Il doppio volto del vino tra bio e tradizione

Nel calendario di molti ticinesi, lo spazio dedicato ai mesi di settembre e ottobre sarà sicuramente occupato dalla parola vendemmia. Un periodo molto sentito dagli addetti ai lavori e non solo. Ma soprattutto un momento «critico» per un settore di fondamentale importanza per l’economia del nostro cantone. In un periodo dettato dai cambiamenti (e non solo quelli climatici), una domanda sorge spontanea: tradizione o innovazione? E si può puntare sul biologico in Ticino? A fomentare il dibattito è stato un atto parlamentare dei Verdi in cui gli ecologisti proponevano un Piano cantonale a sostegno della viticoltura biologica messa a rischio dai continui cambiamenti climatici. Ma il quadro generale è veramente così critico? Abbiamo fatto un giro di orizzonte con gli addetti ai lavori delle aziende vinicole ticinesi per capire le difficoltà nel fare biologico nel nostro cantone. Nella mozione dei Verdi viene indicato come il Merlot sia poco adatto alla viticoltura biologica e come il Ticino sia (quasi) totalmente assente nel settore dei vini bio. Diciamo «quasi», perché un’azienda certificata con la Gemma Bio Suisse c’è ed è la Bianchi di Arogno. «Chiaramente nell’agricoltura biologica ci sono difficoltà - ci spiega il viticoltore Martino Bianchi - anche perché in Ticino abbiamo un clima molto piovoso e non potendo usare diserbanti e prodotti di sintesi, queste continue forti piogge sono un problema».
Una battaglia
La lotta per avere un’uva sana è il filo conduttore delle parole di Cristina Monico, enologa della Fattoria Moncucchetto: «In Ticino abbiamo un clima favorevole alle malattie fungine, questo rende la decisione di fare una viticoltura puramente biologica molto difficile, ma non impossibile». Va da sé che chi cerca di fare una viticoltura naturale, quindi solo con rame e zolfo, prodotti non «impermeabili », si trova in Ticino a dover fare diversi trattamenti durante la stagione per garantire la copertura della pianta e ottenere quindi un prodotto sano. Ma a sollevare qualche perplessità, spiega l’enologa, è il fatto che «il rame, anche se naturale, è tossico per il suolo».
Una tematica sensibile
La strada del naturale è stata già imboccata da diversi anni da alcune aziende vinicole ticinesi. Una panoramica più generale ci viene data dal direttore di Ticinowine Andrea Conconi: «C’è già chi si sta muovendo in questo campo, ma fare biologico è una filosofia. C’è una grande sensibilità sulla tematica, ma il problema principale in Ticino per questa coltivazione sono le forti precipitazioni». Il settore del biologico, secondo Conconi, è più che aperto e la strada per ottenere vini più puliti è quella giusta. Divergenze di pensiero le troviamo nelle parole del fondatore di «In vino sitis », Shigeru Takahashi, il maggior distributore di vini naturali del Luganese che suo malgrado non esporta vini bio ticinesi: «Vorrei portare ai clienti dei vini nel vero senso territoriale, ma il livello di solforosa che certi usano è troppo alto per la mia linea. Sarà anche per questioni culturali, ma non si osa tanto fare vino naturale come si produce in Francia o in Italia». Chi invece si è attivata per far fronte agli sbalzi d’umore del meteo è Valentina Tamborini, della Tamborini Vini, con un nuovo progetto in attività da pochi anni: «La viticoltura biologica in Canton Ticino è davvero difficile, per questo abbiamo investito su nuovi vitigni, chiamati interspecifici, che sono maggiormente resistenti alle malattie crittogamiche. Con gli interspecifici, che sono degli incroci tra vitis americana e vitis vinifera, il biologico può essere fattibile. La strada giusta è quella della sostenibilità ambientale ». La via del biologico quindi potrebbe essere un valore aggiunto per il nostro cantone e soprattutto per il settore enoturistico.
Un’arma contro le piogge frequenti
La differenza
«Fare una coltivazione senza pesticidi, quindi senza trattare la vigna, è impossibile perché si ammala - spiega Cristina Monico - Chi fa coltivazione biologica usa rame e zolfo, mentre chi fa viticoltura con produzione integrata utilizza anche prodotti di sintesi. Il vantaggio? Il rame e lo zolfo sono prodotti che hanno solo un effetto di contatto sulla pianta perché vengono lavati via dall’acqua. Con i prodotti di sintesi la sostanza viene assorbita dalla pianta, quindi anche se piove, il prodotto rimane».