Il medico eroe che evitò un’epidemia di tifo

Andando a rovistare nei cassetti più della storia che della memoria, a dire il vero, capita di imbattersi in personaggi che chi scrive (come crediamo la maggior parte di chi sta leggendo) non aveva mai sentito nominare. Uno di questi è senza dubbio Giovanni Falleroni, dottore marchigiano nato nel 1837, al quale i giubiaschesi devono la vita. Sì, perché tra la fine del 1886 e le prime settimane del 1887 nel Borgo bellinzonese scoppiò una grande epidemia di tifo. Si dice che sia stata importata da un abitante tornato dagli Stati Uniti d’America, dove si era recato per far fortuna. Sta di fatto che il dottore italiano si prodigò nella cura degli ammalati che in pochi giorni superarono quota cento. Un impegno che, oltre ai ringraziamenti commossi dei familiari degli ospedalizzati, gli valse anche il riconoscimento postumo da parte delle autorità.
Sempre al fronte
Partiamo proprio da qui, dalla fine, con il nostro ritratto di un uomo dal vissuto difficile ligio come pochi al Giuramento di Ippocrate. La stradina accanto al Mercato coperto, quella di fronte al cimitero, porta il suo nome: via Dr. Falleroni. Probabilmente abitava in quella zona; non siamo purtroppo riusciti ad ottenere conferme. Sta di fatto che Giubiasco l’ha onorato di un angolo del suo territorio, uno dei pochi personaggi ad aver avuto questo privilegio. Lui che si è sempre prodigato per il prossimo. Dapprima nell’esercito del Regno di Sardegna e della Lega dell’Italia centrale e poi a fianco nientemeno che di Giuseppe Garibaldi (l’eroe dei due mondi) in Sicilia, durante la spedizione dei Mille.
La professione di medico la esercitò solamente dal 1861. Nel 1882 si rifugiò a Lugano per evitare il carcere a seguito di una condanna per aver affisso manifesti contro la monarchia. Non chiese la grazia, ritenuta «una delle più grandi e più odiose ingiustizie». Così come si era rifiutato, in precedenza, di prestare giuramento dopo essere stato eletto deputato alla Camera nel collegio di Macerata. Celebre la sua frase, pronunciata in aula, che suscitò la disapprovazione degli altri parlamentari: «Non giuro. È il popolo che mi ha qui mandato ed io non uscirò se non costrettovi dalla forza».

La malattia non lo risparmiò
Tornato per alcuni mesi in Italia, dovette di nuovo scappare. Da lì il suo approdo a Giubiasco. Nel febbraio 1884 venne nominato medico delegato per la condotta del XI circondario che comprendeva, appunto, il Borgo, Pianezzo e Sant’Antonio. L’onorario annuo, si ricorda ancora nello «Stradario del Borgo» curato nel 1978 da Adolfo Caldelari, era di 2.500 franchi; solo a Giubiasco ottenne 114 voti su 127. Passano tre anni e succede l’imponderabile: il tifo colpisce la popolazione. L’epidemia partì con ogni probabilità dall’abitazione del giubiaschese rientrato dagli States. Le cronache narrano infatti che la casa si trovava a fianco del canale che alimentava la fontana comunale.
Oggi lo chiameremmo focolaio. Son trascorsi quasi 135 anni ma, come vediamo, è (sempre) difficile lottare contro questo tipo di malattie. Purtroppo anche il dottor Giovanni Falleroni contrasse il morbo, ma per fortuna in modo non grave. Finito l’incubo nel giugno 1887, senza decessi, fu però costretto a dare le dimissioni dall’incarico per motivi di salute. Fu riportato in Italia dal fratello Domenico, in un primo momento a Civitavecchia e in seguito a Recanati, dove risiedeva con la famiglia da ragazzo. Morì nel 1890 colpito da paralisi cerebrale.
Il «padre» dell’acquedotto
L’epidemia convinse i giubiaschesi della necessità di costruire, finalmente, l’acquedotto comunale. Sui libri di storia si rammenta che fu lo stesso Falleroni a caldeggiare ripetutamente la realizzazione dell’opera, da persona lungimirante. Il primo colpo di piccone fu dato nel 1891. «Questo primitivo impianto venne, nel 1923, ampliato con una spesa di oltre centomila franchi e, successivamente, nel 1938, ristrutturato e potenziato», si puntualizza nello «Stradario».
Il ruolo decisivo del medico marchigiano non passò inosservato nemmeno al Governo ticinese. Nell’autunno 1913 avrebbe dovuto tenersi una commemorazione ufficiale, proprio nel Borgo, a Palazzo Civico, che però fu rinviata sine die a causa verosimilmente dei venti di guerra che già soffiavano. L’oratore ufficiale della cerimonia avrebbe dovuto essere il ministro italiano Eugenio Chiesa.
Con il linoleum si cresce
Giubiasco tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento contava circa 1.600-1.700 abitanti. Una crescita comprensibilmente lenta (a fine Cinquecento i residenti erano mille) che ha visto un’impennata, graduale, a partire dal 1910 (2.400 unità). Un incremento della popolazione dettato anche dall’inaugurazione, nell’aprile 1905, della fabbrica che produceva linoleum. Venne costruita, clamorosamente, su una necropoli che un professore del Museo nazionale di Zurigo stava ancora studiando.
