L'intervista

«Il discernimento etico e umano non è replicabile da un algoritmo»

A colloquio con Ivan Paparelli, presidente dell’Ordine degli avvocati del Cantone Ticino (OATI)
© CdT/Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
18.10.2025 06:00

Chissà che cosa avrebbe scritto Dürrenmatt, oggi, della Giustizia e del suo rapporto con l’intelligenza artificiale. Sì, perché l’IA, di fatto, sta entrando (come?), giorno dopo giorno, nel lavoro di avvocati e magistrati. La ricerca della verità può passare da un algoritmo? A colloquio con il presidente dell’Ordine degli avvocati, partendo dall’attualità più stretta.

Avvocato Paparelli, a cinque mesi dalla sua nomina come presidente dell’associazione dell’Ordine degli avvocati (OATI), quali sono le sue prime valutazioni sull’esperienza e sulle sfide incontrate finora?

«Cinque mesi sono pochi anche per stilare un primo bilancio intermedio, ma sono comunque sufficienti per poter affermare che l’inizio è da ritenersi positivo. Il nuovo consiglio OATI si è messo immediatamente all’opera sui temi più urgenti e importanti, oltre all’usuale attività amministrativa e corporativa a beneficio dei nostri membri. Le discussioni in essere con il Tribunale d’appello, la Commissione per l’avvocatura, la CFPG (Commissione ticinese per la formazione permanente dei giuristi), o ancora la Commissione esaminatrice con lo scopo di rendere più efficiente il periodo di praticantato per gli aspiranti avvocati, ottimizzare la preparazione in vista degli esami e possibilmente riformare pure il sistema degli esami. Pure centrale è la collaborazione con la Divisione della giustizia e il supporto che intendiamo fornire ai membri OATI con riferimento ai progetti di digitalizzazione della giustizia e degli studi legali e al corretto utilizzo dell’intelligenza artificiale».

A livello federale si è da poco concluso l’importante dibattito sulla revisione della legge sul riciclaggio di denaro e sulla trasparenza. Una legge che riguarda direttamente anche la vostra categoria. Siete soddisfatti?

«Direi di sì, per quella che è la nostra posizione e il nostro compito. Di concerto con la Federazione Svizzera degli Avvocati (FSA) e altre associazioni di settore ci siamo espressi evidentemente in favore di una modifica legislativa atta a rendere più efficace la lotta al riciclaggio di denaro. D’altro canto, abbiamo sollevato alcune perplessità. Riteniamo infatti che l’estensione della legge, così come prevista, porterebbe a un importante e ingiustificato aumento della burocrazia e di conseguenza dei costi per chiunque si rivolgesse a un avvocato e ciò indipendentemente dall’importanza del negozio giuridico, rispettivamente dal soggetto coinvolto e del rischio di riciclaggio. Abbiamo pertanto auspicato venissero apportate alcune correzioni. Le discussioni sono in corso e le Camere federali si esprimeranno in maniera definitiva. Vedremo».

Sul fronte cantonale, invece, spesso viene citato il progetto Justitia 4.0, che mira a digitalizzare la giustizia cantonale. A suo avviso, quali opportunità apre e quali rischi comporta questa transizione?

«Il progetto Justitia 4.0 introduce lo scambio di atti giudiziari tra i rappresentanti legali e le autorità giudiziarie tramite la piattaforma sicura justitia.swiss. Tale processo di digitalizzazione della giustizia è sicuramente una misura necessaria per stare al passo con i tempi, accelerare e ottimizzare i processi della giustizia, aspetti questi sicuramente positivi. D’altro canto, ciò implica la necessità d’adeguamento dei sistemi informatici non solo per le autorità giudiziarie (progetto MYABI/Juris recentemente approvato dal Gran Consiglio) ma anche per gli avvocati che saranno chiamati a innovare e investire. Il consiglio di OATI sarà vicino e di supporto ai propri membri in tale processo di transizione».

Parlando di riforme che toccano la giustizia ticinese, che cosa pensa dell’attuale sistema di nomina dei magistrati di cui tanto si è scritto e di cui, ciclicamente, si torna a parlare?

«È un tema sicuramente importante, delicato e quindi molto dibattuto. Per quanto di competenza di OATI, penso di potere dire che salutiamo positivamente ogni cambiamento e modifica che possa contribuire all’ottimizzazione del funzionamento della giustizia, ciò che non può prescindere da un sistema elettivo improntato su parametri oggettivi, ovvero che garantisca la nomina di magistrati con il giusto corredo di competenze ed esperienze».

Venendo a questioni meno legate all’attualità, in che modo l’intelligenza artificiale (IA) sta modificando il lavoro degli avvocati e dei magistrati?

«L’IA generativa consente, se utilizzata correttamente, di automatizzare e velocizzare compiti ripetitivi e dispendiosi, come la ricerca giuridica e giurisprudenziale, l’analisi e la sintesi di documenti lunghi e complessi. Tali risorse permettono all’avvocato di concentrarsi sul cuore della professione: la strategia, la consulenza personalizzata e la tutela degli interessi del cliente. Per quanto riguarda la Magistratura sappiamo che in Svizzera diversi Tribunali utilizzano l’intelligenza artificiale in servizi come l'anonimizzazione automatica delle sentenze favorendone quindi l'accesso al pubblico. Tuttavia, non vi è a oggi una legislazione generale e vincolante e le autorità, compresi i Tribunali, stanno quindi muovendo i primi passi in ottica di comprendere quale sia il miglior modo per interagire con queste tecnologie in continuo ed esponenziale sviluppo».

Ritiene che l’intelligenza artificiale possa davvero contribuire ad accelerare i tempi della giustizia? Intravvede dei rischi?

«Penso che l'intelligenza artificiale potrà rappresentare uno strumento di efficienza amministrativa e gestionale, ma non va vista come una soluzione miracolosa ai problemi di fondo. Come OATI stiamo dialogando con gli organi preposti per individuare quali siano i campi in cui l'intelligenza artificiale potrà apportare un contributo concreto, come ad esempio la classificazione automatica degli atti, la gestione dei fascicoli o ancora la calendarizzazione delle cause. Allo stesso tempo rivolgiamo l'attenzione anche sui rischi concreti sollevati dall'utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale generativa. Mi riferisco soprattutto al rischio di errori o “allucinazioni” dell’IA (non ci si può affidare ciecamente al sistema) ma anche alla necessità di garantire la tutela del segreto professionale: inserire determinati dati sensibili in piattaforme non adatte può non essere in linea con gli obblighi che incombono agli avvocati. A tal riguardo, proprio il prossimo 24 ottobre si terrà a Bellinzona una giornata di formazione organizzata da OATI e dedicata alle sfide poste dall'intelligenza artificiale alla nostra professione. Durante questa giornata, grazie agli esperti che interverranno in collaborazione con l'Università di Neuchâtel, cercheremo di fornire alle colleghe e ai colleghi ticinesi le basi per potere ragionare e operare in maniera corretta ed efficiente quando si è confrontati al tema dell'IA».

Quale spazio può avere l’intelligenza artificiale nel supportare l’attività dei magistrati e dove invece dovrebbe fermarsi per lasciare spazio al giudizio umano?

«L'intelligenza artificiale potrà sicuramente supportare il lavoro del Giudice ma, a oggi, faccio fatica a pensare, e sinceramente né credo né auspico, possa mai arrivare a sostituirlo. Infatti, l'attività del Magistrato non è esclusivamente tecnica bensì caratterizzata da un esercizio complesso e delicatissimo di valutazioni e di ponderazioni. Del resto, a oggi si ritiene in modo quasi unanime che l'esperienza, il senso etico e il discernimento umano non siano replicabili da un algoritmo. Anche per gli avvocati, l'IA potrà aiutare a lavorare più in fretta, ma solo l'avvocato può decidere quando è giusto fermarsi e riflettere, e questo ritengo sia un aspetto fondamentale».