Perle nascoste del locarnese

I tre leoni di Remo Rossi salvati dalle ruspe

Collocate all’imbocco di via ai Monti le sculture che ornavano la facciata del vecchio palazzo postale cittadino, realizzate dal famoso artista nel 1948
Quando la vecchia Posta fu demolita (per far posto all’attuale sede disegnata da Livio Vacchini) l’XI circondario postale decise di donare i tre leoni alla Città. ©CdT/Chiara Zocchetti
Barbara Gianetti Lorenzetti
Barbara Gianetti Lorenzetti
07.08.2021 06:00

Chissà se in quel lontano autunno del 1948, mentre prendevano forma sotto il sapiente scalpello di Remo Rossi, i tre fieri felini avrebbero mai immaginato che la storia li avrebbe portati da Largo Zorzi alla Città Vecchia. Di certo il loro destino è stato meno movimentato di quello dell’edificio del quale per decenni furono ornamento. Le sculture in granito del noto artista locarnese sono infatti le uniche parti rimaste del vecchio palazzo postale cittadino, demolito negli anni Novanta del secolo scorso per far posto all’attuale sede del Gigante giallo, firmata dall’architetto Livio Vacchini e inaugurata nell’estate del 1996. Sono comunque tantissimi i locarnesi che ancora ricordano la vecchia Posta, situata all’estremità est di piazza Grande, luogo privilegiato di tanti appuntamenti. Quante volte, dopo essersi accordati con qualche amico, ci si sedeva sulle panchine del caratteristico portico ad aspettare, sotto lo sguardo impassibile dei tre leoni. Del palazzo in questione – seguendo una tradizione tutta locarnese – si discusse per oltre un trentennio. Poi, finalmente, a metà degli anni Quaranta, giunse da Berna il credito di un milione di franchi (approvato dalle Camere federali) per dare il via alla costruzione, mentre il Comune metteva a disposizione gratuitamente il terreno necessario. L’allestimento del progetto, che toccava una superficie di 1.500 metri quadrati, fu affidato agli architetti Paolo Mariotta e Agostino Cavadini, mentre ad occuparsi dei lavori furono le imprese di Armando Boldrini e Ottavio Rampazzi.

Addio «tettoia del burro»

Nel febbraio del 1947 si diede avvio ai lavori, demolendo la cosiddetta «tettoia del burro» e iniziando un cantiere davvero impressionante, dove si mise all’opera una scavatrice di dimensioni mai viste prima a Locarno. Dopo qualche giorno vi fu una temporanea interruzione, a causa del ritrovamento di quelli che apparivano come antichi muri. Le ipotesi (a volte anche molto fantasiose) sulla loro origine si sprecarono, ma – alla fine – non risultarono particolarmente degne di nota, per cui il cantiere riprese a pieno regime e già nell’autunno del ‘48 il nuovo palazzo postale poté mostrarsi ai locarnesi in tutta la sua imponenza. E mentre le ditte mettevano a punto gli ultimi interventi, sul posto giunsero i tre blocchi di granito affidati a Remo Rossi, che ne trasse i leoni scelti per ornare la facciata dell’edificio. E lì rimasero fino alla demolizione che ha fatto posto all’attuale palazzo firmato da Livio Vacchini. Dalle ruspe sono però fortunatamente stati salvati i felini di pietra, che la direzione del XI circondario postale decise di donare alla Città di Locarno. Quest’ultima ha poi trovato loro una nuova casa sul terreno situato all’imbocco di via ai Monti, proprio dietro alla collegiata di Sant’Antonio, dove oggi fanno bella mostra di sé su eleganti piedistalli.

Il fascino del circo e degli animali

I_tre felini fanno parte dell’ampia collezione di opere che il noto artista locarnese dedicò a soggetti animali e, più in generale, al mondo circense, che da sempre lo affascinava. La testimonianza più famosa in quell’ambito è sicuramente la foca (la quale, fanno notare i puristi della zoologia, in realtà sarebbe un’otaria) della fontana in piazza Governo a Bellinzona, che non è difficile immaginare mentre fa roteare una palla colorata sul naso. Per tornare a Locarno, come non citare il toro dei giardini Rusca, donato alla città per ricordare il Patto della pace del 1925. E in questi giorni, ovviamente, va ricordata anche la statuetta del Pardo, ambito premio del Locarno Film Festival, anch’esso firmato da Rossi. Tutti potenziali protagonisti di spettacoli circensi, ai quali l’artista assisteva sempre con il taccuino in mano, immortalando dal vivo animali, ma anche pagliacci, arlecchini e acrobati, che spesso sono poi diventati protagonisti delle sue opere. Sculture sì, ma anche dipinti e litografie.

Questa, dunque, l’affascinante storia dei tre leoni. Se voleste segnalarci altre «perle nascoste» del Locarnese non esitate e scrivete [email protected].