L'intervista

Il vescovo Alain de Raemy: «L'abuso in Ticino? La Chiesa oggi reagirebbe diversamente»

La settimana scorsa l'amministratore apostolico della diocesi di Lugano ha incontrato la donna che ha raccontato al CdT la sua storia drammatica di vittima di un «predatore» con la tonaca
L'amministratore apostolico della diocesi di Lugano, monsignor Alain de Raemy. ©Gabriele Putzu
Dario Campione
19.12.2023 06:00

L’amministratore apostolico della diocesi di Lugano non ha mai avuto dubbi sul fatto che la verità dovesse emergere. Tutta la verità. La verità sugli abusi commessi in àmbito ecclesiale in Svizzera e in Ticino. E, se necessario, la verità sulle omissioni o sugli errori dei vertici della Chiesa. Ha invitato le vittime a farsi avanti, a denunciare. E ha scelto pure di percorrere da Nord a Sud il cantone, incontrando i fedeli nei diversi vicariati per parlare del problema a viso aperto.

«Ancora adesso mi commuove e quasi sorprende che chi ha subìto violenza da un uomo di Chiesa decida di avvicinarsi di nuovo a un uomo di Chiesa, e venga a parlarne con il vescovo. Capisco anche quanto possa essere liberatorio, e perciò ne sento da parte mia, con tremore, la grande e delicata responsabilità. Siamo cambiati, nulla è come prima, ma la sofferenza resta indicibile. Anch’io vorrei che per una persona vittima potesse essere liberatorio incontrarmi. Davanti a lei mi sento piccolissimo, perché mi rendo conto del coraggio che si vuole acquistare prima di decidere, a causa delle profonde ferite nell’alma e nel corpo».

Monsignor de Raemy, in ogni occasione pubblica in cui si è parlato degli abusi in ambito ecclesiastico lei ha sempre sollecitato le vittime a farsi avanti. Adesso che ne ha conosciuta qualcuna direttamente, che ne ha scoperto in prima persona il dramma vissuto, pensa che il suo appello fosse necessario, oltre che giusto?
«Su questo non ho dubbi. Anche perché non è la prima volta che ascolto in prima persona la testimonianza di una persona vittima. Era già successo a Friburgo. Io vedo quanto serva alle persone vittime parlare e quanto tutto ciò aiuti e spinga altre a farlo. C’è chi prende coscienza da solo del trauma vissuto e lo assume forse quasi da solo e chi, invece, ha bisogno di tanto tempo per infine raccontarlo a qualcuno. C’è chi riesce ad andare oltre e chi continua a chiedersi “perché è successo a me e non ad altri?”, e magari non può accettare i fatti senza conseguenze».

Ci sono anche le persone, che vogliono restare nascoste e non sono in grado di uscire allo scoperto.
«Certamente, ed è da rispettare. Ma l’esempio di chi ricorda e chiede verità o giustizia può diventare un fattore importante. Perché fa prendere coscienza che ci sono forse altre vittime dello stesso abusatore che sono anche loro da tutelare».

Leggendo il dossier, ho visto che dopo l’espiazione della condanna civile, il vescovo decise che il prete fosse attivo solo nell’ambito musicale, mai con bambini o persone isolate e sotto costante controllo del suo parroco. Oggi la decisione sarebbe assai più radicale

Che cosa dice a chi, pure dentro la Chiesa, pensa e afferma che sulla questione degli abusi si stia esagerando?
«Dico che non si esagera mai quando si rimane nella verità dei fatti e del loro contesto, scopo dello studio affidato dai Vescovi all’università di Zurigo, e si permette così alle persone che hanno provato un tale dolore di uscire dalla loro sofferenza».

Nella vicenda della donna che ha scelto di raccontare la sua storia a lei e anche all’opinione pubblica attraverso il Corriere del Ticino, emerge la figura di un prete, don Luigi Cansani, che fu fermato dalla giustizia civile, imprigionato e condannato.
«All’epoca, purtroppo, non si agì subito come si farebbe oggi. Leggendo il dossier, però, ho visto che dopo l’espiazione della condanna civile, il vescovo decise che il prete fosse attivo solo nell’ambito musicale, mai con bambini o persone isolate e sotto costante controllo del suo parroco. Oggi la decisione sarebbe assai più radicale».

Ma perché i vertici della Chiesa ticinese non hanno parlato quando pure avrebbero potuto?
«Non so cosa sia stato comunicato allora. Tuttavia, posso ribadire che oggi la Chiesa prenderebbe decisioni ben più chiare».