Gay Pride, “Lugano impone la dittatura rosa”

Durissima presa di posizione di Helvetia Christiana dopo la mancata autorizzazione del Municipio al rosario pubblico "per la difesa dei valori cristiani"
Red. Online
09.05.2018 08:57

LUGANO - A Helvetia Christiana non è proprio andata giù la mancata autorizzazione, da parte del Municipio di Lugano, a pregare un rosario pubblico, previsto per il 26 maggio, "per la difesa dei valori cristiani e come atto di riparazione per il Gay Pride che avrà luogo il 2 giugno 2018 in centro città". L'associazione, in una nota odierna dal titolo eloquente ("La lobby LGBT reclama la dittatura rosa e il Municipio la impone"), spiega che: "L'autorizzazione è stata negata dalle autorità il 19 aprile 2018, ma questo rifiuto è stato comunicato soltanto lo scorso 2 maggio. Vietando un atto pacifico di natura religiosa, il Municipio ha chiaramente violato la prassi abituale e democratica della Svizzera". Secondo Helvetia Christiana "è scandaloso che dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione elvetica nonché dalla Costituzione ticinese, ossia la libertà d'espressione e la libertà di manifestazione, non siano stati riconosciuti ad un'associazione svizzera in regola con le autorità della Confederazione".

Questa, si legge nel comunicato, "è una doppia discriminazione, perché questi diritti sono garantiti a tutte le associazioni e i gruppi, e specialmente quelli che promuovono l'agenda LGBT, ma sono negati a un'associazione di ispirazione cattolica. Infine, le autorità dimostrano con il loro atteggiamento di piegarsi alle intimidazioni dei promotori del Gay Pride e di altri circoli anticristiani". Helvetia Christiana chiede perciò al Municipio di Lugano di "ritornare immediatamente sui suoi passi e invita tutti i cittadini svizzeri di attivarsi per la difesa dei principi cristiani e dei diritti costituzionali, in particolare la più sacra delle libertà: quella di praticare la nostra religione". L'associazione spiega poi che: "Gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati e contrari alla legge naturale, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica (2357). Promuoverli costituisce una grave offesa nei confronti del Creatore ed esige, per questa ragione, un atto pubblico di protesta e riparazione. La dissolutezza e l'esibizione sessuale che accompagna sistematicamente il Gay Pride, imposto alla vista di tutti, specialmente ai bambini, sono fattori aggravanti che dovrebbero indurre le autorità pubbliche a vietare questa parata della vergogna". Helvetia Christiana, conclude la nota, "non fa altro che ripetere la dottrina della Chiesa Cattolica sulla castità, cioè la raggiunta integrazione della sessualità nella persona, che è valida per tutti, sia che essa sia sposata o celibe, anche per le persone che sperimentano l'attrazione omosessuale".

L'associazione fa sapere che deciderà entro lunedì 14 maggio se lanciare o meno il ricorso.