«Ermani non può presiedere il processo di lunedì per reati sessuali»

«Mauro Ermani lunedì non può presiedere il processo per reati sessuali». Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi, deputati MPS in Gran Consiglio, hanno scritto una lettera aperta al presidente del Tribunale d'Appello Giovan Maria Tattarletti e al presidente del Consiglio della Magistratura Damiano Stefani per chiedere che il giudice, al centro della bufera in merito al clima teso in seno al Tribunale penale cantonale, non presieda un processo in agenda proprio tra pochi giorni. «Dal sito del Tribunale penale cantonale apprendiamo che lunedì 26 agosto è in agenda un processo per reati sessuali che dovrebbe essere presieduto dal giudice Mauro Ermani», si legge nel documento dell'MPS. «Siamo rimasti sorpresi e contrariati nel prendere atto di questo fatto. È evidente a tutti (e molti si sono pronunciati in questo senso) che il giudice Mauro Ermani debba “fare un passo indietro”», affermano Pronzini e Sergi nella missiva. «Rinunciare a presiedere questo processo sarebbe una prima concreta manifestazione di questo “passo indietro”». «Alla luce dei fatti emersi negli ultimi giorni, riteniamo che non vi sono oggettivamente le condizioni affinché egli possa presiedere questo processo. Ne va della credibilità della Giustizia e della serietà della Magistratura».
Il riferimento è al caso che vede il giudice Ermani al centro di una denuncia penale per mobbing.

Negli scorsi giorni, lo ricordiamo, a lanciare per primo il sasso era stato Fiorenzo Dadò, presidente della Commissione giustizia e diritti. «Se le foto che si sono viste venissero confermate, qualcuno dovrebbe fare una profonda riflessione sul suo ruolo all’interno della Magistratura e sul danno che sta arrecando all’immagine del potere più importante dello Stato. Un passo indietro? Considerando che si occupa anche di casi di pedofilia e di reati sessuali una qualche riflessione il giudice Ermani la deve fare». Non una richiesta diretta di dimissioni, è vero, ma comunque il presidente del Centro aveva fatto capire che così non si può andare avanti.