Fattorino della droga per l'amico bancario: condannato ed espulso

Chissà. Forse qualche pendolare attento avrà anche notato l’anno scorso quell’uomo ben vestito che, tre volte a settimana alle otto meno dieci di mattina, salutando il treno che l’aveva portato in stazione a Lugano dal Mendrisiotto, si intratteneva con quel che poteva sembrare un suo amico. Se, incuriosito, li avesse seguiti, avrebbe scoperto che l’uomo ben vestito lavorava in una banca in centro a Lugano e che con l’amico non si era scambiato solo strette di mano e convenevoli, ma anche del denaro. Soldi con cui l’amico poco dopo comprava al Parco Ciani tre, quattro, bolas di cocaina. A volte tenendosene una per sé. Droga che infine veniva consegnata al bancario sul mezzogiorno, praticamente sull’uscio del posto di lavoro. Questo, per quasi nove mesi.
Per rispondere di questi fatti oggi di fronte alla Corte delle assise correzionali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta è apparso l’amico, il fattorino della droga, ed è stato condannato a 13 mesi di carcere da scontare (è in cella da fine novembre) e all’espulsione dalla Svizzera per cinque anni. Pur essendo nato qui cinquant’anni fa e cresciuto in Ticino, la Corte non gli ha riconosciuto il caso di rigore.
Il banchiere, per contro, stando a nostre informazioni è stato raggiunto da un decreto d’accusa già cresciuto in giudicato per appropriazione indebita dalle casse della banca per cui lavorava. In tutto ha sottratto, ha detto ieri in aula il procuratore Daniele Galliano - titolare di entrambe le inchieste - circa settantamila franchi. Soldi in grandissima parte usati per comprare cocaina. Di questi, 26.000 circa sono stati dati in quei nove mesi all’amico a processo oggi, per comprarla al Parco Ciani. Il resto è verosimilmente finito nelle tasche di spacciatori attivi poco fuori confine.
Versioni a confronto
Ed è stata proprio dall’inchiesta finanziaria che è emerso il ruolo del cinquantenne residente nel Luganese nello spaccio di droga. Il suo nome l’ha fatto proprio il bancario. Una chiamata in causa che la Corte ha ritenuto credibile e genuina, confermando l’impianto accusatorio. L’avvocato Ryan Vannin, patrocinatore del cinquantenne, aveva per contro sostenuto che non fosse disinteressata e che il bancario avesse «messo un bersaglio sull’imputato perché non voleva dire come aveva realmente usato i soldi sottratti alla banca». «Se non voleva chiamarlo in causa - ha ribattuto Galliano - poteva dire che la droga l’aveva presa tutta in Italia. La versione del bancario è credibile».
«Dopo x cartellini gialli...»
Casi come quello del cinquantenne solitamente terminano con una pena sospesa. Ma stavolta i tredici mesi sono tutti da scontare. Il motivo è la recidività del cinquantenne, che è peraltro a sua volta tossicodipendente. Da quando nel duemila venne pizzicato a spedire cocaina ed ecstasy per posta, l’uomo ha interessato a cadenze regolari la giustizia (per reati però, va detto, tutto sommato minori di quello odierno), cosa che ha spinto il giudice Pagnamenta a dire che l’imputato «è un delinquente seriale: quasi certamente tornerà a delinquere una volta scarcerato». Da cui la decisione di fargli scontare interamente la pena, nonché di espellerlo per cinque anni dalla Svizzera. Un’altra cosa che non si vede spesso per casi simili. Benché italiano, il cinquantenne è infatti nato e cresciuto in Ticino e vi erano dunque sulla carta spiragli per applicare il caso di rigore e rinunciare alla sua espulsione. Ma per la Corte l’uomo ha tirato troppo la corda. Ricordando come sia già stato ammonito quattro volte dalla Segreteria di Stato della migrazione, Pagnamenta ha concluso così: «Dopo x cartellini gialli, quello rosso doveva arrivare».