Giudiziaria

Il «re dei ponteggi» alla sbarra: «Non ho mai commesso quei reati»

Si è aperto questa mattina il processo nei confronti del 50.enne kosovaro accusato di malversazioni nei confronti di un'impresa edile e di aver impiegato operai con permessi di soggiorno falsi
©Gabriele Putzu
Irene Solari
18.11.2025 13:12

Si è aperto questa mattina, davanti alla corte delle Assise criminali, il processo al «re dei ponteggi», il 50.enne kosovaro domiciliato nel Bellinzonese così soprannominato per essere balzato agli onori della cronaca alcuni anni fa nell’ambito dell’inchiesta dei permessi di soggiorno falsi che aveva coinvolto alcune imprese edili tra gli anni 2014 e 2016. L’uomo era stato arrestato nel febbraio 2017 accusato anche di malversazioni ai danni di alcune ditte ed era rimasto in carcere in regime di detenzione preventiva fino al gennaio 2018 per poi essere rilasciato. Ora lavora ancora nel settore dei ponteggi, in una ditta di Zurigo, «voglio continuare a lavorare, non posso fare altro», ha ribadito al giudice Amos Pagnamenta (a latere i colleghi Emilie Mordasini e Luca Zorzi).

Una lunga lista di reati

A suo carico una lunga lista di reati ipotizzati dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, di cui il principale è bancarotta fraudolenta e frode nel pignoramento. Ma non mancano cattiva gestione, falsità in documenti, riciclaggio di denaro, frode fiscale e incitazione all’entrata, alla partenza o al soggiorno illegale e impiego di stranieri sprovvisti di permesso. Oltre all’usura. L’uomo, difeso dagli avvocati Edy Meli e Marilisa Scilanga, in aula ha respinto le accuse punto per punto. Meli ha anche evidenziato come per il suo assistito non abbia la possibilità di difendersi nel migliore dei modi, in quanto alcune delle accuse a suo carico non sono sufficientemente ben dettagliate: «L’imputato deve potersi rapportare con dei fatti precisi e concreti per rispondere, deve conoscere esattamente i fatti che gli sono imputati. Qui deve prendere per buono qualcosa che non è nemmeno chiaro sull’atto d’accusa».

Da 15 milioni a uno

Imputato che, come detto, all’epoca dei fatti era finito al centro di un’inchiesta per malversazioni da diversi milioni, inizialmente oltre 15, cifra che poi è stata ridotta – dopo l’annullamento di due atti d’accusa e alcune valutazioni fatte nelle perizie – nel terzo e ultimo atto d’accusa a 1,16 milioni. «Si tratta di un abbattimento del 90% dell’ipotesi di reato», ha evidenziato ancora Meli. Un importo che secondo l’accusa sarebbe stato sottratto a danno dei creditori di una delle sue società edili attiva nel Bellinzonese. L’uomo era infatti titolare e co-proprietario di numerose imprese nel settore delle costruzioni sia in Ticino che nella Svizzera interna. I reati ipotizzati sarebbero avvenuti durante un lungo lasso di tempo, iniziato nei primi mesi del 2011 e durato fino al novembre 2023.

La questione dei permessi

Un’inchiesta che si intreccia con quella dei permessi di soggiorno falsi. L’imputato, si legge nel corposo atto d’accusa stilato dalla pp, avrebbe infatti facilitato l’entrata e il soggiorno in Svizzera di alcuni connazionali per poi impiegarli illegalmente nella propria impresa di ponteggi. Un’attività in parte avvenuta per il tramite del titolare di un’altra società edile attiva nel Bellinzonese, un 33.enne cittadino svizzero di origini kosovare, il quale ha ottenuto i permessi di soggiorno falsi tramite la corruzione di un funzionario cantonale con lo scopo di far arrivare la manodopera straniera in Svizzera e impiegando questi lavoratori nelle varie ditte in Ticino e Oltralpe dell’imputato. Fatti per i quali il 33.enne è già stato condannato.

«Non mi sono intromesso»

Ma torniamo al dibattimento di oggi: il 50.enne, assistito da un’interprete, ha ribadito la propria estraneità ai punti elencati nell’atto d’accusa. «Non ero io ad occuparmi della contabilità, avevo una contabile con brevetto federale e 30 anni di esperienza che gestiva tutto. Mi fidavo del suo operato», ha spiegato l’imputato. «Non mi sono mai intromesso, non avrei potuto occuparmene io direttamente perché non capisco nulla di contabilità». La contabile, inoltre, come è emerso dalle dichiarazioni dell’uomo avrebbe anche avuto dei problemi di memoria dovuti a una malattia che le era stata diagnosticata. Per questa ragione l’imputato aveva predisposto la supervisione di un’altra contabile su tutti i documenti della sua ditta.

Da una ditta all’altra

Quanto ai soldi impiegati, ha spiegato il 50.enne, questi servivano principalmente per pagare altre ditte che collaboravano con la sua. Anche se sui dettagli delle operazioni, l’uomo ha ammesso di non ricordare tutto con precisione: «Sono passati 9 anni, alcune cose le ho dimenticate». Sulla questione riciclaggio di denaro, l’imputato ha respinto nuovamente le accuse mosse a suo carico dicendo che lui si limitava a spostare denaro da una ditta all’altra di sua proprietà: «Se la ditta A aveva bisogno di soldi, li prendeva dalla ditta B. Se questo si chiama riciclaggio, allora l’ho fatto», ha chiosato. Il processo, ancora nella sua fase iniziale, proseguirà nel pomeriggio.