Luganese

Gastronomia, caffè e volontariato: come sopravvivono i negozietti di paese

Le storie e le esperienze di quattro botteghe a Sessa, Lamone, Sala Capriasca e Bidogno - Una ha chiuso e le altre cercano nuove strade per mantenere i clienti nonostante le difficoltà del settore
Giuliano Gasperi
Nicole CaolaeGiuliano Gasperi
23.04.2019 06:00

LUGANO - Ormai non è più una notizia. Sono anni che le botteghe di paese o di quartiere soffrono la concorrenza dei sempre più numerosi supermercati, ipermercati e centri commerciali. Tanti piccoli negozianti hanno dovuto abbassare le serrande, mentre altri si fanno in quattro per tenere alzate, con fortune alterne. Il tema comunque, tra la nostalgia per i tempi andati e la volontà più o meno forte di non perdere per strada questo frammento della nostra storia, tiene sempre banco. È di questi giorni la notizia che a Breggia verrà lanciata una campagna per la sottoscrizione di quote sociali a favore dei due commerci di Muggio e Caneggio, mentre qualche settimana fa l’Ente regionale per lo sviluppo del Luganese ha avviato un progetto per mantenere vivi i negozi di paese. Di certo, per lanciarsi oggi in questa attività servono buone dosi di coraggio e ingegno. Ci mettiamo nei panni di chi sta dietro il bancone raccontando le storie di quattro negozietti della regione e proponendo qualche «consiglio di sopravvivenza» che arriva dall’Università della Svizzera Italiana.

In molti come detto hanno chiuso e il nostro viaggio inizia proprio da qui, da un’insegna che non c’è più. Siamo a Sessa, dove fino a tre anni fa Sergio Delmenico affettava carni rosse e bianche nella sua macelleria. «Non vale più la pena gestire un’attività commerciale di questo tipo nel 2019 – esordisce categorico – Ho tenuto aperto il mio negozio per ben 36 anni: un bel percorso, pieno di soddisfazioni. Di generazione in generazione, però, ho assistito al declino». Dal 1980 al 2016 la vita è cambiata. Così come è cambiato anche il modo di fare la spesa. Negli anni ’80, ci racconta Delmenico, in generale le donne andavano in settimana, perché non lavoravano. Il venerdì o il sabato, invece, toccava all’uomo comprare la carne per il pranzo della domenica: la donna, sola, doveva prestare attenzione al macellaio, che, si diceva, «ti imbroglia». La realtà odierna è ben diversa: mogli e mariti lavorano e la tendenza è quella di comprare tutto al supermercato, dalla bistecca allo shampoo, risparmiando tempo e, spesso, soldi. «Nei grossi punti vendita ormai si trova di tutto, non è più necessario andare dal macellaio per comprare la carne – continua Delmenico – Oltretutto, con una varietà infinita di prodotti. Come privato non si possono garantire tutti gli articoli richiesti dal cliente, è insostenibile». A gravare sulle spese dei gerenti sono anche i severi controlli d’igiene: prima che un prodotto inizi davvero a fruttare, bisogna coprirne le spese di analisi e il controllo della scadenza. Senza dimenticare le periodiche ispezioni a sorpresa. Aggiungendovi i costi dell’affitto e dell’eventuale personale, la bottega alimentare oggi, per molti, risulta anacronistica. «Bella per i turisti – conclude Delmenico – ma alla chiusura dei conti sei in negativo».

La macelleria di Sergio Delmenico a Sessa ha chiuso
La macelleria di Sergio Delmenico a Sessa ha chiuso

Un tocco in più

L’impressione è che per sopravvivere serva qualcosa di più: un’idea, una particolarità, anche qualcosa di piccolo, ma che distingua quella bottega da tutte le altre. Lasciamo il Malcantone e scendiamo a Lamone, dove incontriamo Umberto Pedaci dello Spaccio alimentare. Ha preso in gestione il negozietto pochi mesi fa insieme alla moglie e i due hanno provato, appunto, a introdurre qualche nuovo ingrediente. «Rispetto alla vecchia gestione abbiamo inserito la gastronomia fresca – spiega Umberto indicandoci il banco pieno di pietanze. – Cuciniamo sia piatti da consumare qui, ad esempio per i lavoratori che vengono a mangiare un panino al volo nella pausa pranzo, sia da portar via. Su prenotazione prepariamo qualsiasi tipo di cibo: collaboriamo per esempio con una palestra alla quale forniamo diversi menu, dalla colazione alla cena». L’introduzione del catering, secondo Pedaci, dà alla bottega un tocco di eleganza e modernità, pensando al successo di programmi televisivi come Masterchef, degli aperitivi finger food e dei food blogger. Ci allontaniamo dal bancone e facciamo due passi fra gli scaffali. «Non c’è bottega così bella in tutta Lugano – dice sorridendo Terri – è stata rinnovata pochi anni fa e la struttura è molto moderna». Buttiamo un occhio sui prodotti e notiamo che il prezzo, come quasi in tutti negozietti, è più alto rispetto a quello nei supermercati. «La vendita per ora risponde bene – continua Terri – siamo qui da poco, ma la gente ha già reagito bene. Vorrei vederne ancora di più: conto sul passaparola, il miglior modo per conquistare la fiducia di nuovi clienti».

Umberto Pedaci dello Spaccio di Lamone (Foto Reguzzi)
Umberto Pedaci dello Spaccio di Lamone (Foto Reguzzi)

Un fornitore speciale
In certi casi la particolarità non è nei prodotti o nel servizio, ma nella «organizzazione aziendale». Lo scopriamo salendo a Sala Capriasca, dove ad attenderci c’è il gerente del Negozietto Mauro Bocchi. Gerente nonché capo struttura dell’Azienda agricola protetta della Fondazione La Fonte a Vaglio, a cui è legato anche il Negozietto per quanto riguarda la fornitura dei prodotti. Visto il bel tempo, prendiamo posto al tavolino davanti alla botte e tra una domanda e l’altra notiamo un bel movimento. «Qui sono tutti molto carini e gentili – dice una cliente – Il Marco è perfetto».

Marco Cesconi lavora lì tutti i giorni, come s’intuisce anche dal modo famigliare con cui si approccia ai clienti. «Questa bottega funge quasi da piazza: è un luogo di incontro in cui fare la spesa e bere un caffè. S’instaura un bel rapporto con le persone, ed è già capitato che alcune signore mi chiedessero espressamente di essere salutate per nome, anziché con il solito, impersonale, “buongiorno signora”». Una vicinanza che si specchia nella vendita: i prodotti sono locali, biologici. C’è il vino biodinamico, la birra, la farina e la polenta ticinesi. Anche per i vegani e i vegetariani sono stati introdotti nuovi alimenti, tra i quali il seitan. «Marmellate, sottaceti e molto altro ancora provengono dalla fattoria di Vaglio, il pane dalle panetterie locali – spiega Bocchi – Non è un semplice negozio che si accontenta di sopravvivere: puntiamo alla qualità». Anche nel servizio: oltre alle ordinazioni per telefono, in caso di necessità viene consegnata la merce a domicilio. Un’altra tradizione mantenuta dalla gestione precedente è quella del libretto: se al momento di pagare non si ha abbastanza soldi con sé, si scrive l’importo dovuto e lo si può pagare in un altro momento.

Ce la si mette tutta, insomma, ma alcune difficoltà ci sono: «Per il privato è una sfida. L’impegno è per due, il guadagno per uno – afferma Bocchi – Non si fanno cifre da capogiro. È chiaro che la responsabilità non è solo del privato: ma viene da chiedersi se aiutare esercizi come i nostri sia davvero nell’interesse del Comune».

Marco Cesconi, venditore del Negozietto di Sala Capriasca (Foto Zocchetti)
Marco Cesconi, venditore del Negozietto di Sala Capriasca (Foto Zocchetti)

Se il tempo si ferma
L’ultima tappa del nostro piccolo viaggio dista solo cinque chilometri. È l’Alimentari Zucro e Tartifoi di Bidogno, che ha trovato spazio nel locale che ospitava l’ufficio postale e vende un po’ di tutto, dal formaggio al vino. Nemmeno questa è la classica bottega di paese. «Siamo un’associazione no profit e per noi l’importante è non avere spese alla fine dell’anno» racconta la gerente Rossella Pantieri. «Dopo la chiusura della Posta è nata l’idea d’integrare ai servizi di spedizione e ricezione dei pacchi la vendita di alimenti e le persone del paese hanno unito le forze dando il loro contributo in qualità di soci». Dieci anni dopo funziona tutto molto bene.

«Lavoriamo in tre, come volontarie – continua Pantieri – Lo facciamo per la comunità, siamo uniti e ci vogliamo bene: la bottega è un punto d’incontro fondamentale per gli abitanti di Bidogno». La clientela apprezza i prodotti locali in vendita – con prezzi bassi, alla pari di quelli dei supermercati – ed è costituita da persone di tutte le età: dai ragazzini che passano dopo la scuola a prendere un gelato alla nonna che compra l’affettato. Un’immagine d’altri tempi. A proposito, prima di lasciare la bottega una parete piena di fotografie cattura la nostra attenzione. «Le ha fatte la ex gerente, era il suo hobby. Ha immortalato diversi angoli di Bidogno: ora stampiamo le foto e le vendiamo come cartoline».

Rossella Pantieri, dell’Alimentari Zucro e Tartifoi di Bidogno (Foto Zocchetti)
Rossella Pantieri, dell’Alimentari Zucro e Tartifoi di Bidogno (Foto Zocchetti)