Il complesso rapporto tra i momò e le rotonde
Per alcuni sono necessarie e di indubbia utilità. Per altri sono troppe, troppo grandi o troppo piccole. C’è poi chi le vorrebbe «minimal», vale a dire decorate solo da erba o da fiori, e chi le ama personalizzate e artistiche. Ciò che è certo è che fanno discutere. E nel Mendrisiotto il dibattito è sovente intenso. Forse perché le rotonde che vedono la luce nel distretto, o che vengono semplicemente decorate, sono spesso appariscenti.
L’ultimo esempio
Ci offre un esempio lampante la recentissima sistemazione (ancora in corso) di una rotonda di Chiasso, tra viale Volta e via Como (quella vicino al supermercato Aldi). Lì negli scorsi giorni è stata posata una scultura di Judith Hollenstein e Gianni Rodenhaeuser che rappresenta un giovane accovacciato intento a tirare un laccio. L’opera si chiama «Ritorno alla natura I». «Il laccio, che rappresenta le stringhe di una scarpa, nella nostra opera simboleggia la chiusura di una ferita, ferita aperta nel prato dall’invasione dell’asfalto», spiegano gli artisti sul loro sito.
Particolare che può essere definito curioso è il fatto che il ragazzo indossi una mascherina. Un dettaglio probabilmente aggiunto all’ultimo momento in quanto il disegno del progetto presente sul sito internet degli artisti non lo prevede. Come è normale che sia, visto che la statua è stata commissionata diversi anni fa e che la sua posa corrisponde al completamento dell’opera: la stringa era già a Chiasso.
«Assomiglia a mio figlio»
La sistemazione in chiave artistica del rondò chiassese non è certamente passata inosservata, anche perché fotografie degli operai all’opera e della nuova scultura sono apparse sia su alcuni portali d’informazione, sia sui social. Riportiamo qualche commento letto online, per dimostrarvi come l’opera divida. C’è chi ha commentato così: «Interventi e «sculture» nelle rotonde ticinesi, non una che si salva. Sì che c’è un’Accademia di architettura che poteva offrire molto meglio». E chi ha risposto in questo modo a chi sperava nella distruzione accidentale della statua: «A me piace, assomiglia a mio figlio, me la prendo io, se non vi piace e a fine tirocinio gliela regalo. La sua bella statua piazzata in giardino». Ma c’è anche chi ha tirato in ballo la cementificazione: «Prima riempiono di cemento ogni centimetro possibile, poi creano un bruttura da piazzare in una rotonda, a simboleggiare che c’è troppo asfalto...».
Noi non offrimmo un giudizio artistico dell’opera. Non ne abbiamo le competenze. Possiamo però formulare un augurio: che tra qualche anno, vedendo la mascherina sul volto del ragazzo ricorderemo la pandemia in corso come un evento superato.
C’è anche quella «alcolica»
Ciò che però faremo è ricordare alcune discussioni nate negli scorsi anni per altre rotonde momò. È successo ad esempio quando il Comune di Coldrerio ha decorato la rotonda in via San Gottardo scrivendo il nome della località con grandi lettere in metallo. Una però, la «L», è stata lasciata in legno e subito c’è stato chi ha - erroneamente e forse malignamente - pensato all’errore.
Si era invece occupata anche la politica, viste le perplessità di alcuni consiglieri comunali, del rondò in zona Tana a Rancate arredato con due coppie di mani da cui partono zampilli d’acqua. La fontana scultorea si chiama «Vita» ed è opera degli stessi artisti della rotonda di Chiasso. «Nessuna realizzazione raccoglie il consenso unanime», aveva reagito il Municipio.
È sulla stessa strada un’altra rotonda che non convince tutti: accoglie sculture in legno come tavoli e panchine che la fanno sembrare un’area picnic. Che però è impossibile da raggiungere.
Un ultimo esempio è quello di un rondò di Stabio, in via Cantonale. Ospita diversi tappi di sughero giganteschi di vini prodotti nella regione. I media d’oltre confine l’hanno soprannominata «rotonda alcolica».
Ostacoli sul tracciato dei ciclisti in gara
Le rotonde momò non fanno discutere soltanto quando vengono decorate. In passato hanno fatto dibattere anche prima di essere realizzate. Parliamo di quanto accaduto a margine dei mondiali di ciclismo organizzati a Mendrisio nel 2009. Per consentire lo svolgimento delle gare i lavori di realizzazione di alcune rotonde erano stati posticipati (ad esempio a Castel San Pietro, Novazzano o Genestrerio), creando perplessità e polemiche. Del tema al tempo si erano occupati, in chiave goliardica, anche alcuni gruppi carnascialeschi.