L'intervista

Il Care Team, una carezza fra le macerie della Vallemaggia

Assieme a Massimo Binsacca, caposervizio e coordinatore del servizio di sostegno psicosociale, tracciamo un primo bilancio di quanto fatto finora
© JEAN-CHRISTOPHE BOTT
Marcello Pelizzari
03.07.2024 16:15

Massimo Binsacca non è ancora salito lassù. Nei luoghi del disastro. Dove la natura ha liberato la sua forza bruta. Distruggendo ponti. Case. Vite, anche. «Lo hanno fatto i miei collaboratori» afferma il caposervizio e coordinatore del Care Team, servizio che offre, nell’immediato, sostegno psicosociale a chi – famigliari o persone coinvolte – assiste a eventi potenzialmente traumatici come catastrofi, morti improvvise o incidenti gravi.

Signor Binsacca, riavvolgiamo il nastro: quando siete stati allertati per entrare in servizio?
«Verso le 5 di domenica mattina, grosso modo. I primi collaboratori sono saliti in zona Ronchini. Dove, per intenderci, sono arrivati gli sfollati del torneo di Peccia. Ecco, loro sono state le prime persone che abbiamo accolto. In seguito, abbiamo organizzato dei presidi a Prato Sornico, Fusio e Piano di Peccia. Una volta che si è sparsa la voce, diciamo, le richieste sul territorio sono fioccate».

Il Care Team impiega militi della Protezione civile. In questo senso, e considerando le richieste, disponete di abbastanza persone per fornire supporto?
«In linea di massima, cerchiamo di soddisfare tutte le richieste che riceviamo. Detto questo, il Care Team riceve supporto altresì dai professionisti della Polizia cantonale. Tradotto: ci sono elementi formati che possiamo utilizzare. Solitamente, queste persone lavorano con gli agenti ma possono tranquillamente essere trasferite a supporto della popolazione. Di risorse, al momento, ne abbiamo. Finora, volendo fornire una cifra, abbiamo fatto ruotare una ventina di caregiver».

Il contesto in cui state operando, evidentemente, è delicato e complicato. Tant’è che siete chiamati ad aiutare anche pompieri, poliziotti e operatori.
«La priorità, di principio, è data alle famiglie che hanno perso qualcuno o stanno aspettando di sapere dove si trovano i loro cari. Ma anche altre persone ci stanno contattando, o perché hanno assistito con i loro occhi alla furia degli elementi o perché, ad esempio, non hanno più una casa».

Tutte queste persone hanno vissuto esperienze simili e diverse. Lo stesso dicasi per le forze di intervento. Con loro abbiamo pianificato alcuni momenti di debriefing e riflessione. In particolare, con i pompieri della Lavizzara

E quali parole usate?
«Tutte queste persone hanno vissuto esperienze simili e diverse. Lo stesso dicasi per le forze di intervento. Con loro abbiamo pianificato alcuni momenti di debriefing e riflessione. In particolare, con i pompieri della Lavizzara. L’importante, per noi, è ascoltare. E favorire il dialogo. Raccogliere le emozioni, che possono essere tante e disparate. L’importante, ancora, è far capire che simili sensazioni sono normali e naturali».

Quando finisce il lavoro di un caregiver? Riformuliamo: si può uscire, davvero, da un trauma come questo?
«Noi monitoriamo tutte le persone con cui ci interfacciamo. Se il livello di stress perdura, se dopo quattro settimane di fila una persona ancora non riesce a prendere sonno, allora la invitiamo a prendere contatto con una struttura ancora più specializzata. Al contrario, se la persona vittima di un trauma entra in una cosiddetta fase ondivaga, con alti e bassi diciamo, significa che sta elaborando correttamente quanto accaduto e che si trova sulla strada giusta per risollevarsi».

Quanto prevedete di rimanere a contatto con questa tragedia e con la gente che l’ha subita?
«Innanzitutto, è bene sottolineare che il Care Team dispone comunque di un elemento di picchetto per altre emergenze o per la quotidianità. Se dovessero avere bisogno di noi altrove, insomma, possiamo intervenire. Fatta questa premessa, generalmente il Care Team viene impiegato per una settimana circa. Questa, però, è una situazione straordinaria. Rimarremo per una decina di giorni, almeno. E poi si vedrà. Niente ci impedisce, un domani, di organizzare dei momenti di supporto in collaborazione con altri servizi della rete».

Il Care Team era stato attivato anche in Mesolcina. Che esperienza è stata, quella?
«È impossibile fare paragoni, sebbene la situazione attuale in Vallemaggia sia ancora più devastante rispetto a ciò che avevamo trovato in Mesolcina. Qui parliamo di una tragedia che ha toccato due valli e che, fra tutto, ha coinvolto migliaia di persone. Anche in Mesolcina, purtroppo, abbiamo pianto delle vittime. Il punto, tornando alla Vallemaggia, è che non c’è ancora un quadro completo della situazione. Ci sono diversi dispersi, sotto le macerie potrebbero trovarsi altre persone. Purtroppo, la Vallemaggia sta presentando delle criticità più ampie».