Confine

Fuga di infermieri italiani in Svizzera: indennizzi per trattenere i lavoratori

La Lombardia approva all’unanimità una mozione che impegna la Giunta a collaborare con Roma per istituire indennizzi di confine: «Oggi 5 mila frontalieri della sanità, un esodo pericolosissimo»
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Michele Montanari
30.06.2023 11:45

L’Italia fa un passo avanti per cercare di contrastare la «fuga» di infermieri e personale sanitario in Svizzera. Il Consiglio regionale della Lombardia ha infatti approvato all’unanimità una mozione bipartisan, partita dal PD ma che ha visto le forze politiche unite, che impegna la Giunta regionale a collaborare con Roma per istituire indennizzi di confine nel settore sanitario. Una collaborazione che, si legge nel documento approvato, mira ad «aumentare il riparto del fondo nazionale sanitario destinato alle Regioni di confine, affinché siano previste maggiori indennità per il personale impiegato nelle aree di confine, logisticamente difficilmente raggiungibili e nelle quali vi sia carenza di personale».

Il leghista Emanuele Monti, presidente della IX Commissione consigliare Sostenibilità sociale, casa e famiglia, interpellato dal CdT commenta: «L'obiettivo di questa mozione è quello di chiedere a Roma maggiori risorse economiche per il comparto della sanità, anche dal punto di vista della detassazione e defiscalizzazione. Oggi la differenza salariale tra Italia e Svizzera ha un forte impatto su tutti mestieri, ma ci sono chiaramente dei lavori che sono strategici per il nostro Paese e, in particolare, per il nostro territorio di confine. Avendo una carenza di medici e infermieri causata da più ragioni - come ad esempio il taglio alla formazione per il contenimento della spesa pubblica italiana iniziato nel 2008 col Governo di Mario Monti -  si sono venute a creare diverse problematiche, come quella delle liste di attesa o della capacità di tenere attivi alcuni presidi ospedalieri di confine». Il consigliere regionale aggiunge: «Non mi riferisco solo agli ospedali, ma anche alle strutture sociosanitarie e socioassistenziali, come quelle per disabili o le RSA. Questa situazione non è più possibile per il futuro. È un po' il modello carta sconto benzina: abbiamo chiesto a Roma azioni sul territorio di confine. Inoltre è necessario trovare i fondi per evitare il brain drain, la cosiddetta fuga di cervelli, soprattutto nell'ambito della ricerca scientifica. Nel caso della Svizzera, è fondamentale che ci sia sempre una collaborazione tra Lombardia e Ticino, nonché tra Roma e Berna. C'è un confine in mezzo, ma quello insubre è un territorio omogeneo, quindi è necessaria una maggiore cooperazione in ambito sanitario, a beneficio di entrambi i Paesi». 

Il consigliere regionale del PD Samuele Astuti, citato da VerbanoNews, dichiara: «Finalmente la Regione Lombardia si muove a favore dell’indennità di confine per le professioni sanitarie. Finalmente si sta agendo per tutelare i professionisti sanitari, ma soprattutto i cittadini e il loro diritto alla salute». E prosegue: «Perdiamo centinaia di addetti all’anno a causa dei salari più competitivi oltre il confine. Ma se i nostri ospedali si svuotano, cosa rimane del servizio sanitario per i cittadini? Grazie al Partito democratico, oggi otteniamo un risultato che è stato fortemente richiesto dall’Ordine degli infermieri e dalle parti sociali. Questa mozione è una risposta alla richiesta di aiuto dei territori di confine, i quali vedono una continua fuga di professionalità che mina alla base il nostro sistema sanitario. Le proposte sono concrete: un’indennità di confine o di attrattività per medici, infermieri e tutte le professioni sanitarie; l’aumento del fondo nazionale sanitario destinato alle Regioni di confine, affinché siano previste maggiori indennità per il personale impiegato nelle aree di confine; il rinnovo contrattuale urgente per tutto il comparto sanitario e la dirigenza medica. Ora ci aspettiamo che le stesse forze politiche che siedono al Governo a Roma e in Consiglio regionale ascoltino queste istanze e le concretizzino per il bene delle nostre comunità».

La notizia è stata accolta con entusiasmo anche da Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up, che da mesi denuncia la situazione critica del personale sanitario italiano attirato dagli stipendi elvetici. De Palma commenta: «È stata definita una "mozione bipartisan", questo significa che, per una volta, ed è un caso raro e per questo apprezzabilissimo, la politica ha messo da parte i colori, le bandiere e le divergenze, badando alla concretezza dei contenuti e all’obiettivo finale, appoggiando in pieno la proposta». Il presidente di Nursing Up poi constata: «Sono 5 mila, ad oggi, i frontalieri che, nel settore sanitario, dalle province lombarde di confine, si recano ogni giorno in terra elvetica. Per la maggior parte si tratta di infermieri. Un esodo pericolosissimo per la già precaria stabilità del nostro sistema sanitario, con un picco ulteriore di 350 professionisti che nell’ultimo triennio hanno abbandonato i rispettivi ordini per essere impiegati nella sanità pubblica e in particolare quella privata di una Svizzera che offre stipendi base di 3 mila euro mensili, con picchi che possono anche superare i 5 mila euro. Ci siamo battuti per mesi, con le nostre denunce, mettendo al corrente le istituzioni, i media e la collettività della vera e propria "caccia all’infermiere italiano" che la Svizzera ha avviato da tempo, per rinforzare il proprio sistema sanitario con figure che rappresentano esperienza e competenza».

De Palma conclude auspicando che la mozione si traduca presto in fatti concreti: «La speranza è che sia solo l’inizio di una reale presa di coscienza, da parte della politica, regionale e nazionale, delle difficoltà che i nostri professionisti vivono ogni giorno».

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