Ticino

Formare i maestri del futuro, una storia lunga 150 anni

È passato esattamente un secolo e mezzo dall’istituzione della scuola magistrale in Ticino – L'importante traguardo è stato celebrato questa sera a Locarno - Alberto Piatti (DFA): «C’è grande interesse, il numero di studenti è più che raddoppiato»
Paolo Gianinazzi
15.11.2023 19:00

I primi manuali e i primi corsi estivi per la formazione dei maestri, in Ticino, risalgono agli anni Trenta dell’Ottocento. È solo a partire dal novembre del 1873, però, che la «magistrale» nel nostro cantone può vantare una sua sede ufficiale. Allora, la scuola normale era ubicata nell’ex seminario di Pollegio. Poi, man mano, tutte le istituzioni legate alla formazione dei docenti ticinesi si sono concentrate a Locarno, dove oggi si trova il Dipartimento formazione e apprendimento (DFA) della SUPSI. E così, per celebrare i 150 anni dall’istituzione della Scuola magistrale, il DFA questa sera a Locarno ha voluto festeggiare quest’importante traguardo. Un’occasione per guardare al passato, al presente, ma anche al futuro di questa istituzione. La lunga storia della Magistrale è ovviamente costellata da tanti avvenimenti (ben riassunti in un sito web dedicato: https://150magistrale.supsi.ch).

Guardando però «solo» agli ultimi vent’anni, come ci spiega il direttore del DFA Alberto Piatti, «la trasformazione più importante, avvenuta in Ticino come in tutta la Svizzera, ha riguardato la terziarizzazione del settore». Detto altrimenti, le scuole pedagogiche e le «magistrali», negli ultimi decenni, sono diventate a tutti gli effetti delle scuole universitarie. Ciò che nel nostro cantone, nel dettaglio, è avvenuto prima nel 2002 (con la nascita dell’Alta scuola pedagogica) e poi nel 2008 (quando il Gran Consiglio decise l’integrazione dell’Alta scuola nella SUPSI). Un processo di trasformazione che, prosegue Piatti, «ha portato il DFA a diventare un vero istituto universitario. E così oggi portiamo avanti molti progetti di ricerca e siamo in rete con molte altre realtà in Svizzera». Ma soprattutto un processo che permette oggi al DFA di attrarre molti studenti: «Dal punto di vista dell’interesse siamo molto soddisfatti. Il numero degli studenti è più che raddoppiato. E ora siamo a circa 500 nuovi allievi all’anno. Un numero di tutto rispetto per la realtà ticinese».

Quest’evoluzione, inoltre, fa sì che oggi il DFA, anche guardando al futuro, abbia «un doppio filo» da seguire. «Da una parte, in quanto istituto universitario condividiamo le medesime sfide delle scuole universitarie svizzere. Ad esempio in temi come l’etica della ricerca, oppure la cosiddetta ‘citizen science’, ossia il dialogo tra la scienza e la cittadinanza, nel tentativo di portare la scienza alla popolazione e, allo stesso tempo, di far sì che la cittadinanza partecipi alla scienza». L’altro filo, va da sé, è quello legato alla formazione dei docenti. «Le sfide del DFA, in questo senso, sono le stesse sfide della scuola ticinese. La scuola sta cambiando molto, in una società che cambia sempre più velocemente. E il DFA partecipa a all’evoluzione con tutti i suoi mezzi, dalla formazione iniziale dei docenti, alla formazione continua, fino alla ricerca».

Nessuna penuria sistemica

Una delle sfide, in questa società che cambia, riguarda la penuria di docenti. Qualche giorno fa, non a caso, l’associazione mantello dei docenti svizzeri ha lanciato un «piano d’azione» nazionale per una migliore qualità dell’insegnamento. E questo perché, in estrema sintesi, è stato fatto notare che entro il 2030 il numero degli allievi nella scuola dell’obbligo aumenterà di circa il 30%, mentre il numero degli insegnanti rischia di diminuire.

Da questo punto di vista, però, Piatti si dice molto tranquillo. Nel nostro cantone, infatti, i problemi che si riscontrano in altri cantoni sono stati evitati grazie a una strategia proattiva. «In Ticino, essendo una regione linguistica a sé stante, abbiamo il vantaggio di avere una grande vicinanza tra l’ente di formazione e le autorità scolastiche comunali e cantonali. E ciò ha permesso, grazie alla proattività di tutti, di evitare i problemi in cui si trovano altri cantoni». In questo senso, aggiunge Piatti, «il numero di studenti in Ticino è cresciuto proprio perché abbiamo aumentato i posti di formazione in vista dell’accresciuto fabbisogno». Detto ciò, «in questo momento c’è sempre un bisogno elevato di docenti, che penso sia diventato sistemico, con un corpo docente molto più mobile che in passato e un mercato del lavoro più fluido. Quindi il fabbisono resta elevato, ma non ci sono problemi sistemici, solo localizzati. Ad esempio con i docenti di tedesco. Ma in generale sono molto tranquillo su questo fronte».