Il bottino delle truffe era quasi tutto in macchina, in contanti

Una società immobiliare (inattiva) a Chiasso, un appartamento fittizio a Viganello, uno vero ad Airolo, la residenza in Val d’Intelvi, un lavoro da autista per Uber in Svizzera tedesca. Doveva spostarsi parecchio, il 31.enne italiano apparso ieri di fronte alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Mauro Ermani e condannato a due anni e mezzo di carcere (di cui sei mesi di espiare) e all’espulsione per cinque anni dalla Svizzera. E forse non è un caso che gli inquirenti l’abbiano fermato mentre era alla guida, lo scorso maggio. Si trova in carcere da allora, per truffe da quasi 700.000 franchi. La buona notizia per gli istituti di credito truffati è che parte del denaro è subito ricomparsa: l’uomo teneva in auto circa 170.000 franchi, e altri 200.000 sono stati ritrovati presso una sua abitazione (avrebbe affermato di non fidarsi delle banche). E assieme ai soldi sono spuntati anche numerosi documenti e certificati falsi, fra cui permessi B e C.
Come funzionava
La documentazione contraffatta era usata dall’uomo, difeso dall’avvocato di fiducia Andrea Daldini, per ottenere finanziamenti per la sua azienda che poi prelevava a contanti e teneva per sé. Ci ha provato in otto occasioni fra il 2015 e l’arresto, riuscendoci tre volte. Ad esempio - come si legge nell’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti - nel caso del colpo più grosso (mezzo milione scucito a una banca) ha presentato all’istituto di credito i bilanci falsati della sua società (per mostrare ricavi che non esistevano) e false dichiarazioni d’imposta che attestavano un salario medio annuale (in realtà inesistente) di oltre 200.000 franchi e una sostanza di oltre tre milioni; soldi (ribadiamo: inesistenti) che l’imputato ha messo come garanzia per il finanziamento bancario. Dopodiché ha quasi subito prelevato l’importo dai conti della società e se l’è intascato. Da notare che la sua intensità truffaldina è cresciuta proprio a inizio 2020. Il motivo sarebbe da ricercarsi in una sua idea per un progetto immobiliare, idea per cui gli serviva denaro che non aveva. Motivo per cui è stato poi possibile agli inquirenti recuperare centinaia di migliaia di franchi. E motivo per cui ha continuato a lavorare come tassista per Uber, pur senza essere autorizzato.
Curiosità: la banca truffata non si è costituita accusatrice privata, forse pensando che fosse impossibile rientrare dalla perdita. «Ma poi ha visto che i soldini c’erano» - parole di Ermani - e ora cercherà di rivalersi in sede civile. L’imputato si è detto disposto a risarcire.
«Proposta generosa»
Il processo si è svolto nella formula del rito abbreviato, e il giudice Mauro Ermani ha definito «generosa» la proposta di pena avanzata da accusa e difesa, ma l’ha ratificata in quanto è compensata dai cinque anni d’espulsione, che per l’uomo avranno un peso importante, abitando a poca distanza dal confine elvetico. Il 31.enne ha detto di voler tornare a studiare e di voler cercare un impiego nell’ambito immobiliare, cosa che non ha rassicurato il giudice, dati i suoi trascorsi.
Agenti aggrediti
L’uomo, infatti, non è incensurato. Oltre a un piccolo precedente in Svizzera, ha a carico un paio di importanti procedimenti in Italia. Nel 2016 aveva patteggiato in prima istanza 4 anni e 8 mesi per aver riscosso in complicità con la madre l’assicurazione sulla vita di un uomo - un complice - in realtà mai deceduto (non sappiamo se la sentenza sia cresciuta in giudicato). L’anno seguente era stato condannato sempre in prima istanza, e sempre in complicità con la madre, a sei anni di carcere (poi ridotti in Appello) per una vicenda risalente al 2011, quando aveva raccolto da oltre una dozzina di investitori quasi 400.000 euro per aprire un casinò online a Campione d’Italia, senza poi mai realizzarlo. A questo proposito ieri l’uomo ha affermato che la Corte di cassazione italiana l’avrebbe prosciolto a fine anno scorso, ma non ha saputo dire perché: mancherebbero ancora le motivazioni. Per contro un ricorso della madre al riguardo è stato respinto quest’estate. È invece cresciuta in giudicato una condanna «per essersi opposto con violenza agli agenti della Guardia di Finanza intenti a dare esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti, ingiuriandoli in luogo pubblico e procurando loro lesioni personali».