Il 143 stavolta chiede aiuto: «Dateci tutti una mano»

I numeri sono freddi, è vero, ma molto spesso fanno capire più di mille parole. I numeri del Telefono Amico, ad esempio, non sono certamente in grado di descrivere il significato profondo del servizio offerto da chi risponde alle chiamate al 143, ma tracciano un quadro chiaro della realtà, ne circoscrivono il perimetro, ne fanno intuire l’importanza: 50 anni di vita, 18 mila telefonate soltanto nel 2020, quasi 13 mila colloqui di aiuto, 47 volontari che coprono ogni mese 3 turni di 4 ore durante il giorno e uno di 8 ore durante la notte. Il filo che annoda il dolore e la solitudine attorno all’esistenza di moltissime persone termina sempre più spesso proprio al centralino di Telefono Amico. I cui dirigenti ieri, nella conferenza stampa convocata nella sala consiliare di Lugano, hanno lanciato un appello: «Aiutateci».
Non è affatto paradossale che una delle associazioni in grado più di altre, in Ticino, di tendere la mano a chi ha bisogno si rivolga oggi alle istituzioni, alle imprese e ai singoli per chiedere sostegno «concreto», ovvero donazioni.
Bilancio in rosso
Il tesoriere di Telefono Amico, Alberto Bassanini, lo ha detto in modo chiaro: «Siamo in difficoltà, ci serve una mano. Il Cantone assicura un sostanzioso contributo ogni anno (all’incirca un terzo del bilancio, ndr), ma anche nel 2020 chiuderemo con un disavanzo». La stima delle perdite è attorno ai 7 mila franchi, molto meno dei 40 mila preventivati ma pur sempre un dato negativo. Che non aiuta.
Nonostante tutto, il 143 resta un punto di riferimento essenziale per il tessuto sociale ticinese. E la sua importanza è emersa in modo più netto in tempi di pandemia. «Nel 2020 abbiamo ricevuto 324 telefonate di persone che chiedevano aiuto in relazione alla COVID - ha detto Bruna Casali, responsabile della formazione dei volontari di Telefono Amico - ma quest’anno, nel solo mese di gennaio, siamo già a 146 chiamate su questo tema. Paura, ansia e solitudine non vanno indietro: piuttosto, crescono. E le dovremo affrontare». Il metodo sarà sempre lo stesso: «Ascolto profondo, empatico; nessun giudizio; garanzia dell’anonimato; rispetto di ciascuno; convinzione che in ogni persona ci siano risorse per affrontare il disagio».
Un metodo che ha garantito il sempre maggiore successo del 143. Testimoniato anche dalle parole di Cristiana Finzi,delegata del Cantone per l’aiuto alle vittime di reati. «Lo spazio di ascolto, il contesto non giudicante, i volontari in possesso di una grandissima sensibilità sono componente fondamentale del primo intervento, quello a più bassa soglia - ha detto ieri Finzi - Almeno 40/50 chiamate all’anno al Telefono Amico si trasformano in richieste d’aiuto al nostro ufficio». Sono cioè i volontari del 143 a convincere spesso chi è vittima di violenza tra le mura domestiche, soprattutto minori, donne o anziani, a proseguire nella denuncia.
L’intervento della politica
Il mezzo secolo di vita di Telefono Amico è stato sottolineato ieri anche dagli interventi dei sindaci di Lugano e Chiasso e del consigliere di Stato Raffaele De Rosa.
Proprio quest’ultimo ha definito il 143 «solido riferimento per la nostra società, ancora di più con la pandemia . Per noi, sapere di poter contare su questa rete è fondamentale. La “fatica pandemica” è sotto gli occhi di tutti, sulla pelle e nella testa di ciascuno - ha detto De Rosa - è fondamentale avere qualcuno capace di ascoltare. Telefono Amico ha creato un rapporto di fiducia con la popolazione, è una voce incredibilmente amica, segno della lungimiranza di quel gruppo di persone che nel 1971 ebbe la determinazione di voler aiutare gli altri. Il 143 ascolta tutti, indipendentemente da chi compone il numero: il filo del telefono diventa quello dell’amicizia, della disponibilità. In questo senso - ha concluso il direttore del Dipartimento sanità e socialità - mi ha sempre colpito il logo dell’associazione, la mano tesa verso l’altro e il cuore che questo gesto permette di accarezzare».
Marco Borradori ha sottolineato come i numeri dell’attività del 143 siano testimonianza «dei vari volti del malessere» nel cantone e ha parlato «dell’importanza fondamentale del volontariato: a Lugano operano 800 associazioni, in tutti i campi. Senza di loro - ha detto Borradori - il nostro lavoro sarebbe poca cosa. Non avremmo i mezzi per agire. Per questo voglio ringraziare ancora chi con le parole e l’ascolto va incontro a persone che stanno male».
«In un mondo perfetto - ha aggiunto Bruno Arrigoni - la vostra associazione non dovrebbe esserci. Ma non viviamo in un mondo perfetto. Tutt’altro. Nonostante una comunicazione resa semplice da molti media e dalla tecnologia, vedo molta più solitudine . Abbiamo ridotto i contatti personali, con il rischio di creare lontananza. Grazie quindi a chi lavora con uno spirito così positivo e con l’obiettivo di aiutare il prossimo».
La storia
L’associazione Telefono Amico è stata fondata a Chiasso il 1° febbraio 1971 da un gruppo di amici guidato da Marzio Frigerio.
I primi associati erano 31: tra loro avvocati, medici, pastori, sacerdoti. Nel 1972 il primo trasferimento, a Balerna, dove il Municipio aveva messo a disposizione gratuitamente un appartamento. Nel marzo 1977 il 143 venne spostato a Lugano per ragioni tecniche (la vicinanza alla centrale telefonica).
Nel 1973 Telefono Amico inizia a strutturarsi e a prendere contatto con associazioni analoghe in Svizzera. Nel 1984 sono rafforzati i rapporti con le altre sedi svizzere di Telefono Amico. Nel 1998 la ragione sociale diventa «Telefono Amico Ticino e Grigioni Italiano», dato che il 143 copre anche le valli del Grigioni di lingua italiana. Dieci anni - dal 1999 al 2008 - dura la collaborazione con la pro juventute, per la quale gestisce la linea di ascolto per giovani e bambini (147). Collabora con il Canton Ticino dal 1997 per la Legge in aiuto alle vittime di reato e dal 2009 per la prevenzione del gioco patologico.