Giorgio Grandini: «Corro per Berna con la Lega, ma da libero e indipendente»

Da mesi la sua firma la si può leggere ogni domenica sul Mattino della Lega, colonne dalle quali cura la rubrica «Tribuna del politicamente scorretto», ora ha deciso che sarà in corsa per il Consiglio nazionale sulla lista leghista, ma tiene a precisare che resterà «indipendente». Lui è Giorgio Grandini, storica figura del PLR luganese.
Cosa o chi l’ha convinta a fare un passo verso la lista della Lega?
«A scanso di equivoci devo dire che il mio obiettivo non è mai stato quello di essere leghista o di figurare su una loro lista, io non ho cercato niente e nessuno elettoralmente parlando. Ho per contro ricevuto “asilo politico” dal Mattino quando nessuno voleva ospitare le mie idee controcorrente. Poi la realtà è che mi hanno cercato, sollecitato a più riprese e, alla fine, mi hanno convinto. Ma hanno anche accettato la mia condizione sine qua non: resto indipendente».
Sta dicendo che i leghisti hanno messo in atto un lungo corteggiamento?
«Ne abbiamo parlato a lungo nelle scorse settimane, poi a convincermi definitivamente è stata Sabrina Aldi».
Lei è sufficientemente esperto e navigato per sapere che alla Lega spesso piace provocare. Non si sente lo strumento di questa operazione?
«Certamente mi sono posto la questione di una potenziale trappola elettorale. Ho riflettuto a lungo e ne ho parlato anche con diversi liberali radicali, taluni che plaudono ai miei scritti settimanali, altri che li criticano. Direi quindi che la provocazione (ma senza polemica, tantomeno astio) è tutta mia ed è rivolta a quegli elettori PLR che non guardano più con fiducia a quello che è stato il mio partito, ma che, nei suoi valori tradizionali, rimane la mia casa ideale. La casa di un vero liberale aperto al confronto dialettico. Purtroppo oggi le cose non stanno più così».


Con la sua scelta andrà ad incrementare la schiera dei «voltamarsina»?
«A costo di essere considerato tale non me la sento di rinnegare me stesso e abbandonare la mia coerenza. Resto coerente fino in fondo e ci sono per dare una mano a chi si sente di manifestare con il suo voto di resistenza uno stato d’animo di disagio».
Ma alla fine il suo obiettivo immagino sia andare a Berna.
«Se alla fine dovesse arrivare l’elezione, sarò ovviamente ben contento. Ma in primo luogo voglio fare ragionare e dibattere chi si ritiene liberale radicale dentro di sé. È quanto farò durante la campagna, senza comizi o azioni eclatanti, ma con la forza delle idee liberali, oggi purtroppo snaturate dal partito».
E su cosa intende puntare?
«Intendo battermi affinché la nostra stupenda Svizzera rimanga indipendente. I pilastri della Svizzera e i miei sono tre: democrazia diretta; delega dei poteri verso il basso e neutralità».


Per trasparenza e onestà non si può omettere il fatto che lei sia interessato da una vicenda penale. Che ruolo ha avuto nelle sue scelte politiche degli ultimi anni?
«Sono perfettamente cosciente della procedura penale della quale, è bene sottolinearlo, sono stato la vittima. La vittima di una truffa perpetrata da un cliente del mio studio. Non ho danneggiato nessuno, né tantomeno mi sono arricchito. Le questioni giudiziarie non hanno comunque relazione alcuna con la scelta di rimettermi in gioco politicamente».
Perché un bel giorno lei, storica figura luganese, si è distanziato e dissociato dal PLR?
«Perché un bel giorno (come dice lei) il mio PLR si è venduto per un piatto di lenticchie (per mero calcolo elettorale), per giunta indigeste visto l’esito alle urne. Era il 2019 e di fretta e furia PLR e l’allora PPD decisero di congiungere le liste senza alcun confronto interno. Non ho mai gradito questi metodi poco liberali, ed ero pure contrario alla primissima aggregazione tra Viganello (di cui ero presidente sezionale) e Lugano, di cui sono poi diventato presidente della sezione cittadina. Per contro mi sono sempre reputato liberale laico e illuminista nel confronto delle idee. È il PLR che è cambiato, non io. Seguo l’insegnamento di Carlo Speziali: non avere mai paura del tuo coraggio».