Sessa

Gli spari sulla casa restano, le indagini proseguono

La Federazione dei cacciatori ticinesi, e i cacciatori, non dimenticano e ritornano sull’accaduto - Per Fabio Regazzi e Stefano Fraschina: «Se a sparare in Malcantone è stato un cacciatore, questo screditerebbe l’attività venatoria ticinese»
© CdT/Archivio
Marco Ortelli
07.01.2021 06:00

«Spari ad altezza del cuore», così aveva definito i colpi partiti da ignoti sparatori la donna che la domenica precedente il Natale aveva dapprima postato un video su Facebook e quindi denunciato l’accaduto alle autorità competenti. Il tam tam social e quindi mediatico non si era fatto attendere e subito, come proiettili erano esplose le parole e le prese di posizione incrociate.

Se, come da nostre informazioni, le indagini in corso non hanno ancora permesso di risalire al fucile e al o ai responsabili dei colpi che hanno concluso il loro tragitto sul muro di una casa di Sessa, le discussioni non si sono placate. Abbiamo interpellato Fabio Regazzi, presidente della Federazione dei cacciatori ticinesi (FCTI) e Stefano Fraschina, cacciatore, consigliere comunale per la Lega dei Ticinesi Blenio, per tastare il polso dei cacciatori.

Indagini? Forse. Sicurezza? Sì

Fabio Regazzi puntualizza che forse non si risalirà mai all’autore del gesto. «Gli inquirenti starebbero valutando se le molte energie dispiegate finora nell’indagine possano effettivamente portare al fermo del responsabile». Si attende pertanto la decisione dell’Autorità. Sul fatto di Sessa, il presidente è chiaro: «Parliamo di ipotesi, non abbiamo riscontri probatori tali, da poter costruire una tesi su quanto successo». I colpi ovviamente sono stati esplosi, «e se fossero partiti da cacciatori, ciò sarebbe molto grave perché vorrebbe dire che sarebbero state disattese le più elementari norme di sicurezza anche se - precisa Regazzi - la questione delle distanze dalle strade e dai sentieri evocata da qualcuno è un falso problema». Sicurezza che per la FCTI è importante a tal punto che «all’inizio della stagione venatoria, in collaborazione con l’Ufficio caccia e pesca cantonale abbiamo realizzato un opuscolo che illustra in modo chiaro come manipolare le armi e le condizioni per poter effettuare un tiro in sicurezza».

«Un atto scriteriato»

Perché riparlarne? Per Stefano Fraschina è importante ribadire quanto successo. Memori dei tragici eventi di caccia avvenuti nel 2019, «ritengo che questi fatti di cronaca danneggino pesantemente l'immagine dell'intera famiglia dei cacciatori ticinesi, e questo non è accettabile». «Certo - prosegue Fraschina – non tutti ci vedono di buon occhio, ma non dimenticare ci consente di distanziarci da tutti coloro che sparano senza cognizione».

La caccia, questa controversa

L’uccisione di animali fa discutere. Accese sono le controversie tra favorevoli e contrari alla caccia. Cosa muove una persona a imbracciare un fucile, andare alla ricerca di un animale e sparare? Fabio Regazzi ci racconta com’è scoccata la scintilla per la caccia. «Penso che il gene della caccia sia costitutivo della mia famiglia. Il vero clic è però scattato a 21 anni, quando per la prima volta ho seguito mio padre e due suoi amici in una battuta di caccia in Valle Verzasca. Ricordo che mi avevano consegnato un camoscio da riportare in solitudine a valle. È stato durante quel tragitto solitario che ho deciso che sarei diventato cacciatore. Da quel momento è nata in me questa grande passione che mi accompagna ancora all’alba dei 60 anni».

Una formazione rigorosa

L’attività venatoria, oltre a svolgere una funzione equilibratrice della fauna presente sul territorio e sottostare a una legge che impedisce ad esempio di avvicinarsi a meno di 50 metri di distanza dalle zone sensibili, richiede una formazione rigorosa. «A partire dai 16 anni – commenta Stefano Fraschina - è necessario seguire un'accurata formazione organizzata dalla FCTI in collaborazione con le Autorità cantonali, che funge da preparazione alle tre sessioni di esami (scritti, orali e prove di tiro)». «Da sottolineare poi che nella formazione si presta particolare attenzione, sia al riconoscimento dettagliato delle varie specie animali presenti sul territorio, cacciabili e protette, sia alla corretta manipolazione delle armi, sottolineando i concetti di sicurezza verso sé e il prossimo».

Le indagini sono in corso e forse proseguiranno. L’autore del gesto risulta ancora ‘imboscato’. L’atto «irresponsabile» sembra però avere prodotto anche un effetto positivo: unire nello stesso coro di «indignazione», chi a caccia ci va seguendo le rigorose norme di sicurezza con chi invece non farebbe male neanche a una mosca.