Il momento di Karin Valenzano Rossi

Da capogruppo a municipale. Sembra un passaggio naturale in una carriera politica, ma riuscirci non è affatto scontato e non è per nulla facile. Karin Valenzano Rossi ce l’ha fatta. Con 6.462 voti è riuscita ad agguantare l’elezione in Municipio. Nel giorno dell’insediamento l’abbiamo incontrata per una lunga chiacchierata che ha affrontato diversi temi. Tralasciamo in questa intervista i problemi interni al PLR (anche perché proprio con Valenzano Rossi abbiamo fatto un punto nell’edizione di ieri, e la municipale non le ha mandate a dire) e concentriamoci sul suo futuro politico. Cosa si aspetta da questa Legsilatura che - dopo una delle campagne elettorali più lunghe (e strane) degli ultimi decenni - ha finalmente preso avvio?
Quel che cambia
Parliamo del futuro iniziando dal passato. Karin Valenzano Rossi è stata appunto fino a ieri capogruppo PLR in Consiglio comunale. Capogruppo che è il portabandiera di un partito. A volte c’è chi in quel ruolo si trasforma perfino in un capocurva, in un capo ultras. Ora entrerà in Municipio, che è un organo collegiale. Cosa cambierà dal punto di vista dell’approccio politico? «Per indole non sono un’ultras. Difendo i miei valori e le mie posizioni con determinazione, questo sì, ma sono consapevole dei diversi ruoli all’interno delle istituzioni. Sono pronta ai compromessi. Anche come capogruppo comunque uno dei compiti è quello di cercare consenso e convergenza; questi sono principi che si portano in Municipio. Spero che nell’Esecutivo si possa trovare una forma di collegialità anche verso l’esterno. Troppe volte durante la passata legisaltura il Municipio ha preso una decisione, l’ha comunicata, ma poi tutti i municipali sono usciti dicendo la loro. Così facendo l’Esecutivo perde forza, compattezza, soprattutto di fronte al Consiglio comunale. Se una decisione viene presa, anche se non si è d’accordo, poi deve essere difesa da tutti». Così del resto prevede il sistema elvetico.
La nuova squadra e gli equilibri
Valenzano conosce già bene la squadra di cui farà parte. Cosa si aspetta? «Conosco tutti, è vero, ma non conosco le dinamiche che ci sono tra di loro. Quelle interne. Ed è tutta una cosa da scoprire. Durante la campagna ho notato che in generale si è capita la necessità di ricucire i rapporti, e penso che l’entrata di un profilo come quello di Filippo Lombardi, con la sua esperienza, contribuirà a una dinamica di stabilità». Ecco, Lombardi. Ne parlano un po’ tutti. L’ex senatore ha un passato politico importantissimo, ai vertici della politica elvetica. Valenzano Rossi teme che si crei una situazione simile a quella vista nel 2013, con la (breve) convivenza tra Borradori e Giudici? Riformuliamo: teme che ci siano troppi galli nel pollaio? «Se ci sarà consapevolezza dei ruoli non credo. Nella passata legislatura questo è un po’ mancato e mi sembra che il Municipio sia rimasto vittima di una corsa alla comunicazione. Situazione legata secondo me a un possibile conflitto sul sindacato, che ha innescato quella dinamica e poi portato, appunto, un’esasperazione della comunicazione». A voler dire sempre qualcosa per forza.
La scelta dei dicasteri
E quale dicastero le piacerebbe seguire? Ha preferenze? «Se gli uscenti dovessero decidere di tenere il loro io non avrei alcun problema a rimboccarmi le maniche e a prendere quello che resta. Forse però, nella logica di chi mi ha preceduto e visto il grande lavoro che ha fatto (e lasciatemi tornare a dire che è davvero un peccato, per Lugano e per il PLR aver perso un politico del suo calibro), mi piacerebbe poter portare avanti i dossier di Michele Bertini (e dunque il Dicastero Sicurezza e spazi urbani, ndr). Ma anche il Dicastero sviluppo territoriale è molto interessante, con la sfida dei masterplan (quello unitario e quello del lungolago in primis)».
Inevitabile guardare al 2024
Sarà una legislatura breve. Sapendo che tra tre anni il sindaco Borradori potrebbe non ricandidarsi, Valenzano Rossi si aspetta una campagna elettorale permanente in vista delle elezioni 2024? «Spero proprio di no. Sarebbe la peggior cosa che potrebbe succedere. In ogni caso credo che le elezioni appena passate abbiano indicato che è il lavoro la miglior campagna elettorale. E gli elettori poi la premiano».
La pandemia e i Comuni
Parliamo ora della pandemia, che ha spostato le priorità. Aspetti sanitari, economici (c’è la crisi, che oltretutto non è probabilmente ancora emersa in tutta la sua forza e drammaticità) e aspetti sociali. Ci siamo per esempio accorti in questi mesi dell’importanza nelle nostre vite dei centri, delle piazze, dei bar e dei ristoranti. Cosa può fare un Comune considerando che parliamo di questioni spesso di competenza soprattutto cantonale e federale? «Il Comune ha un compito importante ed è quello di fungere da facilitatore. Evitare che si creino ostacoli inutili in un periodo complicato come questo. E ha anche il compito di far sentire la sua voce ed essere un’antennna di quanto succede sul territorio. Durante la pandemia hanno parlato tutti, ma i Comuni si sono sentiti poco».