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Il fenomeno Brainrot: semplici meme sgradevoli o qualcosa di più?

Questi personaggi assurdi creati con l'IA contengono i pregi e i difetti dell’anarchia, con rischi moltiplicati vista l’età media del pubblico di riferimento
Stefano Olivari
10.11.2025 14:08

Con i Brainrot, la mania che da qualche mese sta sconvolgendo Italia e Canton Ticino, non ci sono mezze misure. Li sia ama o li si odia. Li si capisce o non li si capisce. Li si accetta per ciò che sono o si tenta in maniera novecentesca, per non dire boomeristica, di trovare significati a tutto. Ecco, ma cosa sono i Brainrot?

Il marciume cerebrale

Qualsiasi analisi dovrebbe spegnersi già sul nome, visto che Brainrot significa letteralmente ‘Marciume cerebrale’, rivolgendosi direttamente ai giovanissimi (nella fascia 6-8 anni sono puro culto) ma anche agli adolescenti che ne apprezzano l’ironia anarchica, che colpisce in mille direzioni. Nati a inizio 2025 su TikTok come meme surreali, questi personaggi decisamente sgradevoli (non fingiamo di essere giovani) dall’Italia hanno conquistato chi vive sui social network e rivitalizzato le agonizzanti edicole, fra card e figurine adesive che alimentano il proprio mito con il marketing della scarsità programmata. I Brainrot non nascono da un cartone animato o da personaggi di fantasia ideati da un autore, ma direttamente dall’intelligenza artificiale che crea queste figure antropomorfe dai nomi assurdi.

Personaggi infiniti

Essendo creati dall’intelligenza artificiale, al di là dei prompt che dovrebbero essere (ma non ci giureremmo) sempre umani, i Brainrot sono potenzialmente infiniti e qualsiasi elenco, anche album alla mano, rischia di essere parziale. Fra i Brainrot italiani uno dei più famosi è Tralalero Tralala (conosciuto anche come Trallallero Trallallà). In pratica uno squalo con tre gambe, che indossa Nike e passeggia su una spiaggia, oppure gioca a Fortnite con il figlio. Suo grande rivale Bombardiro Crocodilo, (o Bombardino Crocodilo), un coccodrillo che attacca dal cielo a bordo di un bombardiere. Molto amato e utilizzato per meme anche da adulti Tung Tung Sahur, un mostro di legno con mazza da baseball, gran combattente. Più facile andare d’accordo con Lirilì Larilà, ibrido cactus-elefante che ferma il tempo con il suo orologio, forte ma non violento. Chi ha figli, o è direttamente il figlio, conosce bene anche Brr Brr Patapim, con la sua testa di scimmia, Ballerina Cappuccina, ballerina con la testa a forma di tazza,  Trippi Troppi (mezzo gatto e mezzo gambero), Chimpanzini bananini, eccetera. Meglio fermarsi con l’elenco.

Ma cosa c'è dietro?

La filosofia a sua modo eversiva dei Brainrot è che non c’è alcun messaggio da lasciare ai contemporanei e meno che mai ai posteri. Tutto è ibrido e privo di senso, se non in qualche frammento che può generare reazioni. Insomma, l’assurdità come forma di ribellione a canoni di comportamento e di produttività che i bambini di oggi percepiscono più assurdi rispetto a quanto li percepissero i bambini di ieri. Se ci fosse dietro una sceneggiatura, o fossimo complottisti, diremmo che i Brainrot rappresentano il politicamente scorretto che si ribella alle vecchie categoria, ma in realtà di studiato a tavolino non c’è niente e la sostanziale anarchia dei Brainrot si nota anche nel loro sfruttamento commerciale. Già, perché a differenza di tutti gli altri franchise i Brainrot, o Italian Brainrot che dir si voglia, non hanno un proprietario unico e centrale. La giurisprudenza prevalente li considera in gran parte public domain, il che significa che chiunque può crearne contenuti derivati senza violare copyright. Situazione che sta portando a varie cause negli Stati Uniti e in Europa, ma ancora senza un vincitore: se mai ci fosse, il fenomeno Brainrot finirebbe un minuto dopo. Di sicuro le card sono il formato più popolare per monetizzare il trend, spesso in stile trading card. Il brand più diretto e diffuso legato al fenomeno italiano è Italian Brainrot Card: il primo set di carte strategiche e collezionabili, con pacchetti da 5-7 carte, è di qualche mese fa, con album e edizioni limitate, astutamente non ristampabili. Card che si vendono sul loro sito (italianbrainrotcard.com) e nelle fumetterie, con un passaparola alimentato da TikTok e la fama più ‘contro’. Questo mercato ha attirato l’attenzione anche di un colosso come la Panini, che in agosto ha lanciato la linea Skifidol Italian Brainrot Trading Cards: qui il fenomeno è davvero diventato mainstream, per certi versi tradendo la filosofia originaria, cioè nessuna filosofia, dei Brainrot. In ogni caso fra figurine, card, poster e altri prodotti siamo ancora nella fase dei produttori e dei creatori indipendenti ed è probabile che duri a lungo: un Brainrot condiviso o ufficiale non è un vero Brainrot.

Caos e assurdità

Il fenomeno Brainrot contiene i pregi e i difetti dell’anarchia, con rischi moltiplicati vista l’età media del pubblico di riferimento. Perché card e figurine non fanno male ad alcuno, così come tormentoni con voci demenziali, ma il cuore pulsante dei Brainrot è sul web, senza alcun limite umano e non umano, visto che quasi tutto è AI, in contenuti a cui i bambini hanno libero accesso perché ci può essere il parental control su qualche piattaforma ma non su tutte. Se l’aspetto dei Brainrot ispira repulsione, alcuni loro meme fuori controllo (con bestemmie e altro) sono anche peggio. Volendo invece fare sociologia da bar si può dire che i Brainbrot incarnano il rifiuto di bambini e ragazzi rispetto alle pressioni e alla richiesta di impegno. I Brainrot sono il rifiuto dei contenuti per così dire utili, produttivi, con un senso. In questo senso si può dire che siano più una cosa da adulti che da bambini, anche se non ce li vediamo milioni di adulti impegnarsi in challenge come Ultimate Italian Brainrot Emoji Mania e nell’usare app creative come Midjourney. Questo non toglie che la repulsione possa sfociare nell’attrazione: un meccanismo eterno che i Brainrot, nati in Italia ma ormai fenomeno mondiale, hanno cavalcato senza avere dietro nessuno. Caos e assurdità, tutto pericolosamente simile alla vita per così dire reale.

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