Mendrisiotto

Era il tesoriere di una banda che ha truffato quattro anziani

Condannato un uomo (recidivo) che deteneva nella propria abitazioni il denaro per poi consegnarlo ad altri membri dell'organizzazione criminale: destinazione Polonia – Sottratti 192.000 franchi in due mesi
I risparmi di una vita. © CdT/Archivio
Valentina Coda
12.06.2025 17:36

Fungeva da collante tra inganno e appropriazione. Era un tesoriere, in buona sostanza, che deteneva nella propria abitazioni i proventi del reato per poi consegnarli ad altri membri della banda. Destinazione finale? Polonia. Non propriamente un ruolo statico e marginale come voleva far credere alla Corte delle assise criminali, quindi. È tornata in aula (ancora una volta) la cosiddetta truffa del falso nipote, anche se in questo caso sarebbe meglio chiamarla truffa del falso incidente. Sul banco degli imputati un 32.enne cittadino polacco residente in Italia accusato di truffa per mestiere in quanto facente parte di un’organizzazione criminale che ha ingannato, in due mesi, quattro anziani – due del Mendrisiotto e due del Luganese – ottenendo denaro per 192.000 franchi (il valore che la banda ha tentato di ottenere supera però i 200.000 franchi). Catturato con un mandato di estradizione internazionale nel 2023 e in carcere da allora, dovrà rimanere dietro le sbarre per 24 mesi e non potrà varcare il confine elvetico per 10 anni. Così ha deciso la Corte presieduta dal giudice Paolo Bordoli. In verità, l’uomo pare essere un habitué dell’ambiente carcerario, visto che commette lo stesso tipo di reati (o affini) da dieci anni ed è già stato condannato sia in Italia sia in Svizzera.

La banda perde pezzi

A poco a poco, comunque, l’organizzazione criminale di cui fa parte il 32.enne (patrocinato dall’avvocato Daniel Ponti) sta perdendo pezzi. Oltre a lui, sono già stati condannati due corrieri e gli inquirenti – coordinati dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo – sono riusciti a catturare una delle menti della banda che operava dalla Polonia. «Rendono la menzogna un mestiere e la truffa una routine – ha detto in aula Lanzillo –. Sfruttano i sentimenti più nobili degli anziani e i legami familiari più profondi. L’imputato era il depositario del bottino consegnato da chi l’aveva ritirato dalle mani tremanti delle vittime. Era parte integrante della catena, che senza di lui si sarebbe spezzata». Il difensore dell’uomo, dal canto suo, aveva chiesto alla Corte di non riconoscere l’aggravante del mestiere perché «parliamo di pochi episodi per un guadagno da parte dell’imputato contenuto (poco meno di 2.000 franchi) e non sufficiente per il suo sostentamento». La Corte non ha accolto la richiesta. 

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