I docenti del Liceo di Bellinzona chiedono «un cambio di rotta nella politica del personale pubblico»

«Serve un deciso cambio di rotta nella gestione del personale pubblico». Questo, in sintesi, il messaggio lanciato dai docenti del Liceo di Bellinzona alle autorità cantonali. Con una risoluzione approvata il 30 aprile 2025, divulgata nel pomeriggio, il Collegio Docenti ha preso posizione contro le misure di contenimento della spesa che «da oltre trent’anni interessano il settore pubblico». In particolare, queste misure avrebbero «progressivamente ridotto la capacità dello Stato di rispondere ai bisogni di una popolazione sempre più vecchia e vulnerabile; allo stesso tempo, hanno indebolito il ruolo strategico dei servizi pubblici come leva di coesione sociale e rilancio economico, senza tuttavia produrre i risultati sperati né in termini di sostenibilità sociale né di stabilità economica».
«Alla luce di questa situazione, che si inserisce in un quadro nazionale e internazionale più ampio, come docenti del Liceo di Bellinzona riteniamo necessario un deciso cambio di rotta; un cambio d’impostazione generale, che – per questioni contingenti – non può che partire da una richiesta puntuale, da un primo passo verso una politica del personale che rafforzi la funzione chiave del servizio pubblico a favore della collettività», si legge nella nota. In particolare, i docenti chiedono, in concreto, di adeguare il salario di tutti i dipendenti pubblici di almeno il 3% a partire dal prossimo preventivo, per recuperare il potere d'acquisto eroso del 6% negli ultimi cinque anni. Una richiesta che arriva nel momento in cui «l’approvazione ufficiale del preventivo appare ancora distante, perché negli ultimi decenni esprimere a posteriori il nostro dissenso nei confronti di decisioni già prese non ha permesso di difendere il settore pubblico». Da qui la scelta di adottare una nuova strategia: un gesto forte, di cui i docenti si dicono «ben consapevoli», che prosegue tuttavia il confronto politico tra scuola e istituzioni intrapreso già negli scorsi anni attraverso varie forme di manifestazione, di cui l’ultimo capitolo è stata l’apertura della scuola nei giorni del 20 dicembre e del 7 gennaio.
«La giustificazione più comune dei tagli al settore pubblico è basata sulla presunta disparità con il settore privato. Questa argomentazione, però, non trova riscontro nei dati disponibili: sebbene vi siano state alcune rivalutazioni nominali, l'evoluzione salariale degli ultimi vent'anni in Ticino è stata più significativa nel settore privato che in quello pubblico», osservano ancora i docenti. Il pubblico impiego ticinese si distingue così per essere stato, negli anni, uno dei più penalizzati nel contesto svizzero; parallelamente, avvisano i docenti, le condizioni retributive e pensionistiche sono andate via via peggiorando, mentre il carico di lavoro è aumentato costantemente. «Logiche del genere vanno superate, perché è proprio il basso livello salariale in Ticino a essere una delle principali cause di povertà nel Cantone». Per contrastare questa tendenza e iniziare a colmare il divario del 20% circa tra i salari ticinesi (sia pubblici che privati) e la media dei salari nazionali è quindi «necessario uno Stato che mostri la via: come datore di lavoro esso può, se lo vuole, promuovere e garantire condizioni salariali adeguate ai suoi dipendenti».
Le motivazioni fondanti della rivendicazione, sottolineano i docenti, non sono dunque da intendere come «mera difesa di categoria». Al contrario, sono viste come «il risultato di una riflessione responsabile e ragionevole sulla necessità di rilanciare la qualità del servizio pubblico in funzione del benessere della popolazione ticinese, anche per contrastare la crescente fuga di giovani talenti che, in assenza di prospettive adeguate, scelgono sempre più spesso di cercare opportunità altrove».
«Il livello formativo che la nostra scuola riesce ancora ad offrire, così come le possibilità di mobilità sociale che essa apre, sono a nostro parere elementi da conservare e potenziare, piuttosto che da tagliare e indebolire», spiegano ancora i docenti, facendo alcuni esempi. GOssia: non si deve ridurre l’attrattività della professione (diminuendo il potere d’acquisto del personale pubblico) o ridimensionare le risorse (si pensi alla nostra biblioteca, rimasta chiusa per mesi, che ha visto ripristinata la sua attività solo all’80%), bensì investire. Investire, non spendere, perché la scuola, come istituzione, contribuisce alla coesione sociale e crea le condizioni per un riscatto del Cantone sul piano economico e sociale, oltre a favorirne la crescita morale e culturale».
In conclusione, quanto appena osservato per il mondo scolastico «vale per il servizio pubblico tutto e, in questo contesto allargato, la risoluzione del Collegio docenti vuole dare un segnale chiaro e costruttivo alle istituzioni competenti, coinvolgendo altresì gli altri attori che gravitano attorno al mondo della scuola (e dei lavoratori pubblici in genere): Mds, Ocst, Rdp e Vpod».