Il fenomeno dei «cavallini»: ti ospito per qualche dose

Nell’ambiente giudiziario sono conosciuti con il nome di «cavallini». Spetta a loro – visto con gli occhi delle organizzazioni criminali – far sì che lo spaccio capillare di sostanze stupefacenti funzioni. E che sia svolto il più possibile sotto traccia. I cavallini, infatti, a primo acchito sono quasi invisibili. Ma in realtà sono ben presenti e, stando a quanto abbiamo potuto appurare, il Mendrisiotto è una regione dove il fenomeno si presenta con costanza. L’arresto comunicato ieri da Ministero pubblico e polizia cantonale ne è una conferma. A fine agosto, a Mendrisio, è finita in manette una 35.enne camerunense domiciliata nella regione. La donna, da febbraio ad aprile 2023, ha messo a disposizione la sua abitazione a due spacciatori albanesi, già arrestati negli scorsi mesi, in cambio di cocaina. Dovrà rispondere delle ipotesi di reato di infrazione aggravata e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti e di infrazione alla Legge federale sugli stranieri. Questa nuova inchiesta è coordinata dal procuratore pubblico Simone Barca.
Già, ma come si sviluppa quest’attività di spaccio? In sostanza gli spacciatori – provenienti in larga parte dall’Albania – giungono sul suolo elvetico e vi rimangono per pochi mesi. «In generale, a differenza di altre regioni e salvo rare eccezioni, il Ticino non è confrontato con una scena aperta e l’attività di smercio e di consumo da tempo si svolge prevalentemente negli appartamenti» ci conferma a tal proposito il Servizio comunicazione, media e prevenzione (SCMP) della Polizia cantonale. Appunto, sotto traccia. «Resta infatti costante la presenza di spacciatori di origini albanesi che soggiornano illegalmente sul nostro territorio grazie alla compiacenza di consumatori locali e che ottengono ospitalità in cambio di piccole dosi o di una partecipazione alle spese d’affitto. Si tratta di una dinamica diffusa e in essere da tempo che ciclicamente può toccare questa o quella regione in maniera maggiormente marcata» aggiunge anche il Servizio di comunicazione della Cantonale. Così facendo, i consumatori locali hanno tutti gli interessi a mantenere strettamente riservata l’attività compiuta dalla persona ospitata. E, in aggiunta, si trovano in men che non si dica una persona pronta a procurare lo stupefacente. Vista, ancora una volta con gli occhi della criminalità, la soluzione è «win-win», entrambe le parti ne ottengono vantaggi.
Tasselli da unire
In gioco, però, ci sono anche le forze dell’ordine che conoscono il fenomeno, lo tengono monitorato e riescono pure a intervenire. A dimostrazione di ciò, stando a quanto abbiamo potuto appurare, vi sono i numerosi incarti aperti sulle scrivanie dei procuratori del Ministero pubblico.
Un’importante mole di lavoro per le autorità anche perché il consumo di stupefacenti, come noto, è ben radicato nel nostro territorio. «In Ticino gli importanti risultati ottenuti nell’ambito del contrasto al traffico di stupefacenti sono il frutto anche dell’attiva collaborazione con i principali partner della Sezione Antidroga (SAD) della Polizia cantonale, ossia l’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC), le polizie comunali, la Polizia dei trasporti e fedpol – annota ancora il Servizio di comunicazione della Cantonale –. Gli accertamenti possono partire in diversi modi: da una segnalazione, dalla constatazione di una pattuglia, da un verbale di interrogatorio di un cliente. Sta poi agli inquirenti mettere insieme i vari tasselli che andranno a definire il quadro d’insieme e che permetteranno di stringere il cerchio intorno ai sospettati. In questo contesto, l’attività di indagine per quanto riguarda gli appartamenti non si distanzia da quelle che sono le usuali modalità di contrasto per lo spaccio di stupefacenti».