Viticoltura

Il bicchiere mezzo vuoto: in calo il consumo di vino

Gli svizzeri bevono sempre meno: nel giro di un anno la diminuzione è stata del 7,9% – Crollo del mercato interno: -20,9% sommando bianchi e rossi – Tra i motivi c'è anche il cambiamento di abitudini dei giovani – Conconi (Ivvt): «Tanti vigneti rischiano la scomparsa o un ridimensionamento»
© KEYSTONE/Urs Flueeler
Luca Faranda
30.04.2025 06:00

Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Per i produttori, il netto calo del consumo di vino in Svizzera non è una buona notizia. Lo scorso anno, la diminuzione è stata del 7,9%, a 218,4 milioni di litri. A indicarlo è l’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG), che definisce tale tendenza «preoccupante per la viticoltura». Non si tratta di un trend che colpisce solo il Ticino o la Svizzera. «Si osserva anche nei Paesi limitrofi e all’interno dell’Unione europea». Praticamente, sottolinea l’UFAG, riguarda tutti i Paesi tradizionalmente consumatori di vino. 

A diminuire sono sia i vini bianchi (-5,9%), sia i rossi, inclusi i rosati (-9%), e gli spumanti (-2,5%). Il calo colpisce in particolare i vini svizzeri: sommando bianchi e rossi, il loro consumo ha registrato una contrazione considerevole del 20,7%. Di conseguenza, la quota di mercato dei vini elvetici è scesa di 3,4 punti percentuali, attestandosi al 35,5%.

Nel dettaglio, i vini bianchi nostrani sono scesi sotto la soglia dei 40 milioni di litri, superati da quelli di provenienza estera. Il consumo di chasselas, chardonnay e altri vitigni svizzeri di questa categoria è calato dell’11%, a 39,7 milioni di litri, mentre quello dei vini esteri è diminuito solo dello 0,2%, a 40,6 milioni di litri. Per i rossi elvetici (come il merlot ticinese) si può parlare di un vero e proprio crollo: il consumo è sceso del 20,7%, a 37,7 milioni di litri, mentre quello dei rossi esteri è calato solo del 3,7%, a 100,4 milioni di litri.

«Tutti sulla stessa barca»

«Purtroppo in Ticino, un Cantone di consumatori e di produttori di vino rosso, non siamo immuni a questa tendenza. Non beviamo più degli altri e dunque siamo tutti sulla stessa barca», ci spiega Andrea Conconi, attuale presidente e già direttore per nove anni dell’Interprofessione della vite e del vino ticinese (Ivvt). Conconi prova ad analizzare i motivi di questo calo, con cui i viticoltori devono convivere ormai da anni: «Rispetto al passato, i giovani bevono meno e meglio. C’è un cambiamento radicale anche nella cultura del vino: oggi il consumo avviene prevalentemente nel fine settimana e le giovani generazioni si avvicinano più tardi al vino», sottolinea l’esperto. Un aspetto sottolineato anche dall’UFAG: «Gli svizzeri bevono sempre meno alcolici, in particolare vino. Le giovani generazioni sono le prime a distanziarsi da una cultura che è comunque radicata nelle nostre diverse regioni linguistiche». A ciò si aggiunge la sensibilizzazione da parte dell’Ufficio federale della sanità pubblica, che scoraggia il consumo di alcolici.

Costi di produzione

Secondo Conconi, in Ticino, a contribuire è anche il turismo - il calo dei visitatori si riflette anche in un minor consumo - così come il turismo degli acquisti (chi acquista vino oltre confine non finisce nelle statistiche). I vini ticinesi e svizzeri sono troppo cari? «È legato ai costi di produzione, che qui sono più elevati. I vini esteri possono fare promozioni più aggressive rispetto ai vini svizzeri», spiega Concocni, secondo cui non ci sono soluzioni sul breve termine. «La pubblicità non basta: da un lato dovremo convivere con questo calo, sapendo che tanti vigneti rischiano di scomparire o di doversi ridimensionare. Si dovrà adattare la produzione al mercato. Sui prezzi sarà difficile fare pressione, perché mantenere un vigneto è oneroso. Vorrei trovare una soluzione per far bere più vini ticinesi. Lo dico da anni: se ogni abitante del Cantone bevesse una bottiglia al mese di vino ticinese le cose sarebbero diverse. Si potrebbe anche convincere la grande distribuzione a puntare di più sui vini svizzeri. Ma sono discorsi che si sentono da anni: è il consumatore a scegliere».

Esportazioni

E puntare sulle esportazioni? «Oggi siamo circa al 2%. Per aumentare sensibilmente questa quota, bisognerebbe investire e convincere anche chi è all’estero che in Svizzera si producono ottimi vini. Ma anche in questo caso i prezzi saranno più elevati rispetto ad altre regioni». Per Conconi, la soluzione non è nemmeno il vino senz’alcool: «Oggi la percentuale di vini dealcolati si aggira all’1%. Non risolverà il problema».