Il «balzello» sui posteggi abrogato per direttissima

Qualcuno ha scomodato Martin Luther King. Il consigliere di Stato Claudio Zali - parlando di «vergogna per la nostra democrazia», di «schiaffo alla volontà popolare» (si veda in fondo all'articolo) - ha invece preferito citare la trilogia di Guerre stellari, invocando così «l’alternanza tra il bene e il male», fil rouge della pellicola diretta da George Lucas. Sia come sia, alla fine però - dopo un dibattito con toni a tratti molto forti, perlomeno dal punto di vista istituzionale - il Gran Consiglio ha deciso di mettere la parola «fine» a un tema che fa scorrere fiumi d’inchiostro in questo cantone da ormai un decennio: la tanto discussa tassa di collegamento, il cosiddetto «balzello» sui posteggi e contro i grandi generatori di traffico, è stata definitivamente abrogata dal Parlamento. Ma soprattutto - e questo è stato il tema centrale del dibattito parlamentare - è stata eliminata senza passare nuovamente dal popolo, che nel 2016, pur di strettissima misura, l’aveva approvata. Con 44 voti favorevoli (UDC, la stragrande maggioranza di PLR e Centro, Avanti con T&L, HelvEthica e un deputato della Lega, Andrea Censi), 42 contrari (PS, Verdi, Lega, Verdi liberali, PC e MPS) e due astenuti (Quadranti e Renzetti del PLR), l’iniziativa popolare «Sì all’abolizione della tassa di collegamento», lanciata dall’UDC e sostenuta da esponenti di PLR e Centro, è stata approvata e il «balzello» abrogato per sempre.
Botta e risposta
Qualcuno, come il PS e i Verdi, ha provato a entrare nel merito della proposta, sviscerando vantaggi e svantaggi di adottare una tassa sui parcheggi e analizzando il controprogetto del Governo, che prevedeva un’imposta in versione «light» escludendo dal suo raggio i centri commerciali. Il succo del discorso, oggi, è però stato un altro. Ossia: il Parlamento può abrogare per direttissima una legge votata dal popolo, senza tornare nuovamente alle urne?
I toni, come vedremo, su questo punto si sono accesi parecchio. Soprattutto nello scambio tra Lega e UDC. Ma partiamo dagli argomenti degli iniziativisti, rappresentati dalla deputata del PLR, Cristina Maderni. In sostanza, ha spiegato la granconsigliera, l’iniziativa è stata lanciata poiché «la tassa, malgrado la sua applicazione, non è stata capace di raggiungere l’obiettivo di ridurre il traffico a favore del trasporto pubblico». E, ha aggiunto, «non sarà in grado di raggiungere tale obiettivo nemmeno in futuro. A meno che il suo reale obiettivo sia quello di fare “cassetta”». Ma gli effetti negativi, ha precisato, «non si fermano qui: danneggia l’economia e punisce i lavoratori che hanno l’unica colpa di recarsi al lavoro».
Come poi ricordato dalla relatrice di maggioranza favorevole all’abrogazione per direttissima, la deputata Roberta Soldati (UDC), «il contesto rispetto al 2016 (quando il popolo approvò la tassa con il 50,7% di sì, ndr) è mutato e nel frattempo i cittadini hanno sistematicamente votato contro l’aumento di imposte e tasse».
Il primo affondo nei confronti dei democentristi è arrivato poco dopo, dalla relatrice di minoranza favorevole al controprogetto del Governo, Samantha Bourgoin (Verdi), che ha voluto in primis citare le eloquenti conclusioni del suo rapporto commissionale: «Già lascia perplessi la volontà dell’iniziativa di volere eliminare la tassa di collegamento decisa in votazione popolare e non ancora entrata in vigore. Ancor di più sconcertante risulta voler impedire alle cittadine e ai cittadini di fare eventualmente questa scelta personalmente. Ma ci pare proprio di cattivo gusto che a farsi beffa dei diritti popolari sia in particolare l’UDC, che si fregia in ogni occasione di essere paladino del loro rispetto, salvo calpestarli quando lo ritiene più conveniente». Insomma, per Bourgoin la questione non è tanto «valutare la tassa» in quanto tale, bensì di «permettere che a farlo sia la popolazione».
A difesa dell’abrogazione per direttissima sono poi intervenuti i liberali radicali e il Centro. Omar Terraneo (PLR) sulla decisione di non passare nuovamente dalle urne ha ad esempio osservato che l’abolizione della tassa «rappresenta una decisione di carattere urgente, per tutelare i cittadini da una misura inefficace e superata dagli eventi». Claudio Isabella, invece, ha sottolineato che «in un periodo di estrema difficoltà, in cui il costo della vita è aumentato in modo sconsiderato, chiedere un ulteriore sacrificio ai cittadini è contrario alla cultura politica del Centro».
A riaccendere i toni, poi, ci ha pensato il deputato leghista Daniele Caverzasio, che non ha risparmiato parecchie frecciatine nei confronti dei cugini democentristi, ma non solo. «Il tema oggi è uno solo: la volontà popolare». Già, perché «se c’è una decisione che è stata presa dal popolo, chi altri se non il popolo stesso può esprimersi al riguardo?», si è chiesto il deputato. Certo, ha ammesso Caverzasio, «siamo chiamati a prendere delle decisioni in Parlamento». Ma, ha aggiunto, «siamo qui per rappresentare il popolo, non per sostituirlo». Ecco perché per la Lega «l’unica via da seguire è quella del voto popolare».
La risposta a questo argomento è giunta dal capogruppo dell’UDC, Sergio Morisoli, secondo cui «pur di non parlare della tassa (nel merito, ndr), si parla di democrazia diretta». Insomma, si parla di diritti popolari «per non dire che questa tassa non la vuole nessuno». Detto altrimenti, ha affermato Morisoli guardando alla Lega: «Ci si nasconde dietro un dito perché non si sa dove andare, oppure per non contraddire il proprio consigliere di Stato». E poi, ha chiosato Morisoli, «siete tutti paladini della democrazia, ma come la mettiamo con “Prima i nostri”, mai applicata, oppure con il decreto per il pareggio dei conti, mai rispettato?». Per l’UDC, dunque, l’obiettivo della tassa è uno solo: «Avere più soldi da immettere nel sistema Stato».
Zali: «Una vergogna per la democrazia»
Duro, a tratti durissimo, il discorso del direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali. Il quale, nel merito, ha voluto rispondere punto per punto alle critiche fatte alla tassa nel rapporto di maggioranza, per poi affondare sulla questione dei diritti popolari.
La tassa è inefficace poiché malgrado sia entrata in vigore non ha dato risultati? «È surreale. Una legge o è in vigore oppure non lo è», ha affermato, puntando il dito in particolare contro gli avvocati che hanno firmato la proposta: «Dire che una legge mai entrata in vigore è “de facto” entrata in vigore è un ossimoro giuridico, una distorsione della realtà». Stesso principio anche sulla presunta incostituzionalità della misura per via delle conclusioni della sentenza del Tribunale federale. Ancora Zali: «Credete che se fosse stata incostituzionale saremmo qui a discuterne?». Insomma, per Zali le critiche di merito sono «un coacervo di imbarazzanti falsità, frescacce di una pochezza indecente, scritte in malafede, sapendo di distorcere il vero per dire il falso». Ma c’è di più. Per Zali il rapporto «evita accuratamente di confrontarsi con l’unica domanda che meritava di essere affrontata: perché il Gran Consiglio dovrebbe abrogare una legge del popolo prima ancora che essa sia entrata in vigore?». Beh, per il consigliere di Stato la conclusione è ovvia: «Non ci si confronta per il semplice motivo che per questa domanda nella nostra democrazia non c’è risposta». E poi l’affondo: «Avrei preferito mi si parlasse con franchezza, dicendomi: “Zali, la tua tassa del fallo non ci piace. E soprattutto non piace ai grandi generatori di traffico di cui tuteliamo gli interessi. Non abbiamo mai capito come hai fatto a farla bere al popolo nel 2016. E finora non avevamo i numeri per abrogarla. Ma dopo le elezioni del 2023, con un po’ di Lega in meno e un po’ di UDC in più, ci siamo contati e ora i numeri li abbiamo».
Zali si è poi scagliato contro chi ha parlato di una tassa approvata dal popolo con l’inganno, parlando di affermazioni «gravi» per le istituzioni di questo cantone. «Mi chiedo se siate consapevoli che goccia dopo goccia, una sceneggiata alla volta, state contribuendo alla metamorfosi di questa sfortunata legislatura in un unico grande esercizio di delegittimazione delle istituzioni». Che, secondo Zali, porterà solo alla «disaffezione dei cittadini», all’«ulteriore disgregazione del Parlamento» e alla «diminuzione della possibilità di governare». Certo, ha chiosato, «siete membri del Gran Consiglio. E come tali adottate e abrogate le leggi. Questo è sacrosanto. Ma siete pur sempre rappresentanti del popolo: come la mettiamo con l’abrogazione di una legge votata dal popolo e mai entrata in vigore?». Ecco perché, per Zali, si può parlare di «schiaffo alla volontà popolare» e di «una vergogna per la nostra democrazia».