Il caso

I legami luganesi del presunto cripto-rapitore di New York

Il 33.enne che si è costituito in quanto sospettato di aver preso parte al sequestro e alla tortura di un italiano negli Stati Uniti per impossessarsi dei suoi bitcoin in Ticino aveva messo in piedi un fondo d'investimento multimilionario
Una foto del primo arresto (un cittadino americano) in questa vicenda. Il presunto complice con legami con Lugano si è invece costituito martedì. ©AP/Kava Gorna
Federico Storni
28.05.2025 18:00

Ha - o ha avuto - forti legami con Lugano e il Ticino, il secondo uomo arrestato martedì a New York nel quadro del rapimento con presunta tortura di un italiano negli Stati Uniti; un fatto legato al settore delle criptovalute. I due presunti aguzzini – il primo era stato arrestato qualche giorno fa – avrebbero imprigionato per quasi tre settimane l’italiano sottoponendolo a torture fisiche e psicologiche al fine di riuscire a estorcergli dati per accedere ai suoi Bitcoin. Il secondo arrestato, 33 anni, che secondo la stampa americana si è consegnato alle autorità dopo aver negoziato per giorni la sua «resa», figura infatti in una società attiva nell’ambito delle blockchain con sede a Lugano dal 2019. Questa, assieme a un'importante società luganese di gestione patrimoniale, qualche hanno fa ha promosso un fondo legato proprio alla tecnologia blockchain; fondo che al suo lancio ha raccolto capitale per oltre 22 milioni di franchi e che ora – per screzi interni – si trova in liquidazione in Liechtenstein con in pancia quasi 55 milioni di dollari. Oltre a ciò, l’uomo figura fra i membri della Ticino Blockchain Technologies Association, un sodalizio nato per promuovere questa tecnologia. L’associazione però, come riporta la RSI, avrebbe chiesto al 33.enne di lasciare l’incarico, avendo lui concentrato la sua attività negli Stati Uniti.

Le Polaroid delle botte?

Di quanto accaduto a New York sta parlando la stampa di tutto il mondo con grande risalto. Sia perché sottrarre con la forza e il rapimento le credenziali d’accesso sta diventando un fenomeno sempre più preponderante (in Francia di recente è stata arrestata una ventina di persone), sia per le modalità apparentemente efferate con cui la vittima italiana – un uomo di 28 anni attivo nel mondo delle criptovalute – è stato trattato: parrebbe infatti essere stato ripetutamente picchiato per quasi tre settimane. Oltre a ciò, gli sarebbe stata puntata una pistola alla testa e i due avrebbero minacciato di buttarlo dal quinto piano. Gli inquirenti avrebbero trovato delle Polaroid che lo mostrano effettivamente legato e ferito. Finora è emerso che la vittima e il primo arrestato, un americano, avevano avuto discussioni finanziarie. Non è invece attualmente chiaro in che rapporti fosse con il 33.enne «luganese», il presunto secondo aguzzino.

Il fondo, gli screzi, la liquidazione

La vicenda è poi notevole per il profilo del 33.enne, che nell’ambito della tecnologia blockchain non è affatto l’ultimo arrivato. Basti guardare a quanto messo in piedi a Lugano. La società a lui riconducibile (che ha una «sorella» americana amministrata da un parente) aveva quali scopi dichiarati la creazione di un fondo d’investimento a supporto di progetti innovativi nell’ambito della blockchain, nonché la costituzione di un incubatore («Ticino Labs») per favorire la loro nascita nel nostro Cantone. E se dell’incubatore sembrano poi essersi perse le tracce, il fondo d’investimento ha trovato un appoggio nella finanza tradizionale, cioè nella società di gestione patrimoniale luganese, riconosciuta dalla FINMA. Di questo fondo, come veniva annunciato nel 2019, la società del 33.enne sarebbe stata consulente per gli investimenti, mentre la finanziaria luganese si sarebbe occupata della gestione. In una prima fase erano stati raccolti 22 milioni di franchi a mo’ di capitale iniziale, con l’intenzione di arrivare a duecento. I soldi sono poi stati investiti in progetti innovativi nell’ambito della blockchain, anche con un certo successo, con una performance di quasi il 300% dalla sua creazione alla messa in liquidazione nel 2022. Liquidazione ancora in corso e nata – si apprende dalla documentazione pubblica relativa al fondo – a seguito di dissidi tra il «Portfolio Manager» (la società di gestione patrimoniale) e l’«Investment Advisor» (la società del 33.enne) sull’ammontare della commissione sulla performance. Ciò aveva portato ad accantonare prudenzialmente quasi 30 milioni di dollari, facendo però poi mancare liquidità al fondo. Da cui la decisione dell’assemblea degli azionisti di liquidarlo. Un’operazione peraltro non facile, anche perché bisogna trovare chi subentri negli investimenti societari. In un caso, ad esempio, ci ha pensato Tether, cosa che ha sbloccato quasi sei milioni, riversati agli investitori nelle scorse settimane.