I dubbi su quella ringhiera: cede troppo facilmente?

Ancora un incidente, ancora quella ringhiera che finisce a pezzi. Siamo a Castagnola, in zona Ponte del Diavolo, dove il primo gennaio un’auto di grossa cilindrata è uscita di strada sfondando la barriera metallica sopra il giardinetto pubblico a fianco del ristorante Artè. Il conducente non ha riportato ferite gravi e anche nel caso in cui la sua macchina fosse finita di sotto, probabilmente, non sarebbe successo nulla di drammatico. In passato però è andata diversamente e viene spontaneo chiedersi come potrebbe andare in futuro. Di fronte alla protezione divelta, il pensiero e lo sguardo corrono qualche metro più avanti, in prossimità di una curva tristemente nota.
Sono le cinque del mattino del 24 novembre del 2016 e un Suv con a bordo Diana e Azer, due ragazzi russi di diciannove e ventitré anni, percorre la discesa che porta verso il lungolago. A un certo punto i giovani perdono il controllo del mezzo, abbattono la ringhiera e finiscono nel lago. Muoiono per annegamento. Dopo le verifiche del caso il parapetto viene ricostruito, ma non è molto diverso dal precedente e nel punto dell’impatto, da quel 24 novembre, in memoria di Diana e Azer, c’è sempre una corona di fiori.
Sono passati tre anni e non ci sono stati altri incidenti, ma quello dei giorni scorsi ha ridato forza a una domanda emersa fin dai primi momenti dopo la tragedia: quella barriera metallica non è troppo fragile, se pensiamo a cosa può succedere finendo nelle acque del Ceresio?
Può essere controproducente?
Per provare a rispondere con cognizione di causa dobbiamo fare un paio di riflessioni sul tratto di strada in questione, che è di proprietà comunale. Un ingegnere della Città, da noi contattato, premette che in un contesto del genere, con un limite di cinquanta chilometri orari, l’ente responsabile per legge è obbligato solo a proteggere i pedoni dalla caduta. E in questo caso la barriera attuale basta e avanza. Il discorso cambia se la strada è fuori dal centro e il limite di velocità più alto. Sul tratto fra Ruvigliana e Gandria, ad esempio, che ha lo status di collegamento internazionale, il Cantone ha previsto una doppia protezione:_una fra la strada e il marciapiede e una fra il marciapiede e la scarpata.
Il rischio non può comunque essere azzerato, soprattutto se un veicolo procede ad alta velocità o se ha un peso importante (dagli archivi riaffora la notizia del camion carico di legname che nel 2001, proprio in zona Ponte del Diavolo, si ribaltò spazzando via la solita ringhiera, anche se in quel caso avrebbe ceduto qualsiasi tipo di barriera). È anche una questione di costi e la Città, come spiega ancora il nostro esperto, non può garantire il contenimento delle automobili su tutti i tratti delle sue strade dove esiste il rischio di precipitare o travolgere i passanti. Basti pensare al lungolago cittadino. Bisogna poi considerare una teoria: secondo alcuni la posa di barriere può rivelarsi controproducente, perché fa perdere a chi è al volante la percezione del rischio reale._Diminuisce l’attenzione e tende a salire la velocità di marcia.
La tecnica e l’eccezione
Gli argomenti del tecnico sono legittimi, ma il dubbio sul Ponte del Diavolo rimane: posare semplicemente una ringhiera più resistente non costerebbe tanto, avrebbe un impatto visivo limitato e aumenterebbe la probabilità di salvare delle vite. Da noi interpellato, il capo del Dicastero Servizi Urbani Michele Bertini concorda con il suo funzionario sull’impossibilità di avere barriere adeguate su tutto il territorio, ma per Castagnola potrebbe fare un’eccezione: «Una verifica su quella ringhiera andrebbe fatta: i due ultimi incidenti devono farci riflettere». Secondo il vicesindaco, quindi, se tecnicamente lo status quo ha una sua ragione d’essere, politicamente si possono anche fare scelte diverse e rafforzare una difesa che si è rivelata troppo fragile.
Un limite spesso ignorato
Il tema della sicurezza sul tratto di strada in questione non lascia indifferenti gli abitanti del quartiere. Romolo Pignone, ex consigliere comunale che abita nella zona, guarda il problema da un’altra prospettiva: «È vero che esiste una situazione di potenziale pericolo, ma il nodo rimane sempre il limite dei 50 chilometri orari troppo spesso ignorato. Più che rafforzare le barriere, opterei per maggiori verifiche sulla velocità delle auto».