Confine

Frontalieri e tassa della salute, colpo di scena

Da sempre avversa a sindacati e opposizione, ora la misura che colpirebbe decine di migliaia di «vecchi» frontalieri viene messa in dubbio da Fratelli d’Italia: con una mozione alla Regione Lombardia ha chiesto approfondimenti
©Chiara Zocchetti
Anna Campaniello
Anna Campaniello
08.05.2025 06:00

Piccolo colpo di scena per la tassa della salute per i vecchi frontalieri italiani nella maggioranza che governa la Lombardia. Se il contributo per il servizio sanitario, introdotto dalla Legge di Bilancio del 2024 è stato fin dall’inizio contestato dai sindacati e dai partiti di opposizione, ora anche i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia (FdI), partito che a Roma ha votato la manovra e l’applicazione del balzello che dovrebbe essere pagato da circa 70mila lavoratori lombardi, mettono in dubbio la sua legittimità.

I consiglieri regionali Luigi Zocchi, Giacomo Zamperini, Romana dell’Erba e Anna Dotti hanno infatti depositato una mozione che chiede alla giunta di «attivarsi con urgenza per verificare la legittimità del contributo aggiuntivo al Servizio Sanitario Nazionale destinato ai cosiddetti vecchi frontalieri». I firmatari invitano il presidente della Lombardia Attilio Fontana e la giunta «ad adoperarsi nelle sedi opportune per verificare la legittimità del contributo e in conseguenza di ciò a pronunciarsi opportunamente definendo l’eventuale meccanismo impositivo comprensivo di agevolazioni ed aliquote, applicando quelle meno gravose per i lavoratori». Un colpo di scena in una vicenda che si trascina ormai da un anno e mezzo, ossia dall’approvazione di una tassa che poi, di fatto, non è ancora stata applicata. La Regione Piemonte ha già affermato la netta contrarietà al contributo e ora, dunque, a prendere posizione è anche parte della maggioranza della Lombardia.

«Fratelli d’Italia ha scelto di agire con responsabilità e concretezza, attraverso una mozione che mira anzitutto a verificare la legittimità del provvedimento, tutelare i lavoratori applicando le aliquote meno penalizzanti e garantire una distribuzione equa delle risorse su tutti i territori realmente interessati», ha spiegato la consigliera Anna Dotti. «Non ci appartiene lo stile populistico che utilizza slogan da stadio, rischiando solo di generare ulteriore confusione tra i cittadini e alimentando polemiche su un’ipotesi che non è nemmeno in discussione: la disapplicazione di una legge dello Stato –, hanno aggiunto Zamperini e Zocchi –. Chiediamo che Regione Lombardia si attivi con urgenza anche alla luce delle perplessità sollevate da professionisti del settore fiscale, rappresentanze sindacali e istituzioni elvetiche. Allo stesso tempo, è fondamentale che venga esplicitato come saranno utilizzati i contributi eventualmente riscossi». Netta la reazione del consigliere regionale del PD, Angelo Orsenigo: «Incredibile che all’improvviso FdI si occupi dei frontalieri – ha detto -, oltretutto chiedendo la legittimità di un provvedimento deciso da un Governo di cui fa parte. Forse non si rende conto che i nostri lavoratori di confine non sono più disposti a farsi prendere in giro».

Intanto, da questa parte del confine sono giunti i primi dati dei cosidetti «frontalieri al contrario», residenti ticinesi che lavorano in Italia. Sì, perché il nuovo accordo fiscale siglato tra Berna e Roma prevede che entrambi gli Stati si scambino i dati dei nuovi frontalieri per ogni singolo lavoratore (nome, cognome, redditi e datore di lavoro e altri dati tecnici). «Si tratta – spiega il direttore della Divisione delle contribuzioni, Giordano Macchi – di una novità importante soprattutto per la Svizzera, dato che il vecchio accordo non prevedeva una simmetria, mentre oggi si possono imporre anche i residenti in Ticino che lavorano in Italia che soddisfano la definizione di frontaliere». In questo senso, aggiunge, «possiamo confermare che abbiamo ricevuto i dati dall’Amministrazione federale delle contribuzioni». Dati che serviranno al Ticino «per controlli incrociati, ossia assicurarsi che vi sia corrispondenza tra essere presente sulla lista fornita dall’Italia e le informazioni nelle singole dichiarazioni fiscali dei contribuenti residenti in Ticino e dunque verificare la corretta imposizione di questi redditi». Per i frontalieri al contrario, ricorda Macchi, «la metodologia di imposizione prevede che sia imponibile il 20% del reddito salariale ricevuto in Italia, tenendo conto per l’aliquota il 100% di tale reddito. E i datori di lavoro italiani in questi casi dovrebbero fare uno sconto del 20% rispetto alla trattenuta alla fonte usuale italiana». Al momento è precoce esprimersi sull’identikit generale di questo tipo di lavoratori, spiega il direttore, poiché «stiamo parlando della dichiarazione fiscale 2024, che va dapprima inoltrata dai contribuenti e poi verificata dagli Uffici di tassazione». Motivo per cui è pure impossibile a questo stadio quantificare con precisione il numero dei ticinesi che lavorano in Italia. Per fare ciò occorrerà aspettare la fine dell’anno.  
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