Fiduciario condannato per una fattura falsa

Un fiduciario ticinese di 62 anni attivo a Lugano è stato condannato di recente in via definitiva in Italia a un anno sospeso per aver aiutato un commercialista italiano nel suo «collaudato sistema» con cui permetteva ai propri clienti di fare rientrare i capitali nella Penisola senza dichiararli. In tutto ciò, il professionista elvetico ha emesso una singola fattura per operazioni inesistenti.
Il sodalizio
La vicenda ha coinvolto diverse persone da ambo i lati dei confini e e risale ormai a oltre una decina di anni fa. Al centro vi era appunto lo studio di un commercialista milanese, il cui sistema è così riassunto dalla Corte di cassazione (l’equivalente grossomodo del nostroTribunale federale): «L’associazione aveva elaborato uno schema di elusione che avrebbe garantito ai clienti dello studio, che avevano occultato somme di denaro sottratte al fisco su conti esteri e che avevano in animo di farli rientrare in Italia attraverso il meccanismo della voluntary disclosure in modo legale, un esito favorevole a costi accettabili: il meccanismo prevedeva la costituzione di una società di diritto estero destinataria del denaro, con nomina di un amministratore con delega ad operare sui conti, in modo tale da schermare la reale identità dei soggetti effettivamente titolari, operare prelievi mirati e disporre in Italia delle somme ivi custodite».
In tutto ciò, al fiduciario luganese è stata contestata l’emissione di una singola fattura per operazioni in realtà inesistenti. Il professionista chiedeva di essere assolto, ma per la Cassazione, «ha comunque dimostrato in occasione dell’episodio in cui è rimasto coinvolto, di non avere remore a sfruttare la sua professione per perseguire scopi illeciti e ha mostrato di avere contatti con società estere presso cui reperire con facilità una fattura falsa». Quanto basta per vedersi confermare la condanna e ricevere anche un’interdizione temporanea (in Italia) dall’assumere incarichi pubblichi uffici.
Preziosi sospetti
Il fiduciario non è peraltro l’unica traccia ticinese dell’inchiesta. Due coniugi - in un diverso episodio - hanno ed esempio patteggiato una pena per aver cercato di fare rientrare con il sistema del commercialista italiano 800.000 euro depositati originariamente presso una banca di Lugano.
E ancora: al commercialista italiano è stato riconosciuto il reato di ricettazione per aver fatto carte false per trasportare gioielli da una cassetta di sicurezza in Svizzera all’Italia. Tali gioielli erano infatti di un bancario italiano che era stato condannato nel 2001 per appropriazione indebita per somme di rilevante entità, in quanto avvalendosi della sua qualifica di broker si era accaparrato beni di ingente valore degli investitori. Il sospetto è insomma che questi preziosi privi di documentazione fossero legati a quel crimine, tanto che la moglie dell’uomo, nel frattempo deceduto, ne aveva avuto notizia da alcuni fogli manoscritti ritrovati dopo la morte del coniuge. Scrive la Cassazione: «Se l’origine dei preziosi fosse stata lecita, non vi sarebbe stata alcuna necessità di falsificare i documenti di trasporto per il loro rientro in Italia, che avrebbe potuto essere eseguito in piena trasparenza».
Lo strumento
La voluntary disclosure è lo strumento con cui lo Stato italiano ha permesso a chi aveva fondi non dichiarati all’estero di regolarizzare la propria posizione fiscale. Introdotta nel 2015 e riproposta alcune volte in seguito, nella sua prima edizione permise secondo certe stime di far emergere circa 60 miliardi di euro e di far rientrare in gettito aggiuntivo per i versamenti effettuati quasi cinque miliardi.