Frontalieri in Ticino: da dove arrivano, quanto guadagnano e in che ambito lavorano

1. Quali sono le ragioni dell’aumento di frontalieri registrato negli ultimi anni?
Ci sono diversi motivi dietro al cospicuo numero di lavoratori frontalieri attivi in Ticino. Da una parte il grande divario salariale: basti pensare che nel 2016 il salario orario lordo mediano nelle province di confine italiane oscillava tra gli 11,98 franchi del Verbano-Cusio-Ossola ai 13,32 della provincia di Lecco, mentre il livello per il Ticino era di 30,36 franchi. Da considerare anche il diverso costo della vita e il sistema fiscale. Un altro motivo che spiega l’evoluzione più recente nel numero di frontalieri sono gli accordi sulla libera circolazione delle persone entrati in vigore nel 2002. A partire dal 2004, anno dell’abolizione della priorità data ai residenti nel mondo del lavoro come parte degli accordi sulla libera circolazione, il numero di frontalieri in Ticino è continuamente aumentato. Si è passati da quasi 35.000 frontalieri nel 2004 ai 70 mila nel 2020: un aumento che ha portato il peso dei frontalieri sul totale degli occupati in Ticino dal 18,7% al 28,4%.
2. Quali sono i Comuni ticinesi più interessati?
La proporzione di frontalieri sul totale degli addetti in Ticino in alcuni Comuni supera il 50% dei posti di lavoro, toccando punte del 70%. Stando ai dati dell’Ufficio di statistica (USTAT) fino al 2018, i lavoratori con un permesso G sono particolarmente numerosi nel Mendrisiotto e nel Luganese. A Stabio nel 2018 (ultimi dati disponibili per numero di addetti) si contavano oltre 4 mila addetti, pari al 67% dei lavoratori complessivi, a Novazzano 1289 (62%), a Mendrisio 9.468 (57%), a Balerna 2.294 (53,9%) e a Chiasso 4.931 (44,8%). Nel Luganese primeggia, in termini percentuali, Monteggio (nel 2018 i frontalieri erano 502, ossia il 72% dei lavoratori totali), Grancia (622, 61%), Cadempino (1.088, 57%) e Bioggio (2.792, 52,4%).
3. E tra i Comuni italiani?
Secondo uno studio dell’USTAT, i dati dei Comuni italiani relativi al 2014 mostrano una dipendenza dal lavoro frontaliero che in alcune zone raggiunge picchi superiori al 40%. Per i Comuni italiani, ricordiamo, i ristorni della tassazione prelevati dai salari ticinesi possono rappresentare una fetta importante delle entrate. Gli ultimi dati disponibili, risalenti al 2015, indicano le province italiane da cui partono più frontalieri. Al primo posto c’era Varese con 26.319 permessi G, seguita da Como con 25.395, Verbano Cusio Ossola con 5.429. Più staccate le province di Lecco (387) e Sondrio (385).
4. In quali settori lavorano?
I frontalieri costituiscono quasi il 40% degli addetti salariati nel settore privato. Alcune sezioni economiche sono maggiormente caratterizzate dalla presenza di lavoratori con permesso G, in particolare nel settore terziario, segnato da una crescita costante negli ultimi anni e che a fine 2020 ne impiegava in totale 45.550, ossia il 65% dell’intera forza lavoro frontaliera. Stando ai dati pubblicati dall’USTAT, i rami economici con una maggiore presenza di frontalieri sono il commercio (10.972, 15,6%), le attività professionali, scientifiche e tecniche (7.824, 11,2%) e le attività amministrative (6.632, 9,5%). Nel settore secondario, a dicembre risultavano impiegati 24.001 permessi G (34,2%), suddivisi tra le attività manifatturiere (16.124, 23%) e delle costruzioni (7.759, 11,1%). Soltanto 565 (0,8) permessi G sono invece attivi nel settore primario.
5. È cambiato il profilo dei lavoratori frontalieri?
Sì. Malgrado rimangano rappresentati maggiormente nei livelli formativi più bassi, la proporzione di frontalieri è fortemente aumentata nei livelli più alti. Tra 2008 e 2018, la percentuale di chi ha una formazione terziaria è passata dal 20 al 30%. Tuttavia, sebbene siano più formati, i frontalieri faticano a occupare posizioni elevate nelle professioni svolte. Secondo quanto riporta un recente studio dell’USTAT, nel 2018 tra i quadri si è praticamente rimasti allo stesso valore di dieci anni prima (16,3%).
6. A livello salariale c’è stata una progressione?
No, i livelli salariali dei frontalieri restano nettamente inferiori rispetto a quelli degli altri lavoratori. Lo stipendio mediano è di 4.477 franchi. In particolare, la mediana dei salari lordi standardizzati di chi ha un permesso G è di 1.500 franchi in meno rispetto a quella degli svizzeri. Non solo: i frontalieri percepiscono mille franchi in meno di chi ha un permesso C e 600 in meno di chi ha un permesso B. Come ha mostrato uno studio dell’USTAT di Bigotta e Giancone, negli ultimi dieci anni i salari dei frontalieri sono rimasti fermi, addirittura la mediana del 2008 è di 10 franchi superiore a quella del 2018, mentre le retribuzioni di svizzeri e domiciliati è cresciuta del 10%. Un approfondimento sulle differenze salariali tra frontalieri e residenti realizzato in passato dall’USTAT (Bigotta, 2017) ha mostrato che i salari dei frontalieri rimangono tuttavia più bassi anche a parità di condizioni (età, stato civile e posizione professionale).