Sapori ticino

«Il cibo è un collante che unisce economia, turismo e sostenibilità»

Ne parlano Marzio Eusebio, gestore dell’Ospizio del San Gottardo, e Michael Gibbert, professore di Marketing presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’USI
Gruppo di studenti dell’USI accompagnati dal professor Michael Gibbert al primo incontro sul San Gottardo per il progetto di lavoro con Dany Stauffacher.
Marta Lenzi
14.10.2020 06:00

Il cibo è uno straordinario mezzo di comunicazione, caratterizzato da una forte polivalenza. Non è solo piacere, ma una combinazione tra educazione e cultura. E tutto questo lo si riscontra nei tanti progetti di Sapori Ticino.

Con Marzio Eusebio, grazie a una amicizia nata su valori comuni e una grande passione per una regione che è stata, e continua ad essere, la via più diretta tra il centro Europa e l’Italia, Dany Stauffacher sta sviluppando «San Gottardo in festa», un insieme di eventi per raccontare questo luogo.

Parliamone direttamente proprio con il gestore dell’Ospizio del San Gottardo, Marzio Eusebio, l’uomo del passo per antonomasia.

«Dany è un grande comunicatore, ha delle capacità incredibili a identificare dei progetti sempre legati al Ticino ed è grande amico del San Gottardo. Ha un rapporto molto intenso con il territorio, ha fatto della sua passione personale l’ispiratrice di tante sue iniziative, molto innovative. Ha cominciato a curare con i media una rivalorizzazione di quelli che erano stati nel passato dei luoghi importanti, l’economia gastronomica del nostro cantone, quando nessuno lo faceva ancora. Ha fatto conoscere soprattutto al di fuori dei nostri confini, grazie anche a un’intensa attività di ricerca, quelle che sono le nostre abitudini e tradizioni. Ha superato tutti i provincialismi e sta portando avanti l’idea di un Ticino bello dalle montagne ai laghi, unico. Ed è molto importante per tutti che riesca a farlo così bene!».

Marzio Eusebio.
Marzio Eusebio.

Cosa sta succedendo oggi sul San Gottardo?

«Cerchiamo di dare delle nuove opportunità a quelli che vogliono trascorrerci più tempo. Stiamo realizzando un nuovo museo, la cui apertura è prevista ad agosto 2021, che svilupperà i valori storici tradizionali, ma non solo. Cerchiamo di rendere il soggiorno piacevole anche dal punto di vista culinario e dell’ospitalità. Oltre alla ristrutturazione del Vecchio Ospizio, con Sapori Ticino è iniziata una nuova analisi di questi luoghi, per capire come la gente si alimentava, quali erano i prodotti più importanti. Il cibo è un collante che unisce sempre di più economia, turismo e sostenibilità. Sempre grazie a Dany è iniziata anche una collaborazione con l’USI, con un gruppo di studenti che proveranno a proporre nuove idee per una nuova offerta turistica».

Perché tutto questo?

«Il passo è un luogo importante per qualsiasi svizzero perché è la storia stessa che gli ha assegnato questo ruolo: decisioni importanti e i valori stessi della Svizzera lì sono nati. È un posto per eccellenza di incontro di culture diverse, di usi e abitudini, un luogo di identità. Nei secoli passati, è stato innanzitutto un luogo di ospitalità e di servizio per quelle persone che, per esigenze legate all’economia, al trasporto delle merci e di informazioni, dovevano, in condizioni estremamente ostili, attraversarlo. Oggi è un vero e proprio luogo turistico. E vogliamo che rimanga sempre nel cuore di tutti gli svizzeri».

Il professor Michael Gibbert. © USI
Il professor Michael Gibbert. © USI

Passando a un altro progetto, è ormai da diversi anni che Sapori Ticino collabora con l’USI su temi legati al turismo e alla sostenibilità, molto attuali e cari soprattutto alle nuove generazioni. Ne parliamo con Michael Gibbert, professore di Marketing presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società.

«Circa un terzo del cibo viene sprecato prima di mangiarlo. Questo è altamente problematico dal punto di vista etico, ambientale ed economico. Ci siamo quindi uniti a realtà come International Food Waste Coalition, IKEA, Nestlé e San Pellegrino, per avere esempi concreti su cui lavorare. La natura del problema richiedeva che venissero affrontati con un approccio interdisciplinare e internazionale e per farlo, abbiamo aperto un corso facoltativo a gruppi di studenti che coinvolgono tutte le facoltà dell’USI insieme a studenti di economia e giurisprudenza di due rinomate scuole di business scandinave, Hanken e Stoccolma School of Economics. Non potevamo non collaborare con Sapori Ticino, che da 4 anni è una fonte inesauribile di informazioni su molti fronti. Ricordiamoci che il piatto simbolo scelto per Lugano Città del Gusto 2018, era la polpetta, la ricetta anti spreco per eccellenza!».

Un ruolo diverso e nuovo per l’Università della Svizzera italiana.

«Il World Challenge Program è stato istituito per lavorare su problemi difficili tra ricerca, società e economia. L’USI allarga quindi il proprio mandato al di là dell’insegnamento e della ricerca per dialogare direttamente con i propri stakeholder locali e internazionali e per diventare una risorsa importante per il proprio territorio».

I risultati?

«Finora sono promettenti. Secondo IKEA, sono stati risparmiati 1,4 milioni di chili di cibo da quando è partita l’iniziativa, che equivale a oltre 3 milioni di pasti».

E nel frattempo?

«Un progetto sul campo degli studenti di Master, si è dedicato allo spreco alimentare nelle economie domestiche: dal Fridge Diving al Guerilla Cooking, per affrontare le sfide globali. Un metodo per misurare gli alimenti potenzialmente riutilizzabili nel frigorifero. L’obiettivo è di educare gli studenti universitari che per mancanza di tempo e/o di denaro mangiano male, risentendone il loro rendimento accademico, e di aiutarli a sviluppare nuove abitudini alimentari con una maggiore consapevolezza dello spreco alimentare».

«Piacere e convivialità sono fondamentali anche in ospedale»

Un’altra importante collaborazione iniziata nel 2019 è quella tra Sapori Ticino e Ente ospedaliero cantonale. Un progetto studiato a più mani che vuole unire i concetti di gastronomia di qualità e sanità. In particolare, lo chef Andrea Bertarini e lo staff cantonale stanno elaborando piatti salutari in chiave più gourmet. Un progetto che in questo momento, vista la particolare situazione, è rallentato, ma vorrà ripartire con ancora maggiore entusiasmo e convinzione.

Andrea Bertarini è chef al ristorante Lac Melide.
Andrea Bertarini è chef al ristorante Lac Melide.

Cosa significa per uno chef del tuo livello affrontare un discorso gastronomico pensando alla salute?

«È un confronto positivo, stimolante, un bel lavoro di squadra per proporre un’offerta di gusto a chi è momentaneamente in difficoltà e per valorizzare l’importante lavoro degli chef della struttura, che non sono più abituati a lavorare nella ristorazione, ma rimangono sempre di ottimo livello. All’inizio, lo dico sinceramente, per me è stata davvero una sorpresa. Mi hanno raccontato le loro dinamiche, il numero dei pasti che fanno, i menu che hanno: incredibile! Le tempistiche, le rigenerazioni che hanno dei prodotti, perché loro devono pensare che un piatto va consumato dopo un’ora dal momento della produzione. Cambia quindi totalmente la tipologia di lavoro, ma l’obiettivo finale è il medesimo, ossia la massima qualità. Sono rimasto piacevolmente stupito della loro ricca offerta, l’idea che si ha dei pasti in ospedale normalmente è un’altra. L’aiuto quindi che darò si inserisce su una base già solida e ben altamente strutturata e di livello. Potrò arricchirla dal punto di vista del gusto, loro evidentemente collaborano già con una nutrizionista. Io quando faccio un piatto penso al gusto, in ospedale oltre al gusto bisogna pensare alla funzione nutrizionale. Bisognerà lavorare su consistente e rigenerazione del prodotto, ed è l’aspetto che mi affascina di più, trovando dei compromessi, ma sicuramente interessanti».

Anche voi chef di ristoranti siete confrontati quotidianamente con tante realtà particolari, pensiamo alle intolleranze alimentari.

«Sì, ma siamo messi alla prova in modo più superficiale, prendiamo le precauzioni del caso. In ospedale c’è uno studio e una preparazione che ovviamente è completamente diversa, sanno quante persone hanno in casa, molto più nel dettaglio, hanno diete mirate per patologie specifiche. Io non interverrò su menu personalizzati, ma per gli ospiti e in quei menu dove si può cercare di dare maggiore piacere possibile».

Nello sviluppo che c’è stato negli ultimi anni nel settore della gastronomia, lo chef è sempre più preparato, conosce le proprietà degli alimenti. Cos’è cambiato, alla prova dei fatti?

«La sensibilità degli chef e anche dei consumatori è cambiata. Le tecniche di cottura ci hanno aiutato molto, basse temperature, sottovuoto, limitazione dell’utilizzo di grassi in cottura. L’idea di oggi è di valorizzare il prodotto nella sua essenza più basica e profonda, si cerca la purezza nel prodotto di qualità, più leggero, digeribile, meno lavorato. Siamo arrivati a sapere molto, ma rimane il fatto che un buon risotto con la luganighetta non è il massimo dal punto di vista nutrizionale, ma dà tanto piacere. Trovare il giusto equilibrio tra consapevolezza e conoscenza, piacere e convivialità è fondamentale sia al ristorante che in una camera d’ospedale».