Energia

Gas, forniture appese a un tubo

Il Ticino dipende dai flussi provenienti dall’Italia, la quale, di fronte a una grave penuria, potrebbe però decidere di chiudere i rubinetti - AIL chiede al Consiglio federale di siglare «un accordo di solidarietà» con Roma - Cattaneo: «Nessun allarmismo, ma dobbiamo ridurre i consumi»
Martina Salvini
09.08.2022 20:16

La fornitura di gas in Ticino è appesa a un tubo. Quello che, entrando da Genestrerio, collega il nostro cantone all’Italia. È da quel condotto, infatti, che passa tutto il gas necessario a coprire il nostro fabbisogno. Ma di fronte a una situazione di grave penuria, l’Italia potrebbe decidere di chiudere i rubinetti, lasciandoci a secco. «Ecco perché occorre firmare un accordo di solidarietà con Roma», spiega Carlo Cattaneo, capoarea commercio di AIL. Le Aziende industriali di Lugano - importatore unico di gas in Ticino - hanno quindi lanciato un appello alla politica, affinché trovi un’intesa con Roma che garantisca le forniture anche in caso di emergenza.

Gli scenari

«Ad oggi - dice Cattaneo - non ci sono avvisaglie che l’Italia possa bloccare del tutto il transito verso la Svizzera. La situazione in Italia è buona: il Paese si è mosso celermente per trovare alternative al gas russo, sottoscrivendo nuovi contratti di fornitura con Algeria, Azerbaigian e via GNL (gas naturale liquefatto), riuscendo così ad abbassare la quota di dipendenza dal gas russo dal 40 al 25%. Inoltre, l’Italia ha già stoccato circa il 70% di gas». Il problema, quindi, non è imminente. «Tuttavia, il nostro intento è rendere attento il Consiglio federale, in modo che faccia tutto il possibile per ottenere un accordo politico che ci metta al riparo da qualsiasi incognita». Sì, perché, in caso di emergenza, «il rischio che Roma chiuda le condotte non può essere escluso. E il Ticino, che dipende esclusivamente dal gas italiano, verrebbe tagliato completamente fuori». AIL, nei giorni scorsi, ha quindi scritto a Berna per chiedere un intervento delle autorità, informando anche il Consiglio di Stato ticinese e la Deputazione alle Camere. «I rappresentanti dell’Ufficio federale dell’energia e la consigliera federale Simonetta Sommaruga si sono già mossi, discutendo la questione con il ministro dell’energia italiano Roberto Cingolani. Allo stesso modo, sono in corso colloqui con Francia e Germania per siglare accordi che tutelino le forniture svizzere. Finora, però, non c’è nulla di concreto».

Il nostro intento è rendere attento il Consiglio federale, in modo che faccia tutto il possibile per ottenere un accordo politico che ci metta al riparo da qualsiasi incognita
Carlo Cattaneo, capoarea commercio di AIL

Insomma, siamo ancora nel campo delle trattative e delle rassicurazioni verbali. Ma non vi è nulla di scritto che vincoli gli altri Paesi a essere solidali. «Un accordo scritto, che tuteli i rifornimenti in Ticino, ma anche in Svizzera, non esiste. In caso di estrema emergenza, è possibile che le autorità italiane diano priorità alle necessità interne, bloccando i flussi e appellandosi a cause di forza maggiore. Potremmo rivalerci legalmente, sì, ma ormai il danno sarebbe fatto».

Uno stop completo, secondo Cattaneo, è poco probabile. «Ma l’ipotesi che si arrivi a una riduzione dei flussi è invece possibile. Tanto che a breve lanceremo una campagna per sensibilizzare la popolazione sulla riduzione dei consumi. Non solo. Sempre a titolo preventivo, chiederemo ai clienti industriali bivalenti - che utilizzano quindi gas e gasolio - di utilizzare solo la nafta». Non dovesse bastare, «in caso di penuria passeremmo a un regime di contingentamento dei clienti ‘‘non protetti’’ (prevalentemente le aziende, ndr) a cui si chiederà di ridurre il consumo in funzione della situazione». Difficile, per contro, che si arrivi a razionare il consumo di gas per le famiglie, «che per definizione rientrano nella fascia protetta».

Non ci sono alternative

Il Ticino, dicevamo, è un unicum. Se nel resto del Paese i punti di alimentazione con Francia, Germania e Austria sono molteplici, la nostra rete di gas è collegata e alimentata solo dall’Italia. «Una situazione che ha anche alcuni vantaggi», dice Cattaneo. «La situazione italiana, al momento, è meno critica di quella tedesca, più dipendente dal gas russo e più in difficoltà nel trovare alternative per l’approvvigionamento». D’altro canto, però, è la nostra unica opzione. Non abbiamo infatti alternative. «Sono state vagliate altre possibilità per far arrivare il gas attraverso condotte che passassero dalla Svizzera interna. Ma sarebbe un investimento miliardario, che in un contesto di transizione energetica non si giustificherebbe». Un’alternativa potrebbe essere quella di intensificare la fornitura tramite treni e camion. «Ma sarebbe una misura complementare. Non in grado, quindi, di coprire l’intero fabbisogno cantonale». E stoccare il prodotto direttamente in Ticino? «Sarebbe molto difficile: all’estero questi stoccaggi vengono fatti in vecchi giacimenti che in Svizzera non abbiamo. E in ogni caso ottenere i permessi necessari è complicato. Non a caso, neppure nel resto della Svizzera abbiamo impianti di stoccaggio».

Sommando le quantità stoccate con quelle opzionate, arriviamo a coprire il 40% del fabbisogno invernale. Una quota che permette di garantire il grado di fornitura proveniente dalla Russia

Coperto il 40% del fabbisogno

Nel frattempo, per far fronte al periodo invernale e a una potenziale penuria energetica, AIL è corsa ai ripari, «mettendo al sicuro» il 40% del fabbisogno. «Rispettando quanto raccomandava l’Ordinanza del Consiglio federale, in luglio abbiamo stoccato il 15% del consumo medio annuo. Una parte di gas che, quindi, è già presente fisicamente in Italia». Berna, inoltre, obbligava a sottoscrivere contratti di opzione che ci consentissero di esercitare un diritto di acquisto di gas russo sul mercato di riferimento, ossia quello italiano. «Sommando le quantità stoccate con quelle opzionate, arriviamo a coprire il 40% del fabbisogno invernale. Una quota che permette di garantire il grado di fornitura proveniente dalla Russia». Detto altrimenti: «Se dovesse mancare il 40% di gas russo, avremmo un’alternativa».

Prezzi folli

Se continuiamo a utilizzare l’energia in maniera spropositata, senza ridurre i consumi, ci troveremo a dover comprare l’energia a prezzi più alti. Di riflesso, la bolletta sarà più cara

Buone notizie, quindi. Anche se i prezzi continuano a rimanere elevati. Anzi, «folli», come sottolinea Cattaneo. «Per il gas, siamo passati dai 20 euro al megawattora del marzo del 2021 ai 200 euro odierni. Dieci volte tanto. Per quanto riguarda l’elettricità, invece, da 50 euro al megawattora siamo arrivati a 580». E il rincaro, inevitabilmente, peserà sui consumatori. «Se continuiamo a utilizzare l’energia in maniera spropositata, senza ridurre i consumi, ci troveremo a dover comprare l’energia a prezzi più alti. Di riflesso, la bolletta sarà più cara». Un aumento dei costi, dice Cattaneo, «ci sarà». Ma sulla percentuale del rincaro, il vicedirettore di AIL non vuole ancora sbilanciarsi. «Se le condizioni del mercato dovessero perdurare, è inevitabile che ci saranno ripercussioni, anche molto pesanti, sulla clientela».