«Esperto di blockchain» condannato ed espulso

Si presentava come «dottore in investimenti» e «massimo esperto nel ramo Blockchain con esperienza pluriennale». Pubblicizzava come «stable coin», attraverso corsi e webinar, un token appositamente coniato e adescava clienti incuriositi dai promettenti interessi della moneta virtuale. Questi sottoscrivevano diverse tipologie di contratti, e facendo leva sulla sua «millantata esperienza», oltre che sull’esistenza di una società svizzera (costituita da lui), ha condotto vari investitori a versare sui conti dell’azienda oltre quattrocentomila franchi. In un episodio, ha anche sfruttato l’immagine del Lugano Plan B per dare credito al suo operato. Ecco, era tutto una truffa.
L’autore, un 47.enne imprenditore italiano, ha ammesso in aula l’intero contenuto dell’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli. È stato così condannato questa mattina dalla Corte delle assise criminali per truffa per mestiere, ottenimento illecito di prestazioni di un’assicurazione sociale, falsità in documento e sviamento della giustizia a 28 mesi sospesi, di cui 6 da espiare (dedotto il carcere già sofferto). In aggiunta, non potrà mettere piede sul territorio elvetico per i prossimi cinque anni.
«Situazione ingestibile»
Prima che la situazione «diventasse ingestibile», come dichiarato in aula, l’uomo aveva creato un profilo Linkedin e Facebook ad hoc inventando studi universitari in Svizzera ed esperienze lavorative manageriali sempre per aziende elvetiche. Dopo aver attivato la sua rete di contatti online e presentandosi come esperto nel ramo blockchain, aveva costituito al bisogno una società svizzera spacciandola come se fosse rappresentata da professionisti polivalenti. Il modus operandi utilizzato si è consolidato nel tempo, tra ottobre del 2020 fino a dicembre 2022: dopo aver creato la moneta virtuale, convinceva gli investitori che la stessa potesse aumentare di valore.
La pena inflitta all’uomo dal presidente della Corte, il giudice Amos Pagnamenta, è stata concordata dalla patrocinatrice dell’uomo, Fiammetta Marcellini, e dalla pp. Il dibattimento, quindi, si è svolto con la formula del rito abbreviato. «La lezione è stata più che sufficiente – ha detto l’uomo in aula spiegando che durante il periodo di espiazione anticipata della pena ha potuto riflettere su quanto commesso –. Inizialmente l’idea non era quella, ma ho fatto il passo più lungo della gamba e mi sono trovato in una situazione ingestibile. Non ricapiterà più».
«Mi hanno rapito i russi»
Come detto, nell’atto d’accusa figurano anche altri capi d’imputazione oltre alla truffa per mestiere. In buona sostanza, l’uomo era iscritto in disoccupazione e aveva dichiarato di non svolgere alcuna attività lucrativa (secondo l’atto d’accusa il 47.enne percepiva uno stipendio pari a quattromila franchi). In questo modo ha ottenuto illecitamente circa 26.000 franchi. Per quanto riguarda la falsità in documenti, in almeno dodici occasioni ha prodotto false conferme di pagamento e altri documenti, sempre fasulli.
Infine, lo sviamento della giustizia. In soldoni si tratta di un episodio che riguarda una denuncia, poi risultata falsa: l’uomo aveva riferito alla moglie di essere stato rapito, picchiato da clienti russi e infine abbandonato in una zona di sosta in un piccolo comune italiano. La conseguenza diretta è stata che la donna ha denunciato i fatti sia alle autorità ticinesi che a quelle italiane.