. Ecco così che sono stati immortalati i muri a secco, la vigna, la funivia, la castagna, il bosco, il ponte tibetano, la chiesa e tanti altri angoli del paesaggio. Un percorso che consente altresì, al visitatore, di potersi godere il panorama. Info sul sito www.curzutt.ch.