Il Bellinzonese trova la sua linfa nei distretti del Sottoceneri

Parlare di demografia non è semplicemente una questione di numeri. O meglio, sì, ma quei numeri spiegano sempre qualcosa di più. Certo, vanno osservati, analizzati, confrontati. Ma la riflessione deve comunque partire da un assunto: quei numeri rappresentano persone. Stringi stringi, rappresentano proprio noi. E rappresentandoci, condizionano anche le nostre interazioni e lo sviluppo del territorio che ci ospita e ci circonda. Non a caso, di fronte alle migrazioni - siano esse intercomunali, intercantonali o internazionali - si parla di rimescolamento sul territorio. In questo caso specifico, ci soffermiamo, grazie a un’analisi dell’Ufficio di statistica ticinese da poco pubblicata, sulle migrazioni intercomunali, che non influenzano per forza il numero totale di persone in Ticino, ma che di certo hanno un impatto su altri fattori, quali - come si legge nel testo curato da Danilo Bruno e Lisa Bottinelli - «occupazione del suolo, attività edilizia, prezzi degli immobili, mobilità, pendolarismo e distribuzione geografica dei servizi».
Uno sviluppo interrotto
Gli autori dello studio ricordano le tendenze cantonali degli ultimi vent’anni. «Tra il 2000 e il 2021 la popolazione cantonale è aumentata di 41.966 unità (+13,5%) (...). La crescita si è interrotta nel quadriennio 2017-2020, caratterizzato da successive diminuzioni della popolazione». Ma, a influire su questi risultati, sono stati essenzialmente i movimenti migratori, meno il saldo naturale, che pure nell’ultimo decennio è risultato costantemente negativo. L’evoluzione, all’interno del cantone, non è stata omogenea sul territorio. Nei primi dieci anni presi in esame (2000-2010), tutti i distretti «hanno conosciuto incrementi demografici», con la sola eccezione della Leventina. Ma la crescita maggiore è stata osservata a Lugano (+15.877, +12,3%), distretto seguito da Bellinzona (+5.370, +11,7%). Nel secondo decennio, «Lugano resta il distretto con la crescita maggiore (+7.852), comunque dimezzata rispetto al periodo precedente», mentre Bellinzona, con un incremento di 4.862 persone «risulta il distretto più dinamico in termini di crescita percentuale (+9,4%)». Mendrisio ha subito più degli altri distretti la fase di diminuzione demografica degli ultimi anni: «L’81,4% della perdita totale cantonale del periodo 2016-2021 è infatti avvenuta proprio qui».
Ben 316.021 movimenti interni
In totale, nel periodo 2001-2021, «si sono contati 316.021 trasferimenti da un comune all’altro, a fronte di 232.133 movimenti internazionali e 89.770 movimenti intercantonali». I movimenti interni al cantone sono particolarmente interessanti, come ricordano i ricercatori, perché coinvolgono persone già residenti sul territorio, «che dopo aver soppesato una serie di fattori, decidono di trasferirsi in una parte diversa del cantone». Insomma, sono trasferimenti significativi, specie se nel contesto di chiare tendenze. Nella maggior parte dei casi si tratta di spostamenti di prossimità, ma un terzo di essi rappresentano cambiamenti di distretto. Nel ventennio, 93.211 scambi. Da dove a dove? Be’, nel primo decennio il distretto di Bellinzona ha guadagnato abitanti soprattutto da Leventina, Riviera e Lugano. Nel secondo da tutti, ma in particolare proprio da quello di Lugano, che gli ha fatto guadagnare 1.117 residenti. La Leventina ha perso abitanti soprattutto verso Bellinzona e Riviera. Per quanto riguarda il Sottoceneri, Lugano e Mendrisio hanno perso popolazione nei confronti di quasi tutti i distretti del Sopraceneri. Si legge nel testo: «Per Lugano, oltre al saldo fortemente negativo dello scorso decennio con Bellinzona e Locarno (-213), vanno menzionati anche quelli verso Mendrisio (-247 nel primo decennio, -339 nel secondo). Mendrisio, invece, ha perso popolazione soprattutto nei confronti di Bellinzona e, nel secondo decennio, Locarno».
Un confronto sulle età
Non abbiamo parlato, sin qui, della composizione della popolazione trasferitasi da un distretto all’altro. Anche in questo campo, si possono trovare informazioni interessanti, specie per le ripercussioni che avranno sul territorio stesso e sulle strategie future dei singoli comuni. Tra i dati più significativi, la crescita rilevante - unico distretto ad averla conosciuta - registrata da Bellinzona per la classe d’età dei 20-39.enni, «che dal +5,4% del primo decennio è salita al +9,2% del secondo, con saldi assoluti che corrispondono rispettivamente a +749 persone e +1.223 persone. Il distretto di Leventina ha invece subito perdite rilevanti soprattutto nelle fasce più giovani»: nel primo decennio -10,6% nella fascia 0-19 anni e -20,2% nella fascia 20-39 anni. «Sull’intero ventennio, la Leventina ha perso circa 300 persone tra gli 0 e i 19 anni e quasi 900 persone tra i 20 e i 39 anni». E questo, per la Leventina, è l’aspetto più preoccupante - mentre per Bellinzona quello più invitante -, perché non solo scopre di aver perso popolazione, ma di aver perso i giovani, la vera grande garanzia sul futuro delle attività del territorio e sulla spinta a investire nello sviluppo.
L'intervista
Abbiamo parlato di questi spostamenti con Gian Paolo Torricelli, geografo, già responsabile dell'Osservatorio dello sviluppo territoriale dell'USI
Quali sono gli elementi che possono attrarre nuova popolazione da altri comuni?
«Dipende. Ci sono migrazioni intercomunali
legate a centri attrattori. Pensiamo a Bellinzona e a Lugano, per quanto ci
riguarda, i nostri centri più importanti. Nelle zone meno urbanizzate, come la
Leventina, i flussi migratori dipendono da condizioni congiunturali, legate per
esempio a ditte o a eventi estemporanei, anche minori, che possono influenzare
tali spostamenti. In tutti i casi, queste situazioni non sono per forza di cose
garantite sul lungo periodo. I flussi variano nel tempo. Se oggi le persone si
spostano dal Luganese al Bellinzonese è proprio perché alcune condizioni evolvono.
Basti citare due fattori: il tunnel del Ceneri, che rende sempre più rapidi i
tragitti casa-lavoro, e la disponibilità di nuovi appartamenti a prezzi
nettamente inferiori di Bellinzona rispetto a Lugano».
Si generano anche circoli virtuosi. Tali spostamenti
condizionano anche lo sviluppo o meno delle varie aree. È corretto?
«Be’, se guardiamo a Bellinzona, la città sta
cambiando scala. Prima era una cittadina piccola, che pensava in piccolo, era
provinciale, mentre ora, a poco a poco, sta prendendo coscienza di essere più
vasta, di saper offrire servizi migliori anche nei comuni oggi aggregati. Sta
facendo un salto. Non è più la vecchia Bellinzona chiusa tra le montagne
all’ombra dei suoi castelli. È qualcos’altro. Ma la storia insegna: quando arriva
una nuova popolazione, si verifica un rimescolamento di popolazione sul
territorio, con ripercussioni anche sulla mentalità delle singole persone,
della comunità. E allora aumentano le manifestazioni, le occasioni. È chiaro
che tutto dipende da chi è sul posto, dalle autorità politiche, chiamate a
rendere vivibile e accattivante il territorio. Bellinzona oggi è vincente per i
motivi di cui sopra, ma deve comunque fare attenzione a non creare una città
che è solo periferia. Deve quindi creare centri di aggregazione, quartieri,
dove la gente può trovare cose interessanti da fare e nuove esperienze da
vivere».
Un ragionamento opposto vale per la
Leventina, che perde popolazione ma che perde soprattutto giovani.
«La Leventina aveva già conosciuto tale
perdita negli anni Ottanta e Novanta, poi il calo si era placato, ma ora è
ripreso. Vive un paradosso: ha un’autostrada e la ferrovia che la attraversano,
e quindi ha più possibilità, rispetto ad altre zone, di essere abbandonata. Lo
diceva anche Franscini: le strade sono costruite non per salire le montagne, ma
per scendere da esse. Per andare via, insomma. L’attrattività della Leventina
era legata alle industrie, ma una volta chiuse quelle ha faticato a
ripensarsi».
Le migrazioni intercomunali in generale cosa
ci dicono?
«Sono un elemento di un’analisi
che deve per forza di cose essere più profonda. Bisogna infatti confrontare
questi flussi con quelli internazionali e con quelli intercantonali. Questi
ultimi per esempio riguardano i giovani che decidono di vivere oltre San
Gottardo. Uno quindi dei fattori che portano alla nostra crisi demografica
cantonale. Dobbiamo quindi osservare diverse statistiche. Oltre a quelle
migratorie, anche quelle, più semplici se vogliamo, della natalità, il
cosiddetto saldo naturale, e poi quelle economiche, legate per esempio alla
presenza di frontalieri. Possiamo quindi parlare di tendenze, di circoli
virtuosi o viziosi. Se per esempio a lasciare il territorio sono i giovani -
attirati da salari maggiori altrove -, verranno a mancare anche le loro
presenti o future famiglie, condizionando il tasso di sviluppo naturale della
popolazione. È tutto correlato. Ed è ciò che devono capire, in primis, i
politici. Ma è chiaro che non sono situazioni da risolvere con la bacchetta
magica».