I supermercati italiani sentono la mancanza dei ticinesi

«Non ci resta che fare la spesa». In queste settimane «lockdowniane» se lo saranno detto in molti: under 65 in primis, ça va sans dire. Carrello, guanti monouso e liste diversificate a seconda del destinatario sono diventati di colpo ausili fondamentali per portare a termine una delle rare missioni rimaste alla popolazione: quella fra gli scaffali. C’è chi si è calato subito nel ruolo e chi, invece, ha sofferto più di altri, abituato com’era a vivere la spesa a mo’ di rituale. Sì, anche da un punto di vista geografico. Parliamo del fenomeno del turismo degli acquisti, uso e costume in tempi normali per molti cittadini svizzeri - specie quelli che vivono nei cantoni di frontiera - ma tornato d’attualità anche in questa fase di emergenza. A suonare il campanello d’allarme, giovedì, sono stati il Consiglio federale e l’Amministrazione federale delle dogane: «Nonostante il divieto in vigore, ci sono ancora diversi furbetti che attraversano il confine solo per recarsi nei supermercati esteri» il succo del messaggio giunto da Berna. Di qui la decisione di completare la prassi vigente, e cioè l’ordinanza 2 COVID-19, precisando in un articolo ad hoc che «al rientro in Svizzera viene inflitta una multa di 100 franchi se si tratta di un evidente caso di turismo degli acquisti e se il passaggio della frontiera è avvenuto esclusivamente a tale scopo».


Da noi contattata la portavoce Donatella Del Vecchio tiene però a fare una puntualizzazione importante: «I cittadini ticinesi sanno bene che in Italia sono previsti severi controlli e in larga misura rispettano le restrizioni vigenti. In questo senso quello del turismo degli acquisti è un fenomeno che interessa maggiormente altri cantoni di frontiera». Per quanto riguarda il confine sud, Del Vecchio rileva inoltre che «sono pochi i ticinesi multati per casi di presa in consegna di merci presso i valichi». Insomma, le vie verso i grossi punti vendita di Lavena Ponte Tresa, del Comasco e del Varesotto si sono giocoforza trasformate in terreni impraticabili. Per una questione di ordinanze governative, sia chiaro, non di capriccio. E oggi proprio coloro che fino a febbraio accoglievano giornalmente e a braccia aperte centinaia e centinaia di consumatori targati TI sono i primi a risentirne. Anche pesantemente.
Iper: «Grandate? Posizione strategica, ma oggi penalizzante»
Le ragioni sono invero molteplici. Ma una è prevalente. «Il divieto di transito da Comune a Comune all’interno della provincia incide e non poco sull’affluenza all’Iper di Grandate» ci spiega Andrea Di Federico, direttore del punto vendita comasco. Il discorso, va da sé, interessa tutte le filiali della catena a ridosso del confine con la Svizzera. «Naturalmente il mancato arrivo di clienti ticinesi sta pesando sull’andamento degli affari, il cui trend in questo periodo è negativo» conferma Di Federico. Per poi aggiungere: «Normalmente il nostro ipermercato beneficia di un bacino molto ampio in termini di utenza, grazie alla sua posizione strategica in prossimità della frontiera elvetica e dell’asse autostradale. In questo senso stiamo soffrendo molto di più rispetto ad altri punti vendita Iper presenti nel nord Italia, ma anche nel raffronto con i supermercati di paese». A complicare il tutto, rileva Di Federico, vi sono poi «le limitazioni alla vendita di determinate merceologie, dagli articoli casalinghi all’abbigliamento: un assortimento, questo, sul quale l’Iper di Grandate fa pure affidamento e che al momento comporta una contrazione del fatturato». Ma per una catena che ha fatto dei clienti elvetici una piccola, grande fortuna, le prospettive – tenuto conto della rilevante domanda antecedente l’emergenza coronavirus – sono comunque serene? «È difficile dare una risposta a oggi» replica Di Federico: «Molto dipenderà dalla cosiddetta Fase 2, quella della ripartenza, e da come sarà regolata. A seconda della natura delle direttive legate al nostro settore gli equilibri potranno cambiare in modo più o meno significativo. Iper presenta ad ogni modo un grande dinamismo sul piano della gestione finanziaria, il che – in questa fase e come previsto da decreto – implica ad esempio lo smaltimento delle ferie dei collaboratori, così da mantenere un regime sostenibile».


Il tutto in attesa che le cose tornino a un’apparente normalità. In Italia la scadenza per i divieti più importante è fissata al 4 maggio, resta però da capire come la Lombardia potrà tornare a dialogare con il Ticino e soprattutto quale sarà la reazione dei consumatori del nostro cantone. Tradotto: la sensibilità verso gli acquisti locali sarà accentuata e la spesa in Italia in qualche modo demonizzata? Di Federico si augura ovviamente di no: «Nel comparto della vendita le difficoltà sono trasversali, non interessano un solo Paese. Per questo ritengo che i consumi andranno incentivati indipendentemente dalla provenienza dei prodotti e dal negozio che li mette a disposizione. A beneficio di tutti e di un sistema che ha nei punti vendita l’appendice ma che poggia su numerosi altri ambiti».
Bennet: «Ma la solidità delle filiali non è a rischio»
Dall’Iper alla catena Bennet il passo è breve. Anche questa realtà è in effetti particolarmente apprezzata dai ticinesi. Con tutte le conseguenze del caso in tempi di coronavirus. «Bennet ad oggi evidenzia un calo generale sui tre punti vendita ubicati a Lavena Ponte Tresa, Como Tavernola e Montano Lucino» evidenzia il consigliere delegato e legale rappresentante di Bennet Adriano De Zordi, parlando di «una contrazione significativa». Un calo che, tiene tuttavia a precisare, viene compensato «dall’incremento dell’e-commerce - Bennet Drive, su tutti e tre i punti vendita». Insomma, la clientela italiana continua a fare la sua parte, mentre le riserve costituite nel passato infondono ottimismo: «La situazione attuale di emergenza dovuta alla COVID-19 preoccupa l’insegna, tuttavia non mette in discussione la solidità della stessa e dei tre punti vendita in oggetto. L’azienda è pronta ad affrontare questo particolare periodo e fronteggiarlo con il massimo impegno» afferma De Zordi. Per poi completare: «La catena reagisce per una ripresa ottimistica cercando di volgere al meglio questi mesi, ad esempio andando a ristrutturare alcuni reparti ad oggi chiusi per le direttive ministeriali e governative».
Coop Lombardia: «Per noi numeri incredibili. In affanno le grandi superfici»
Chi invece non sembra risentire per nulla della crisi attuale è la catena Coop, il cui fatturato sorride. «Nei nostri punti vendita nei pressi del confine l’assenza di clienti ticinesi è decisamente compensata dall’aumento dello scontrino medio dell’utente italiano» ci fa sapere il portavoce regionale Andrea Pertegato: «Al momento registriamo dei numeri inarrivabili in qualsiasi altro contesto. In termini percentuali l’incremento delle vendite è a doppia cifra. Solo per l’e-commerce siamo a un +90%». Nel complesso, prosegue Pertegato, a crescere è il trend dei consumi alimentari: «Per un motivo molto semplice: l’obbligo di restare a casa implica il sostentamento di molte più membri del nucleo familiare, che altrimenti mangerebbero al lavoro o comunque all’esterno». Ma perché Coop ride, e Bennet e Iper sono in affanno? «Chi patisce sono le grandi superfici, gli ipermercati per intenderci» sottolinea Pertegato, riferendosi «all’effetto contingentamento. Siamo di fronte a una sorta d’imbuto, con un grande volume di clienti fidelizzati costretto a restringersi». In Lombardia Coop presenta al contrario una tipologia di negozi medio-piccola. «Su 57 sono 43 i supermercati di dimensioni limitate e che fanno della prossimità un proprio punto di forza. Un po’ come la catena Unes, i cui affari sono pure in netta crescita» rileva in conclusione Pertegato. I marchi Esselunga e Carrefour hanno da parte loro preferito non rilasciare dichiarazioni.