Ha fatto il ladro per mestiere o è l’unica cosa che sa fare?

Una banda che ha fatto del furto il proprio mestiere, perlustrando per mesi il nostro territorio alla ricerca delle case in cui colpire, o due ragazzini «vittime»del contesto socioculturale in cui sono cresciuti e che hanno agito in una maniera che fa parte del modo di vivere della loro comunità?
Per la Corte delle Assise criminali di Mendrisio presieduta da Monica Sartori-Lombardi non c’è dubbio: «Il contesto di crescita non può assolutamente giustificare l’attività delinquenziale», ha sentenziato la giudice prima di condannare l’imputato a una pena di 22 mesi interamente da espiare.
Ma andiamo con ordine. Alla sbarra oggi c’era un 18.enne di nazionalità francese (o almeno questo è quanto ricostruito, perché il ragazzo non ha mai avuto documenti ed è noto con più alias e date di nascita). Il giovane era accusato di aver messo a segno almeno 14 furti (tra tentati e riusciti) in svariate località del cantone (da Mendrisio a Camorino, da Morbio Inferiore a Locarno), per una refurtiva di circa 220.000 franchi e danni alle abitazioni stimati in circa 55.000 franchi. Di ripetuto furto aggravato (in parte tentato), ripetuto danneggiamento, ripetuta violazione di domicilio (in parte tentata), ripetuta entrata illegale e ripetuta guida senza autorizzazione i reati di cui era accusato. «Come sceglievate le case?», ha chiesto la giudice durante l’interrogatorio. «Guardavamo se c’era l’auto, se le luci erano spente e provavamo a suonare il campanello», ha spiegato il 18.enne, sostenendo che non c’era mai un vero piano. Per intrufolarsi nelle case? Null’altro che guanti e un cacciavite.
«Puro scopo di lucro»
Per la procuratrice pubblica Veronica Lipari, titolare dell’inchiesta, i due hanno agito in banda e per mestiere (la donna andrà alla sbarra nel Canton Ginevra). Lo ha evidenziato non prima di ricordare le difficoltà incontrate a causa dell’assenza dei documenti dell’imputato. «Ha raccontato diverse versioni sulla sua identità: sulla sua data di nascita, sul nome, sul Paese di provenienza. Inoltre inizialmente ha affermato di essere minorenne facendo aprire il procedimento alla Magistratura dei minorenni; solo una perizia ha permesso di stabilire che era maggiorenne». Per la procuratrice pubblica il 18.enne tra l’agosto e il dicembre del 2024 ha agito così per puro scopo di lucro: «Non si è fatto problemi a entrare inSvizzera solo per rubare e con un’auto a nolo benché senza patente. Ha agito per puro scopo di lucro sulla pelle di altre persone, perché probabilmente non ha un altro modus vivendi, la sua colpa è grave», ha concluso prima di chiedere una condanna a 2 anni e 10 mesi interamente da espiare più un periodo di espulsione di 8 anni.
Furti e scelte
A mente della difesa quella pena andava però «drasticamente ridotta», ha subito premesso l’avvocato Marco Morelli. Legale che ha contestato sia l’aggravante della banda - «non erano organizzati, non c’era gerarchia» -, sia del mestiere: «Si tratta di 13 furti in 4 mesi, di cui alcuni tentati». Per Morelli il contesto da considerare per giudicare il 18.enne è quello della vita in un campo rom: «Non è un soggetto che ha fatto del furto il proprio mestiere, ma ragazzo privo di scolarizzazione e formazione che ha fatto proprio un modo di comportarsi della comunità a cui appartiene. Una comunità in cui il furto è un modo di sostentamento, un modus vivendi».
Nel ponderare la pena per la difesa occorre considerare inoltre l’ammissione e la collaborazione dell’imputato, ha detto pur contestando uno dei furti nell’atto d’accusa e chiedendo di derubricarne un secondo a tentato. Inoltre «l’ammontare di alcune refurtive non ci torna», ha detto l’avvocato parlando di assenza di prove e giustificativi sul valore della refurtiva. La pena proposta è di 12 mesi, interamente sospesi, per un periodo di prova di 5 anni.
La conclusione della Corte? Che l’organizzazione c’era: «Lei faceva da palo, lui scassinava. Ha fatto del furto la sua professione», ha concluso Sartori-Lombardi confermando l’aggravante della banda, così come quella del mestiere, e credendo all’imputato per i due furti contestati (uno «solo» tentato a Bissone, e uno mai compiuto a Verscio). La pena stabilita, come anticipato, è di 22 mesi da espiare, più 7 anni di espulsione.