Il personaggio

«Ho solcato tutti i mari ma nel cuore c’è il mio lago»

Il capriaschese Adriano Petrino e la sua passione per la vela - Ha regatato in tutto il mondo, ma il Circolo velico di Lugano ha sempre un posto nel suo cuore
© Kiel/Segel Bilder
Chiara Nacaroglu
14.10.2019 06:00

Capriaschese classe 1991, Adriano Petrino matura sin da bambino la passione per la barca a vela, tanto da decidere di trasformarla in una professione. Ha regatato in tutto il mondo, ma il Circolo velico di Lugano ha sempre un posto nel suo cuore.

«Mentre i miei compagni del liceo sceglievano in che università studiare, io sognavo di gareggiare alle Olimpiadi». Parte da questo sogno, maturato a cavallo tra adolescenza ed età adulta, l’avventura a vela di Adriano Petrino che lo porta a conciliare lo sport ai massimi livelli con il servizio civile, gli studi e il lavoro. «Quando pensavo alla barca a vela come ad una professione, - ci dice - l’unica cosa che sapevo era che al 99% sarebbe andata male, ma valeva la pena provarci e mi è andata bene». Impara a regatare sul Ceresio, al Circolo velico di Lugano, e ancora oggi le acque del lago hanno per lui un significato speciale. «Quando navigo qui mi sento a casa, protetto dalle mie montagne», racconta. «È confortevole perché conosco ogni onda, potrei navigare ad occhi chiusi - dice ridendo - e, proprio per questo, per migliorare davvero come pilota ho dovuto lasciare Lugano. Il Circolo velico è, e sarà sempre, una parte importante della mia vita».

Il Moth, la «barca che vola»
Da Lugano Petrino parte per salpare i mari del mondo. Succede dopo che, nel 2012, finita l’avventura su una barca a due ne cerca una da governare da solo. La trova nel Moth, conosciuta come la «barca che vola». Piccola e leggera (pesa 30 chilogrammi), tocca acqua solo con gli idrofoils (ali di sostentamento, simili a quelle degli aliscafi) e grazie a questa peculiarità è in grado di sviluppare velocità inimmaginabili per una barca a vela tradizionale. «Ai tempi si trattava di una tecnologia nuovissima, - racconta Petrino - io non ne avevo mai vista una dal vivo ma ho deciso di lanciarmi e, investendo tutti i miei risparmi, sono riuscito a comprarne una usata. I miei amici dicevano che ero matto, ma stavo cercando qualcosa di innovativo che mi permettesse di acquisire competenze».

Perseveranza e duro lavoro
Nel 2014 questa tecnologia inizia a venire usata anche in Coppa America (la competizione più famosa del settore, ndr) e la conoscenza sviluppata da Petrino assume valore. «In poco tempo le gare di Moth sono diventate prestigiose: se all’inizio i partecipanti erano una ventina, questi diventano quasi trecento tra cui i migliori velisti al mondo. Per rendere l’idea, oggi questa tecnologia è usata sulle barche che attraversano in solitaria l’Oceano e gareggiano alle Olimpiadi». Nel 2014 decide di lasciare il Ticino per allenarsi in Australia, dove lavora per la Ka Sail, azienda fondata dal guru del Moth Andrew McDougall. Ci resta quattro anni, nei quali partecipa a parecchie competizioni con buoni risultati: per due anni di fila, nel 2014 e nel 2015, conquista un bronzo in Coppa Europa e nel 2016 arriva 14.esimo al Campionato del mondo: è il più giovane nei primi trenta qualificati. Due anni dopo, è il 2018, agli Europei conquista un sesto posto. Risultati ottenuti grazie a «perseveranza, testardaggine e duro lavoro», dice. «In mezzo ai successi - continua - ci sono mille fallimenti. L’importante è crederci sempre». Prima di salutare Adriano Petrino, gli chiediamo quali lezioni di vita regala uno sport come questo. «Una gara di vela si approccia dal punto di vista olistico: se non prepari meticolosamente la tua barca, così come la testa, non arrivi lontano».