Il caso

Frontalieri, ottimi stipendi e lavori che gli svizzeri non vogliono fare: non è proprio così

Polemiche sui social per un articolo in cui si indicano agli italiani i mestieri più ambiti in Ticino: lo abbiamo analizzato con l'economista dell'USI Moreno Baruffini
Michele Montanari
03.06.2023 12:37

False aspettative per gli italiani, malumori e preoccupazione tra i ticinesi. Negli scorsi giorni un articolo pubblicato da Trend-Online, un «giornale indipendente con focus su finanza ed economia» (così si legge sul sito, che vanta 11 milioni di utenti unici al mese) con sede a Milano, ha suscitato un vespaio sui social network. Nell’articolo in questione, dal titolo «Lavori che nessuno vuole fare in Svizzera ma retribuiti benissimo: posizioni e stipendi», è stata presentata ai lettori italiani la situazione del lavoro nella «Svizzera italiana», con tanto di lista degli impieghi più ricercati nella Confederazione. Solo su Facebook, il contenuto, è stato condiviso centinaia di volte e ha ricevuto parecchi commenti, non sempre lusinghieri, specialmente da parte di chi il Ticino lo vive o lo conosce.

Diversi utenti, ad esempio, si sono lamentati del fatto che l’articolo sembra suggerire che gli svizzeri siano dei «fannulloni», che non hanno alcuna voglia di svolgere lavori fisicamente pesanti. Citiamo alcuni passaggi criticati: «Ci sono posti vacanti nel territorio elvetico che nessuno sembra voler occupare», «quali sono questi lavori che nessuno vuole fare in Svizzera?», «mestieri che, per tradizione o abitudine, da sempre sono gli italiani frontalieri a svolgere e gli svizzeri invece non vogliono fare» o, ancora, parlando dell’operaio, «i cittadini residenti non vogliono svolgere questo mestiere, considerando che si tratta di lavori faticosi dal punto di vista fisico e che prevedono anche i turni di notte». Come se in qualsiasi altra parte del mondo esistesse qualcuno che aspira a fare lavori faticosi con turni di notte.

Non solo malumori tra i ticinesi che hanno letto l’articolo, ma anche tanti italiani a cui è stata venduta l’idea di una Svizzera pronta ad accogliere migliaia di muratori, infermieri o camerieri, quando il numero di posti vacanti in realtà è inferiore. Certo, queste posizioni lavorative sono decisamente ambite, nessuno dice il contrario, ma nell’articolo non si trova un solo dato ufficiale. Cerchiamo di fare chiarezza con l’economista Moreno Baruffini, collaboratore scientifico presso la Facoltà di scienze economiche dell’USI, nonché dottore, ricercatore e responsabile dell'Osservatorio delle Dinamiche Economiche (O-De) dell'Istituto di ricerche Economiche (IRE).

La Svizzera italiana...

C’è una prima, evidente, imprecisione nel testo pubblicato dal sito italiano. Citiamo: «Le aziende che offrono un qualsiasi tipo di lavoro devono assumere prima di tutto i cittadini di nazionalità svizzera e, solo se non c’è nessuno in lista d’attesa, allora hanno il permesso di assumere degli stranieri. In altre parole, il datore di lavoro, per assumere ad esempio un italiano, deve dimostrare di non aver trovato nessun lavoratore svizzero disposto a svolgere quelle mansioni».

Moreno Baruffini puntualizza: «Come sappiamo, in Svizzera c’è la libera circolazione delle persone, poi, da quando è entrata in vigore l’iniziativa “Contro l'immigrazione di massa”, vige la preferenza indigena, ma solo in quei settori in cui il tasso di disoccupazione è superiore al 5%. Questa prima imprecisione, può spaventare l’italiano che legge, ma sembra messa apposta all’inizio dell’articolo per giustificare quello che viene dopo». L’economista aggiunge: «Si parla di “Svizzera italiana”, ma non si fa distinzione tra Ticino e Grigioni. Sembra un’analisi generale a livello svizzero, che non tiene conto delle differenze tra cantoni. Noi sappiamo bene che il Ticino è diverso dal resto della Svizzera». Secondo il ricercatore, l’articolo è «costruito con informazioni generali sulla Svizzera, con l’aggiunta di qualche termine che faccia pensare che si stia parlando solo della «Svizzera italiana».

«I posti vacanti non sono migliaia»

Moreno Baruffini sottolinea: «Edilizia, ristorazione e sanità sono sicuramente settori che cercano manodopera, però non nei termini descritti da Trend-Online. Addirittura, si legge che il cameriere è “una figura professionale che ormai sta diventando fantasma anche in Italia”. E ancora: “Il punto è che nel nostro Paese sfruttamento e lavoro a nero sono all’ordine del giorno. In Svizzera invece sono in tanti a completare gli studi fino al conseguimento della laurea, motivo per cui nessuno vuole fare il cameriere”. Sono frasi che non rendono giustizia né alla realtà italiana né a quella svizzera e ticinese.

Pensiamo ad esempio all’area del lago di Como o a Milano: in queste zone c’è una forte richiesta di camerieri. Allo stesso tempo, è vero, in Svizzera e in Ticino c’è un’alta percentuale di laureati, ma è altrettanto vero che esiste un’ampia fetta di popolazione che è tuttora impiegata nel ramo turistico, che è molto importante per il nostro Paese. Quindi è errato dire che gli svizzeri “non vogliono fare” i camerieri. E questo vale pure per gli operatori sociosanitari».

L’economista prosegue: «Si legge delle molte cliniche private e dunque del bisogno di tanti assistenti dato che i cittadini svizzeri non sono sufficienti: questo, semplicemente, è uno stereotipo. Tutto l’articolo sembra descrivere una realtà credibile, che però non analizza in modo realistico la specificità del Ticino. Ho guardato gli ultimi dati resi disponibili dalla SECO sui posti vacanti in Ticino: è corretto, i camerieri e gli operatori sanitari sono tra le figure più richieste, ma si parla di 322 posti vacanti per i servizi di ristorazione e di 57 posti vacanti nei servizi sanitari. Non bisogna dunque pensare che in Ticino vi siano migliaia di posti di lavoro che non si riesce a coprire e che serva costantemente la manodopera dall’Italia o da altri Paesi».

«La società è cambiata, le aspirazioni dei giovani pure»

Trend-Online inoltre non cita gli attuali circa 80 mila frontalieri, in gran parte impiegati in settori tutt’altro che fisicamente più faticosi. Il ricercatore dell’USI constata: «Si dice addirittura che le fabbriche hanno bisogno di operai, ma il numero dei frontalieri impiegati nel settore secondario è rimasto stabile. Le aziende hanno un numero costante di lavoratori da oltre confine e non cercano continuamente personale. L'aumento dei frontalieri, semmai, si registra nel settore terziario».

E aggiunge: «La difficoltà nel trovare determinate figure lavorative interessa tutto il mondo, perché la società è cambiata. I giovani hanno modificato le loro idee di lavoro e hanno altre aspirazioni: è difficile trovare camerieri in Ticino così come in Lombardia. Lo stesso vale per le ragazze e i ragazzi che intraprendono percorsi universitari: non è una peculiarità della Svizzera o del Ticino, è una tendenza globale. È sbagliato affermare che “non si vogliono fare lavori faticosi”, piuttosto bisogna constatare che la società odierna è fatta in un altro modo». L’economista conclude: «Articoli del genere creano false aspettative e aumentano la pressione sul mercato del lavoro ticinese. E questo non fa bene a nessuno».

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