Il cenone di Natale e Capodanno? «La gente spende meno, oggi si punta molto sull'aperitivo»

Le festività, quando si tratta di mangiare e bere, non si giocano più sul classico cenone, non come un tempo, almeno. Oggi si punta molto sull’aperitivo e su tutti quei momenti di convivialità «pubblica», in cui scambiarsi i tradizionali auguri, magari con un buon bicchiere di spumante. A fare il punto sull’annata dei ristoranti, ma anche sugli importanti appuntamenti della Vigilia, di Natale e di Capodanno, è Massimo Suter, presidente di GastroTicino. «Il 2025 è stato un anno in chiaro e scuro. Abbiamo vissuto una partenza abbastanza a rilento, dovuta anche a una Pasqua non brillantissima. Tutto è ruotato attorno agli eventi, invece che al flusso di turisti», premette Suter, sottolineando come l’aumento generale dei costi abbia sempre un peso quando ci si siede a tavola: «La ristorazione in generale, ossia quella che lavora con la clientela ticinese, ma pure quella che punta sul turista, ha notato una minor spesa da parte degli avventori. Una perdita di forza d'acquisto del cliente, ovviamente, si ripercuote anche sulla ristorazione, con meno visite nei nostri locali o una spesa un po’ più accorta. Questo significa fare delle rinunce: magari si va comunque al ristorante, ma non si prende l’aperitivo o si dice "no" al dolce».
Delineato un veloce bilancio, che festività si aspettano gli addetti ai lavori? Ancora Suter: «Il business natalizio è entrato di diritto in quei punti saldi del calendario della ristorazione, quindi, oltre alla Pasqua, che solitamente la si colloca come inizio stagione, ecco che il Natale e il Capodanno un tempo li si considerava come la chiusura dell'anno. Per certi versi andavano a compensare un mese abbastanza stanco e debole come novembre. Negli ultimi tempi, però, si è notato un certo rilassamento nella spesa natalizia e prenatalizia. Dopo la pandemia di Covid-19, con l'avvento delle manifestazioni di grande portata, di quegli eventi dal forte richiamo nelle città, nei centri urbani e pure in alcuni paesini, ecco che il paradigma, è un po’ cambiato. Le abitudini dei clienti sono mutate». Il presidente di GastroTicino rileva: «Oggi si tende maggiormente a stare all’aperto, a socializzare in grandi gruppi, lasciando perdere la visita al ristorante. La crisi finanziaria influisce pure sulle cene aziendali: si risparmia pure in questo ambito, ma per non rinunciare alla compagnia, si punta sui momenti aggregativi nei centri urbani, magari facendo solamente un aperitivo, senza la cena». Insomma, si è assistito a un vero e proprio cambio di attitudine e, secondo Suter, «nei villaggi natalizi si è trovata la risposta a questa nuova esigenza».
Ma i ristoratori non possono certo stare a guardare, evidenzia il nostro interlocutore: «Si soffre un po’, ma bisogna essere in grado di adeguarsi. I piagnistei non servono a nulla, è una presa di coscienza su come trovare delle contromisure, delle proposte alternative rispetto a quanto fatto negli ultimi cinquant'anni». Qualche esempio? «Reinventarsi sull'orario aperitivo, cercare di essere presenti nei centri città, con una bancarella piuttosto che un food truck. Eventualmente, chi organizza questi eventi, potrebbe cercare di coinvolgere anche la periferia o dare la possibilità agli esercenti più lontani dai centri urbani di potersi presentare, altrimenti si rischia la desertificazione». Suter puntualizza: «Non voglio assolutamente demonizzare questi momenti di aggregazione, ma la ristorazione della periferia deve trovare delle soluzioni». Perché a Natale e Capodanno il cenone non è più diffuso come un tempo. Oggi «si festeggia in maniera diversa rispetto a quando i ristoranti puntavano tutto sulle grandi cene, con lo champagne, le orchestre, ecc. Adesso tendenzialmente si va al ristorante all'ultimo dell'anno, per poi “scappare” e ritrovarsi tutti assieme in centro città, o in un paesino a far festa».
Un cambio di paradigma che durante l’anno si traduce in meno uscite nei locali per via dei servizi di delivery, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione. Servizi che durante la pandemia hanno tenuto in vita i ristoratori e tutt’ora possono essere grandi alleati. Secondo Suter, «il delivery avrà sempre più ragione di esistere e quindi gli addetti ai lavori devono essere in grado di proporsi pure in quel in quel campo, così da coprire una parte della perdita che si subisce nel locale. Perché la gente, al ristorante, non ci va più spesso come una volta».
