Inchiesta

I sospetti milanesi su due banche luganesi

Un giudice meneghino ha chiesto il sequestro di 23,5 milioni di euro per presunte operazioni di riciclaggio — Gli inquirenti vorrebbero inoltre proibire agli istituti di operare in Italia: è la prima volta che viene fatta una richiesta simile
©Gabriele Putzu
Federico Storni
26.07.2022 06:00

Due banche svizzere potrebbero essere interdette dallo svolgere attività bancarie in Italia. Lo chiede la Procura di Milano e un giudice dovrà decidere in merito nelle prossime settimane (l’udienza non è ancora stata fissata). Comunque andrà, si tratta di una prima: non era infatti mai accaduto che in Italia venisse avanzata una richiesta simile nei confronti di un istituto di credito elvetico. Intanto negli scorsi giorni in Svizzera è arrivata una richiesta di assistenza giudiziaria dalla penisola che chiede di sequestrare 22,4 milioni di euro a una delle due banche e 1,1 milioni all’altra. Cifre che corrispondono a quanto la Procura di Milano sospetta sia stato riciclato da clienti italiani tra il 2010 e il 2018, grazie a «una sorta di servizio riciclatorio» che sarebbe stato offerto dagli stessi istituti di credito nelle loro filiali di Lugano.

Il commercialista condannato

Le due succursali coinvolte - si legge sull’edizione milanese del Corriere della Sera - sono quelle della Banque Cramer & Cie e della banca Reyl & Cie, e per capire cosa venga loro addebitato dobbiamo tornare indietro di cinque anni, al 2018. L’anno in cui un commercialista italiano - già titolare anche di società in Ticino - è stato arrestato con l’accusa di aver riciclato «più di cento milioni di euro». L’uomo - nel frattempo condannato in via definitiva a sei anni di carcere nel 2021 - era un esperto di frode fiscale e riciclaggio (aveva anche scritto libri sul tema e articoli su riviste di settore). Conoscenze che aveva però usato per delinquere: aveva messo in piedi una serie di società con sede in varie nazioni (fra cui Belize, Cipro, Mauritius e Hong Kong) da cui far transitare il denaro «nero» affidatogli da clienti italiani al fine di ripulirlo. Denaro che finiva prevalentemente in Austria, nazione dalla quale il commercialista, sui 55 anni, lo riportava in contanti ai propri clienti. Spallonaggio, in altre parole. Non a caso il giorno in cui è stato fermato era in possesso di una valigetta contenente circa 400.000 euro. Nel corso dell’inchiesta, il commercialista ha raccontato al procuratore Paolo Storari che i suoi servizi erano stati richiesti anche dalla Cramer e dalla Reyl. Per la precisione da due dirigenti (che oggi non lavorano più per le due banche) che la Procura di Milano avrebbe volentieri arrestato, ma la cui richiesta di custodia cautelare è stata negata da un giudice negli scorsi giorni. Il commercialista, si legge sempre sul Corriere della Sera che cita carte d’inchiesta, sarebbe stato contattato da «una serie di dirigenti di Lugano», (fra cui i due che la Procura di Milano intende rinviare a giudizio). Erano interessati ai suoi servizi, tanto che - stando all’inchiesta - il contratto di lavoro fra l’uomo e la banca Reyl prevedeva che il commercialista agisse per la banca ma, al contempo, fosse tenuto a «non dare l’impressione, nei confronti di terzi, di agire quale rappresentante della banca».

La convinzione: era un sistema

E veniamo all’inedita richiesta di interdizione della Procura di Milano. Richiesta promossa in quanto fra gli inquirenti è maturata la convinzione che non si sia trattato di iniziative isolate di singoli individui, bensì fosse interesse aziendale rendere possibile il riciclaggio da parte dei clienti italiani. Un’accusa, ovviamente, tutta ancora da provare. Per ambo le banche e gli ex dirigenti vale infatti la presunzione d’innocenza. Da noi contattata, la banca Cramer tramite un portavoce ha detto che non intende rilasciare dichiarazioni, salvo poi precisare che «a oggi non ci sono procedimenti aperti per questa fattispecie contro la banca in Svizzera o in Italia». La banca Reyl non ha invece dato seguito alle nostre sollecitazioni.

Un richiesta sproporzionata?

La richiesta d’interdizione, stando a nostre informazioni, è stata recepita con una certa sorpresa dagli addetti ai lavori e dalle banche interessate, sollevando quesiti soprattutto riguardo alla sua proporzionalità. Da un lato le accuse mosse alle banche sembrerebbero fare riferimento a un qualcosa comunque terminato nel 2018 (nel caso della banca Reyl al solo 2018), e dall’altro le richieste di sequestro sarebbero per somme tutto sommato contenute, tenendo conto che i due istituti hanno cifre d’affari miliardarie. E, a proposito dei sequestri, stando a nostre verifiche la richiesta rogatoriale ha superato il confine ma non le è ancora stato dato seguito: le autorità elvetiche stanno facendo le valutazioni del caso.

AGGIORNAMENTO DEL 26.07: La Banca Reyl ci ha inviato nel pomeriggio di martedì la seguente comunicazione: «Reyl & Cie collabora attivamente con le autorità di regolamentazione, su richiesta. La banca precisa di non avere una filiale alle Bahamas. La Banca non ha ulteriori commenti da fare su questo tema».

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