Il Tour de Suisse degli ambasciatori fa tappa in Ticino

La diplomazia elvetica, con i suoi «buoni uffici», è conosciuta in tutto il mondo ed è sovente sinonimo di imparzialità e qualità. Grazie alla sua posizione di Paese neutrale, infatti, la Confederazione ha spesso giocato un ruolo importante nel mediare e risolvere crisi internazionali. Tuttavia, se da una parte il mondo ci riconosce queste qualità, dall’altra è anche vero che spesso il ruolo dei diplomatici rossocrociati rimane un po’ nell’ombra proprio a casa nostra, in Svizzera. Quanti di noi possono dire di conoscere veramente l’attività di un ambasciatore? Per ovviare a ciò, su iniziativa dello stesso Dipartimento degli affari esteri (DFAE), in questi giorni numerosi ambasciatori svizzeri stanno facendo un «Tour de Suisse» nei rispettivi cantoni d’origine per farsi conoscere un po’ meglio dai propri connazionali. E proprio oggi, a Lugano in mattinata e a Bellinzona nel pomeriggio, è stato il turno degli ambasciatori ticinesi.


«Penso che ci siamo resi conto che la popolazione svizzera, a volte, non sa esattamente cosa facciamo», ci ha spiegato Monica Schmutz-Kirgöz, attuale ambasciatrice di Svizzera a Beirut, in Libano. «Alcuni - spiega la nostra interlocutrice - hanno ancora un po’ questa immagine del diplomatico che si sposta da un ricevimento all’altro. Invece la nostra vita è completamente diversa: nel mio caso passo piuttosto da un campo rifugiati all’altro, e non certo da un cocktail all’altro. Per questo motivo abbiamo deciso di andare fra la gente per raccontare ciò che facciamo. La trovo un’ottima iniziativa». Quale massaggio far passare? «Che si tratta di una professione molto variata. Nel mio caso - vista la crisi migratoria in Libano - mi occupo di aiuto umanitario e buona parte del mio lavoro è svolto sul terreno, lontano dagli uffici. È molto importante andare a conoscere le realtà del Paese nel quale siamo ospiti e per fare ciò è necessario essere presenti sul terreno».
Dal canto suo, durante la presentazione, l’attuale ambasciatore in Camerun Pietro Lazzeri, riguardo alle attività della Confederazione in Africa, ha voluto sottolineare due aspetti: «Ci concentriamo sulla promozione della pace e sugli aiuti umanitari. L’impegno della Svizzera per promuovere la pace tramite i cosiddetti buoni uffici - ha precisato Lazzeri - non avviene però solo perché siamo buoni e bravi. Se c’è un conflitto aumenteranno di conseguenza anche i flussi migratori verso l’Europa, e le nostre aziende avranno più difficoltà a commerciare con quel Paese. È quindi anche nell’interesse della Svizzera promuovere la pace in Africa». Anche Lazzeri ha poi evidenziato l’importanza di recarsi sul terreno per svolgere al meglio la propria attività: «Può anche capitare che sia pericoloso: una volta, per preparare l’arrivo di un consigliere federale - ha raccontato Lazzeri - mi sono recato nel nord del Paese e per sbaglio mi sono imbattuto nel comandante di un gruppo armato che ci ha invitati a pranzare con lui. Una tormenta era in arrivo, e solo con un po’ fortuna siamo riusciti a riprendere l’aereo per tornare a casa. Altrimenti avremmo dovuto passare la notte con loro...».


Riguardo alle svariate attività del DFAE nel mondo, Massimo Baggi, attuale ambasciatore in Marocco, ha evidenziato l’importanza delle relazioni economiche. «Ci occupiamo anche di assicurare alle aziende svizzere l’accesso ai mercati esteri. Specialmente attraverso gli accordi di libero scambio. E la Svizzera è molto brava in questo, spesso anche più avanti rispetto all’Unione europea». Baggi ha poi voluto ricordare un momento forte della sua carriera al servizio del DFAE, quando nel 2001 in India la regione del Gujarat venne colpita da un devastante terremoto che costò la vita a 20mila persone: «Mi sono ritrovato in questa situazione dove il valore della vita umana era ormai ridotto a niente. Con quel poco che avevamo da offrire abbiamo cercato di dare sollievo alle persone, e in qualche caso siamo anche riusciti a salvare delle vite umane. In quei momenti drammatici capisci il vero valore della vita. È stata un’esperienza che mi ha dato una forza incredibile».
Un altro momento complesso l’ha vissuto ormai 10 anni fa l’attuale ambasciatore in Armenia Stefano Lazzarotto. Durante la crisi diplomatica tra Svizzera e Libia, infatti, Lazzarotto è stato inviato nel Paese nord-africano: «È stato un anno e mezzo molto difficile. Fatto di incertezze e false speranze. In questi casi molto particolari (i due ingegneri Max Göldi e Rachid Hamdani vissero per alcuni mesi all’interno dell’ambasciata svizzera di Tripoli, ndr.) l’ambasciatore si deve anche improvvisare anche come cuoco, o intrattenitore. È stata un’esperienza dalla quale ho tratto moltissimo sul piano umano». Ma ci sono anche delle storie più positive, ha evidenziato Lazzarotto: «Un momento molto bello della mia carriera è stata la visita di Mario Botta al Museo d’arte contemporanea di Teheran, in Iran, un Paese allora isolato sul piano culturale internazionale. L’architetto ticinese è stato ricevuto con un’accoglienza da stadio. Una bellissima esperienza».


Infine, a prendere la parola, è stato il capo del Protocollo del DFAE Mauro Reina che si è anche soffermato su una visita più recente, e che ha fatto molto discutere, che ha visto protagonista proprio il Ticino: l’arrivo nel nostro cantone del segretario di Stato statunitense Mike Pompeo, e i conseguenti disagi al traffico dovuti ai suoi spostamenti. Allora, ricordiamo, vi furono parecchi disagi al traffico in tutto il cantone. «So che ci sono state alcune critiche in Ticino. Per questo genere di visite dobbiamo tener conto di moltissimi aspetti. Ad esempio, per questioni di sicurezza, non sarebbe stato possibile attraversare le Alpi direttamente con un elicottero per giungere a Bellinzona. In caso di maltempo, infatti, può diventare pericoloso. Così abbiamo dovuto optare per l’arrivo a Lugano in aereo. Non abbiamo pensato che dovendosi spostare a Bellinzona avrebbe un po’ scombussolato il traffico dell’intero cantone. A posteriori ci siamo detti che avremmo dovuto far venire degli elicotteri per lo spostamento tra l’aeroporto di Lugano e Bellinzona. L’errore non si ripeterà».