La domenica del Corriere

Il peso della neutralità

Le sanzioni contro la Russia hanno riaperto il dibattito su un tema centrale per il nostro Paese - Chiesa: «Valore immutabile» - Gianella: «Evolve nel tempo» - Regazzi: «Misure inevitabili» - Durisch: «Obiettivi non raggiunti»
© CdT/Chiara Zocchetti
Red. Cantone
18.09.2022 20:30

«Come sta la nostra neutralità?». È partito da questa domanda il dibattito della «Domenica del Corriere». Una domanda che può avere molte risposte, a seconda dei punti di vista e soprattutto in un momento come questo, di grosse sollecitazioni.

Il confronto con il passato

La prima a rispondere alle sollecitazioni di Gianni Righinetti è stata Alessandra Gianella, capogruppo PLR in Gran Consiglio. «Il concetto di neutralità evolve nel tempo, perché è la nostra società che evolve». Secondo Gianella tuttavia, «la neutralità svizzera oggi è preservata. Non è infatti la prima volta che la Svizzera agisce adottando sanzioni. Ci troviamo di fronte a una violazione del diritto internazionale e quindi non potevamo non assumere una posizione». Un parere che non ha trovato d’accordo l’avvocato Niccolò Salvioni: «Il contesto in cui il Consiglio federale ha adottato le sanzioni è assolutamente diverso rispetto al passato, dove effettivamente sono state prese sanzioni contro Paesi terzi. Questi Paesi, tuttavia, non facevano parte della Convenzione di Vienna del 1815. Che ha sancito il ruolo e l’importanza della Svizzera neutrale per l’Europa». Una delle parti garanti di questa convenzione, ha aggiunto Salvioni, era la Russia. «La Svizzera è sempre stata concepita come un’isola di pace nella tempesta della guerra». Siamo di fronte a una violazione del diritto internazionale, ha replicato Fabio Regazzi, consigliere nazionale del Centro: «Non possiamo ridurre tutto a una posizione giuridica o a una convenzione. Quasi tutti i Paesi della comunità internazionale hanno adottato sanzioni. La Svizzera non poteva fare diversamente». Di qui, la conclusione di Regazzi: «Il concetto di neutralità va letto in relazione a un contesto storico che evolve». Sul fronte opposto, il presidente dell’UDC Marco Chiesa: «Vogliamo preservare la neutralità svizzera, per questo lanceremo un’iniziativa». L’unica posizione che dovevamo difendere è la nostra, ha aggiunto Chiesa: «Quella di un Paese neutrale che si offre come mediatore nei conflitti». Il risultato? «Oggi ci troviamo sulla lista dei Paesi ostili alla Russia». Per il capogruppo PS Ivo Durisch, invece, «le sanzioni adottate non sono contro un Paese o un altro, ma sono contro le violazioni internazionali». Durisch ha poi aggiunto: «La neutralità a riccio come la intende l’UDC è controproducente. Per difendere il Paese non possiamo che sostenere una neutralità che si fonda sul diritto internazionale e non una neutralità armata».

Il costo delle scelte

Righinetti ha poi ripercorso quanto accaduto negli scorsi mesi a partire dall’ormai celebre «neutralità non vuol dire indifferenza». Questa era stata la frase utilizzata da Ignazio Cassis per motivare le sanzioni contro la Russia. Era il 24 febbraio. Chiesa però afferma: «Se la neutralità è un valore, be’, deve rimanere immutabile nel tempo. Se lo revisioniamo, avremo a che fare con un altro valore. Per quanto riguarda le sanzioni, che cosa è successo? Putin vende un terzo del gas che vendeva prima, ma guadagna dieci volte tanto. Non possiamo dire che sia stata, la nostra, una strategia intelligente». Salvioni guarda oltre, ma la sua visione non è rosea: «Iniziamo oggi a toccare con mano gli effetti di questa strategia. Ma non è finita. Il COVID ci sembrerà una bazzecola, paragonato a quanto stiamo per vivere, a livello di costi economici, per la Svizzera e per l’Europa. La nostra neutralità aveva uno scopo ben preciso: proteggere l’Europa». Ma le misure messe in atto dall’Europa, anche secondo Durisch, non hanno centrato l’obiettivo. «La liquidità alla Russia non manca. E la sua capacità produttiva bellica non è stata limitata. A pagarne il prezzo allora sono le fasce deboli della popolazione, in Russia così come in Europa. Forse sarebbe servita maggiore convinzione». «La Russia però è stata indebolita», fa notare Gianella. Lo conferma la dipendenza venutasi a creare rispetto alla Cina. «Sì, la Russia è in difficoltà. Noi viviamo questi problemi perché siamo troppo dipendenti dall’estero. Dobbiamo trovare un’altra strada, in termini di approvvigionamento». L’USAM ha bussato più volte alla porta del Consiglio federale. E oggi Regazzi spiega: «Il Governo non è ancora consapevole dei rischi che corre il Paese, rischi che avremmo corso anche se non avessimo applicato alcuna sanzione. Se non troviamo una soluzione, dovremo fare i conti con una bomba a orologeria. Le conseguenze saranno pesanti. D’altronde, quando il prezzo di un kWh passa da 5 centesimi a un franco, le aziende non possono non soffrirne».