Locarno

Il Poligono non è il piatto preferito degli asini

Sospeso il progetto pilota sulla golena dove agli equini era stato affidato il compito di combattere la neofita invasiva – Scartata anche l’ipotesi di «assumere» alcune capre, mentre il Comune continua con altre armi la lotta alla pianta infestante
Gli asinelli anti-Poligono erano stati accolti con simpatia da molti locarnesi. ©CdT/Archivio
Barbara Gianetti Lorenzetti
Barbara Gianetti Lorenzetti
02.02.2021 06:00

La loro presenza aveva suscitato simpatia e curiosità. Ed erano anche balzati agli onori della cronaca a causa di un’evasione con successiva scorribanda notturna in centro città. Ma, al di là degli aspetti pittoreschi, i quattro asinelli «assunti» nel 2018 e sistemati in un apposito recinto sulla golena locarnese della Maggia avevano anche un compito molto importante: diventare protagonisti della lotta messa in campo contro il proliferare di una fastidiosa neofita invasiva, il Poligono del Giappone. A portare i collaboratori quadrupedi sulla riva del fiume, a nord della Morettina, era stato un progetto pilota messo in piedi di concerto dal Dipartimento del territorio, dalla Città, dall’Ufficio forestale cantonale, dal Consorzio per la manutenzione delle opere di arginatura e premunizione forestale Rovana-Maggia-Melezza e da alcuni altri partner privati. Molto interesse ed entusiasmo, insomma, attorno all’iniziativa. Che però, nel frattempo, è stata sospesa, visto che agli asinelli sembra piacere tutto, ma la pianta infestante di origine orientale proprio no.

Quel recinto ormai vuoto

Ora, dunque, il recinto allestito sulla golena è desolatamente vuoto e anche i cartelli esplicativi che vi erano stati affissi sono ormai sbiaditi. Come mai questo epilogo? Lo abbiamo chiesto a Mauro Cavalli, che, oltre ad essere consigliere comunale della Città, è anche veterinario e si è occupato del benessere e della salute dei singolari dipendenti assunti temporaneamente dalla pubblica amministrazione. «Il progetto non ha funzionato per vari motivi – risponde –. Primo fra tutti, per il fatto che gli asini non sono mai sembrati particolarmente interessati alla neofita invasiva. Hanno insomma preferito nutrirsi d’erba e di altre specie vegetali e, quando ve n’era carenza, è stato necessario rifornirli di fieno, mentre il Poligono continuava tranquillamente a crescere... Senza contare che la presenza dei quadrupedi ha attirato pure l’attenzione del vicinato e non mancava mai chi offriva loro volentieri qualche carota. Cosa che li ha resi ancora meno propensi a mangiare la pianta infestante».

Assaliti dai moscerini

Qualche difficoltà è stata provocata anche dalle caratteristiche del luogo dove è stato avviato il progetto pilota, alla fine risultato non del tutto idoneo ad ospitare gli asinelli. Uno dei problemi presentatisi durante l’esperimento è stato quello del gran numero di moscerini che hanno preso di mira gli animali. «Questi ultimi – spiega ancora Cavalli – non avevano modo di ripararsi e, alla fine, erano talmente infastiditi che sono anche riusciti a liberarsi dal recinto». Da qui la famosa scorribanda notturna, cui si è rimediato rinforzando la recinzione. Ma, alla fine, ci si è convinti che il santo non valesse la candela e i collaboratori a quattro zampe sono stati restituiti al loro proprietario. «Peccato da un certo punto di vista – commenta il municipale locarnese Bruno Buzzini – perché l’iniziativa era stata accolta con molta simpatia. Per questo abbiamo deciso di non smantellare il recinto e di valutare la possibilità di sostituire gli asini con qualche altro animale. Pensavamo alle capre, visto che alcune sono già custodite nella zona del Parco Robinson, ma sembra ci sia qualche impedimento». In effetti a confermarlo è ancora Cavalli. «È vero – spiega il veterinario e consigliere comunale – che le capre mangiano il Poligono, ma in questo caso (oltre al tipo di recinzione) a non essere ideale è la posizione del recinto. In primo luogo si trova in una zona molto frequentata dai cani, cosa che potrebbe spaventare gli erbivori, oltre a comportare il rischio di aggressioni vere e proprie, viste le loro dimensioni ridotte. Inoltre l’azione bloccante sulla pianta infestante funziona solamente con il pascolo intensivo. Quando, cioè, viene immesso sul territorio un numero relativamente elevato di animali. Il recinto allestito sulla golena non lo permette. In modo particolare perché l’area si trova sopra la falda, che rischierebbe di essere inquinata a causa delle deiezioni degli animali, se questi ultimi fossero numerosi». Per ora, insomma, il recinto sulla golena è destinato a rimanere vuoto, mentre altrove le capre sono riuscite a risolvere il problema con successo. «A Verscio, ad esempio – conclude Cavalli – abbiamo eliminato definitivamente la neofita invasiva su un terreno di una cinquantina di metri quadrati, lontano dalla falda, grazie a al ‘lavoro’ di un gregge composto da una ventina di capi».

A mano la strategia migliore

Scartati i collaboratori animali, la Città deve comunque continuare la lotta al Poligono del Giappone e lo fa con altre armi. «Se non eliminando il problema – chiarisce ancora Buzzini – cercando almeno di contenerlo. Per farlo la strategia migliore è quella degli interventi manuali, sistema efficace per rallentare la crescita (che può raggiungere i 20 centimetri al giorno, ndr.) e indebolire le piante, le cui radici scendono nel terreno fino a tre metri di profondità». Un impegno non da poco, ma indispensabile per evitare un’eccessiva espansione della neofita. Punto di partenza, una mappatura – già effettuata – dei terreni cittadini più colpiti, per i quali è poi stato allestito un programma di intervento regolare, portato avanti dalla squadra del Servizio parchi e giardini. «Non solo – conclude il municipale –. Per ottenere risultati è anche auspicabile disporre di personale con una formazione specifica. Per questo abbiamo appena pubblicato un concorso per l’assunzione di un aiuto operaio con buone conoscenze nella gestione delle neofite invasive».