Il Ticino stenta a tenere il passo della concorrenza fiscale

Dal 2013 a oggi, la posizione fiscale del Ticino nel confronto intercantonale è migliorata solo a livello di imposta sulla sostanza. La riforma fisco-sociale del 2018, infatti, ha riportato il cantone nella media nazionale per quanto riguarda questo tipo di imposta. Per l’imposizione massima delle persone fisiche, invece, il Ticino si conferma stabile al 21. posto (su 26), mentre a livello di persone giuridiche occupa attualmente la 24. posizione, contro la 17. di sette anni fa.
E qui c’è un aspetto apparentemente paradossale, perché nel 2013 l’imposizione era più alta rispetto ad oggi. La riduzione dell’aliquota sull’utile dal 9% all’8%, entrata in vigore nel 2020, ha sì ridotto la pressione fiscale sulle società ma nel confronto intercantonale la posizione del Ticino è peggiorata, perché nel frattempo anche gli altri cantoni (tranne Berna) si sono mossi, attuando nuovi sgravi. Anche con l’ulteriore riduzione dell’aliquota, prevista dal 2025, il Ticino resterà fra i cantoni meno attrattivi, perché scenderà solo al 20. posto.
È quanto emerge dallo studio «Il prelievo fiscale nei Cantoni e nella Confederazione ai fini delle imposte dirette» (scaricabile da www.supsi.ch/fisco), riferito al 2021 e realizzato dal Centro di competenze tributarie della SUPSI.
«Per nulla attrattivo»
Lo studio presenta dettagliatamente l’onere fiscale in ciascuno dei 26 Cantoni e propone un confronto attraverso l’utilizzo di tabelle e grafici. Sono stati presi in considerazione, per ogni cantone, il capoluogo, il comune più attrattivo e quello meno attrattivo fiscalmente. Per il Ticino, ci sono Bellinzona con un coefficiente del 93%, Castel S.Pietro con il 55% e Astano con il 100%. Per quanto riguarda l’imposta sul reddito, il prelievo fiscale massimo a Bellinzona è del 40,1% (nel Comune medio del 38%), vale a dire fra i più alti in Svizzera, dietro a Basilea, Berna, Losanna, Liestal e Ginevra. Secondo Samuele Vorpe, direttore del Centro di competenze tributarie a autore dello studio, questo dato è indice di scarsa competitività. Questa aliquota concerne solo il 3% dei contribuenti, ma questa minoranza da sola assicura oggi il 35-40% del gettito delle persone fisiche. Se solo alcune di queste persone facoltose (in genere con redditi superiori al milione di franchi) dovessero optare per altri lidi, l’ammanco nel gettito dovrebbe essere coperto dalla classe media. L’alta imposizione costituisce anche un deterrente per l’insediamento di imprese dirette da manager ad alti salari. «Di fronte alla prospettiva di un’elevata imposizione fiscale per i dirigenti, una società tenderà a scegliere una località in cui il prelievo è più basso, come il Canton Grigioni», prosegue Vorpe. «A livello di persone fisiche, per gli alti redditi non siamo per nulla attrattivi».
La questione dell’imposizione degli alti redditi si sta ponendo a livello nazionale in vista dell’introduzione, dal 2024, dell’imposta minima del 15% per le multinazionali. Il ministro delle finanze Ueli Maurer e anche alcuni cantoni si stanno interrogando su come la Svizzera possa rimanere interessante per le imprese. «Potrei certamente immaginare alcuni cantoni che riducono un po’ la progressione dell’imposta per diventare più attrattivi per i dipendenti ad alto reddito», ha detto il consigliere federale alla «NZZ am Sonntag». Il direttore delle finanze di Zugo, Heinz Tännler sta in effetti pensando a riduzioni fiscali per le persone ad alto reddito. Il direttore delle finanze vodese Pascal Broulis, da parte sua, sta considerando un aumento delle deduzioni per il terzo pilastro della previdenza o di tornare a un regime più vantaggioso per gli specialisti stranieri. In Ticino le società potenzialmente toccate dalla misura si contano sulle dita di una mano (in Svizzera invece sono oltre duemila), ma secondo Samuele Vorpe esiste a prescindere un problema di imposizione dei manager. L’elevata tassazione dei dirigenti d’impresa potrebbe indurre una delocalizzazione delle società da loro dirette verso altri Cantoni o oppure scoraggiarne l’arrivo con la conseguenza di una perdita di gettito.
Rincorsa infruttuosa
La situazione ristagna anche a livello di imposta sull’utile. Sommando imposta federale (aliquota dell’8,5%), cantonale e comunale, il prelievo fiscale nominale nella capitale cantonale è del 23,7%. Con la deduzione delle imposte dall’utile, l’aliquota effettiva è del 19,2%, mentre la media svizzera è del 14,8%, decisamente più bassa. Diciotto cantoni attuano un’imposta inferiore al 15%.
Nel 2025, il previsto ulteriore abbassamento dell’aliquota cantonale al 5,5%, porterà l’imposta nominale sull’utile a Bellinzona al 18,9%. Questo permetterà al Ticino di passare, come detto, dal 24. al 20. posto . «Se guardiamo il contesto internazionale, anche oggi rimaniamo molto competitivi», osserva Vorpe. La media in effetti è del 22,4%. «Ma se una società un domani decidesse di stabilirsi in Svizzera, difficilmente sceglierebbe il Ticino, sapendo che in altri cantoni l’imposizione è inferiore. Il paradosso della concorrenza fiscale è che un comune come Castel S. Pietro, che dal 2025 vedrà l’aliquota effettiva scendere al 14,4%, sarebbe comunque al 16. posto in Svizzera se confrontato con i capoluoghi cantonali».
