L'intervista

«Giustizia, inevitabile aprire le nomine ad altri partiti e indipendenti»

La sottocommissione del Gran Consiglio prosegue i lavori per implementare i cambiamenti auspicati nella risoluzione sulle «riforme in favore della giustizia ticinese» – Facciamo il punto con la coordinatrice Sabrina Gendotti
©Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
07.07.2025 06:00

L’estate scorsa la sottocommissione giustizia del Gran Consiglio aveva allestito la «famosa» risoluzione concernente le «riforme in favore della giustizia ticinese» (poi approvata dal Gran Consiglio). Quest’estate, invece, sta continuando a lavorare per implementare i cambiamenti auspicati. Facciamo il punto della situazione con la coordinatrice Sabrina Gendotti (Centro).

Partiamo dal primo punto proposto nella risoluzione, il codice etico per la Magistratura.
«La base legale è stata approvata a maggio di quest’anno dal Gran Consiglio. È pure già stata allestita la bozza del codice da parte del Consiglio della Magistratura (CdM), che si trova ora in consultazione tra i magistrati. A metà luglio scadrà il termine e a settembre verranno a presentarci il documento in commissione».

Il secondo tema, poi, riguarda l’autonomia finanziaria della Giustizia. Come procede?
«Abbiamo avuto in audizione il presidente del Tribunale d’appello (TA), Giovan Maria Tattarletti. Il presidente e il segretario generale del TA si sono dichiarati disponibili per aiutarci nell’allestire un’iniziativa parlamentare sul tema. Recentemente abbiamo quindi scritto al TA per attivare ufficialmente questa collaborazione. Ci sono diversi Cantoni in cui l’autonomia della giustizia è già realtà da anni. Si tratterà quindi di esaminare quanto già fatto dagli altri e di prenderne spunto per introdurla in Ticino. L’implementazione pratica di questa riforma non sarà però rapida. Richiederà probabilmente dai tre ai cinque anni».

C’è poi il grande capitolo del Ministero pubblico.
«Sì, esatto. Su questo fronte per la sottocommissione mi occuperò in queste settimane di allestire un controprogetto all’iniziativa dell’ex deputato Giorgio Galusero (PLR), risalente al 2020, che chiedeva la reintroduzione della figura del sostituto procuratore pubblico. L’idea attuale è che i sostituti si occupino del diritto penale minore, ossia di tutta l’attività dei decreti d’accusa, fino a sei mesi di detenzione e 180 aliquote giornaliere. Ciò comporterà, parallelamente, l’allineamento delle competenze sanzionatorie della Pretura penale che oggi può infliggere una pena detentiva solo fino a tre mesi o 90 aliquote. Inoltre, al di là dei decreti d’accusa, l’idea è di delegare ai sostituti procuratori (con l’autorizzazione del PG o dei suoi sostituti) anche i cosiddetti casi non complessi: pensiamo all’arresto per spaccio di sostanze stupefacenti che prevede una pena importante, eccedente quella di competenza della Pretura penale, ma l’istruttoria è abbastanza semplice da portare avanti. Escluderemmo però da questa casistica – oltre a omicidi, assassini, reati contro l’integrità sessuale – anche i reati di natura colposa più delicati, come gli errori medici e le morti sui cantieri».

Nella risoluzione si parlava poi della creazione di una vera e propria «direzione» per il Ministero pubblico. Qualcosa si muove?
«Sì. Intendiamo creare una vera direzione collegiale composta dal procuratore generale e dai suoi sostituti, tutta eletta dal Gran Consiglio. Attualmente è il procuratore generale che sceglie i suoi sostituti. Noi vorremmo che siano eletti dal Parlamento, dando così maggior credibilità a queste figure e alla direzione in quanto tale. Una direzione che avrebbe anche i necessari ‘poteri’ d’intervento nei confronti dell’operato dei procuratori pubblici. Chiaramente il potere disciplinare rimane di esclusiva competenza del CdM. La direzione interna continuerebbe ad avere compiti di natura organizzativa, ma maggiormente chiari e incisivi nel pretendere dai PP, ad esempio, un regolare rendiconto sull’avanzamento dei procedimenti penali, rispettivamente nel sollecitarne la chiusura. Attualmente ciò risulta difficile per il PG».

Lavoreremo in queste settimane al controprogetto per la reintroduzione della figura dei sostituti procuratori

Veniamo alla Magistratura dei minorenni. Anche qui, è stato comunicato nelle scorse settimane, qualcosa si muove.
«Sì, esatto. La collega Roberta Soldati ha allestito il testo di un’iniziativa parlamentare elaborata che la Commissione presenterà al Gran Consiglio in autunno per chiedere l’introduzione di una delega generale ai segretari giudiziari. Al momento sono solo la magistrata e la sua sostituta che, nel corso di tutto l’anno, si alternano con i turni di picchetto. Ciò è evidentemente molto gravoso. Si vuole dunque introdurre questa possibilità di delega per permettere ai segretari giudiziari di svolgere determinate mansioni in modo autonomo, come i turni di picchetto, e per emanare misure protettive».

E sul fronte della Pretura penale, è arrivato il potenziamento annunciato dal Governo?
«No, non ancora. Il Governo ci aveva promesso l’emanazione del messaggio sul potenziamento entro la fine del primo trimestre di quest’anno, cosa che non è avvenuta. Nel frattempo, abbiamo ricevuto una risoluzione che prevede solo l’aumento temporaneo di un giudice al 50% nell’ambito del progetto nazionale Justitia 4.0 concernente la digitalizzazione della giustizia. Abbiamo quindi appena inviato una lettera al Governo indicando che questo potenziamento temporaneo non evade la richiesta di un giudice, un vice cancelliere e un segretario in più richiesto anni fa e ora urgente per la Pretura penale».

E per le giudicature di pace?
«Il Consiglio di Stato ci ha informato di aver costituito un gruppo di lavoro che si è riunito alcune volte. Ma da quanto sappiamo a un certo punto i lavori si sono interrotti. Da una parte i giudici di pace vogliono mantenere la figura del giudice di pace ‘‘laico’’, dall’altra i magistrati vorrebbero giudici che siano perlomeno giuristi. Ora è nostra intenzione sollecitare la Divisione per capire come poter sbloccare la situazione».

C’è poi l’annoso tema delle nomine politiche. Si riuscirà prima o poi a trovare la quadra?
«È un tema prevalentemente politico che abbiamo iniziato a trattare in Commissione. La sottocommissione è stata incaricata, durante l’estate, di affrontare il tema e arrivare a settembre con delle proposte di modifica della procedura di nomina, la quale rimarrà comunque di competenza del Gran Consiglio, perché al momento attuale non c’è un consenso trasversale nel voler, ad esempio, delegare la nomina dei procuratori pubblici alla direzione del Ministero pubblico. L’idea è comunque di migliorare la procedura attuale. Abbiamo sentito in audizione la nuova commissione di esperti indipendenti, la quale ci ha assicurato che le audizioni, rispetto al passato, non saranno più incentrate solo sulle competenze tecniche, ma che considereranno anche le cosiddette «soft skills», come saper gestire lo stress, avere un’attitudine a lavorare in team, saper comunicare, eccetera. Questo nostro auspicio, per una valutazione a 360 gradi dei candidati, è condiviso dalla commissione e questo è di buon auspicio per le prossime nomine che dovremo affrontare. Valuteremo, inoltre, la possibilità di sottoporre i candidati a un vero e proprio assessment esterno, perlomeno per alcune funzioni che hanno anche un ruolo organizzativo e manageriale. Gli assessment, va però detto, hanno un costo attorno ai 5.000 franchi. Considerata anche la situazione finanziaria del Cantone, è uno strumento che, se introdotto, andrà usato con parsimonia e solo laddove necessario».

E il cosiddetto manuale Cencelli, che regola la ripartizione politica delle cariche?
«Credo sia inevitabile estenderlo anche ai partiti “minori” che fanno gruppo (ndr. oggi essenzialmente a UDC e Verdi) e agli indipendenti. Oggi la ripartizione avviene solo tra partiti di Governo, ma non è giusto escludere gli altri o chi si dichiara indipendente».

Su questo fronte c’è consenso?
«Sì, se ne parla ormai da tempo. E credo sia inevitabile andare in questa direzione. Nelle prossime riunioni cercheremo di affrontare anche questo tema».

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