Il caso

«Il cane non è un peluche da lockdown: ora c’è chi li abbandona»

Un trend mondiale che tocca anche il Ticino: nel 2020 sono aumentate le adozioni di amici a 4 zampe - Gli esperti mettono in guardia: «Richiedono passione, tempo e soldi: non deve essere solo un pretesto per uscire di casa»
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Michele Montanari
04.02.2021 12:30

Ventiquattro cagnolini in viaggio da Cosenza al Ticino. In mezzo una pausa forzata alla dogana di Brogeda che ha fatto pensare al peggio, ma i cuccioli ora possono scorrazzare nelle case dei loro nuovi proprietari. C’è più voglia di amici a 4 zampe in questo periodo così particolare delle nostre vite. Certamente è cambiato qualcosa anche per gli animali domestici con i vari lockdown, le restrizioni, la gente costretta a casa e le nuove abitudini dettate dal coronavirus. Secondo il «National Geographic», durante il 2020 la richiesta dei cosiddetti “pet”, ed in particolare di cani, è aumentata in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, i nuovi arrivi nelle famiglie sarebbero aumentati dell’8%, mentre in Italia, la sola ong animalista ENPA avrebbe trovato casa a circa 17.600 tra cani e gatti, ossia oltre il 15% in più rispetto al 2019. E non è difficile immaginare i motivi: per molti il confinamento ha significato rimanere soli, oppure lasciare i propri figli senza amici. Da alcuni sondaggi online condotti in Israele, Spagna e Regno Unito è inoltre emerso che nella maggior parte dei casi gli animali domestici hanno portato benessere e benefici ai loro padroni, anche se in alcuni casi il dover prendersi cura di un’altra vita è risultato un motivo di preoccupazione in più. Ma torniamo ai cagnolini arrivati in Ticino negli scorsi giorni: anche nel nostro cantone è aumentata la richiesta di animali durante la pandemia?

«Un numero di richieste fuori di testa»

La popolazione canina in Ticino, nel 2020, conta 32.201 esemplari registrati nella banca dati Amicus. Il veterinario cantonale Luca Bacciarini sottolinea come il nostro sia il secondo cantone svizzero per numero di cani in rapporto al numero di abitanti. In 10 anni (contando i nuovi arrivi, ma anche i decessi) si è avuto un incremento di cani costante, anche se nel 2020 l’aumento è stato più importante rispetto agli anni antecedenti. Si parla di 928 cani in più rispetto al 2019 (nel 2019 l’aumento era stato di 418 unità, nel 2018 di 612 e nel 2017 di 280). Un trend notato anche da Jennifer Saurwein, istruttrice dell’associazione «Cani da terapia Svizzera», che gestisce inoltre la pagina Facebook «Hai un cane se.. Ticino». Secondo la volontaria nel nostro cantone «ci sono liste d’attesa lunghissime, stiamo parlando di prenotazioni di cuccioli che vanno fino a questa estate, un numero di richieste davvero fuori di testa. Gli allevamenti sono sotto tiro, anche se non si può dire con certezza se questo sia legato alla pandemia. Certo è che la situazione ha iniziato a delinearsi durante la prima ondata ed è proseguita con la seconda».

Compagnia e benessere

Gli animali domestici secondo il dottor Luca Bacciarini portano diversi benefici ai loro padroni, «ci sono diversi studi che lo dimostrano. Si va dal benessere psicofisico, alla riduzione dello stress, basti pensare alle semplici carezze sul pelo, ai benefici sul sistema cardiocircolatorio: con un cane ad esempio si tende a fare più movimento e rimanere in forma». Anche secondo Jennifer Saurwein, parlando da dententrice e non dal punto di vista terapeutico (i servizi di pet therapy negli ospedali, nelle case anziani o nelle strutture per disabili sono fermi da marzo), «un cane agevola certamente il fattore compagnia, sprona ad uscire per boschi e campagne, e permette dunque di apprezzare questo tipo di uscite». L’istruttrice ci confessa: «Personalmente non andrei mai nel bosco senza cane, mi sentirei vuota. Ma queste attività dipendono molto dal tipo di relazione che si ha con l’animale e ogni razza, così come i meticci, ha le sue specificità, che vanno assecondate».

Non sono peluches o un pretesto per uscire di casa

Il cane non deve essere solo un pretesto per uscire. Non bisogna pensare che basti dargli da mangiare e portarlo a spasso per farlo sentire appagato. Su questo Jennifer Saurwein è categorica: «I cani non sono peluches, hanno un’anima e un loro carattere da rispettare: anche loro possono deprimersi». Un problema questo, riscontrato anche dalle associazioni animaliste: gli animali, proprio come i loro padroni, possono subire a livello emotivo il contraccolpo delle restrizioni. Questo emerge dai sondaggi pubblicati dal «National Geographic» citati in precedenza, che hanno evidenziato nei cani segni di stress e cambiamenti comportamentali durante la pandemia. L’istruttrice ticinese dice la sua sulle adozioni in tempo di crisi sanitaria: «Sono contraria alle adozioni unicamente per avere compagnia durante il lockdown o come pretesto per uscire di casa, perché dietro ad un cane c’è parecchio lavoro: giustamente ha bisogno delle uscite, dei giochi, di essere nutrito. Va trattato come un cane, non come un diversivo. Faccio un esempio, se prendo un Jack Russell, cioè un cane da caccia, avrà bisogno di andare nei boschi e del suo spazio. L’indole del tipo di animale va sempre assecondata». Un caso emblematico arriva dall’Italia, durante il primo rigido confinamento. «Durante il primo lockdown ci si poteva muovere da casa ad una distanza molto limitata. E questa problematica si è acuita particolarmente per chi vive in città. È molto difficile che un cane sia appagato muovendosi per pochi metri sull’asfalto». Deve esserci passione e le condizioni per poter prendersi cura di un cane, l’adozione non deve essere un gesto egoisitico: il cane ha diritto di avere una vita appagante. E questo vale per tutte le razze e taglie. «Il chihuahua, ad esempio, è un cane nato per cacciare i topi, non è un animale da borsetta come molti pensano», sottolinea Saurwein, spiegando che tutte queste situazioni aumentano il rischio di abbandono: «Purtroppo queste cose succedono. Quando finisce un lockdown, c’è il rischio che le persone non sappiano più come gestire il cane, perché non hanno più tempo o devono andare in vacanza. Spesso il cane viene abbandonato: gestendo una pagina Facebook so di casi del genere».

Più spese in un periodo difficile

La LAV, una delle più importanti associazioni animaliste italiane, evidenzia un’ulteriore problematica, legata alle difficoltà economiche in cui versano sempre più famiglie a causa della crisi sanitaria. In questi casi diventa anche molto più complicato mantenere i propri animali domestici. Prima di adottare un cane bisogna sempre tener conto di tutti i costi che ne derivano, oltre alla eventuale spesa iniziale per l’animale, che può essere di razza, col pedigree, oppure un meticcio. Poi c’è l’assicurazione, gli accessori e l’alimentazione, che varia molto a seconda del tipo (crocchette, scatolette, carne cruda...). Jennifer Saurwein fa un esempio concreto: «Per il mio, un Golden retriever di 35 chili, che mangia carne cruda, io spendo dai 200 ai 250 franchi al mese. Poi ci sono i corsi, la guinzaglieria, i giochi, le spese veterinarie. I richiami dei vaccini. Si possono fare check-up completi per controllare che l’animale stia bene». Costi decisamente non trascurabili, specialmente in un periodo difficile come questo. Il veterinario cantonale Luca Bacciarini mette in guardia: «Bisogna considerare che molte spese possono non essere previste, come quelle dal veterinario. Ci sono interventi anche molto costosi». Il dottore sottolinea inoltre un altro fattore da considerare: «Un cane è un ‘costo’ anche in termini di tempo. Non bisogna adottare un animale ora, che magari si ha molto tempo da dedicargli a causa delle misure antiCOVID, pensando che con la fine delle restrizioni potremo fare altrettanto. Questo è un fattore importante da considerare».

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