Il Vivaio ha retto bene il colpo mentre il direttore lascia

È sempre un momento triste quando si vorrebbe festeggiare un compleanno importante ma un evento o una situazione particolare ci costringe a rinunciare. Così, nell’anno appena trascorso il Vivaio cantonale a Lattecaldo, nel comune di Breggia, non ha potuto degnamente celebrare i 60 anni di esistenza e di attività. È quasi inutile dire che la «colpa» è del coronavirus che ha costretto molti a procrastinare più di un evento.
«Speriamo di riuscire a festeggiare nel corso del 2021, non appena le condizioni saranno più chiare e la sicurezza sarà garantita» ci dice Marco Marcozzi, capo dell’Ufficio cantonale della tecnica forestale, del vivaio e delle foreste demaniali. Ma se si brinderà al compleanno, anche se un po’ in ritardo, non lo si farà con il direttore Francesco Bonavia. Dopo dieci anni alla testa del Vivaio cantonale, l’ingegnere forestale ha dato le dimissioni per affrontare una nuova sfida: diventerà il direttore responsabile dei vivai cantonali del Canton Grigioni. La partenza da Lattecaldo è prevista per la fine di febbraio.
Marcozzi: «Una sorpresa»
«Non me ne vado certo sbattendo la porta. Tutt’altro. Ho passato dieci importanti anni della mia vita e della mia attività professionale a Lattecaldo ma era giunto il momento di cambiare» ci confida Bonavia.
Per Marcozzi «è stata un po’ una sorpresa. Non c’è stato alcun conflitto o problema all’origine della sua decisione. È una scelta di vita che lo porterà a lavorare a Thusis, un’occasione di crescita per lui».
Un’opportunità nei Grigioni
«Sarà per me un’opportunità di operare in un contesto un po’ diverso, in una zona di montagna, in una realtà nuova, dove poter fare delle esperienze in modo differente» ci spiega Bonavia. In dieci anni – aggiunge – «sono cambiate diverse cose, per esempio abbiamo ripreso la produzione di castagni e di piante da frutta di provenienza locale e abbiamo compiuto importanti investimenti».
Ricordiamo che il Vivaio forestale cantonale è un’azienda nata nel 1960 che produce piante forestali di provenienza autoctona impiegate per interventi forestali, rinaturazioni e interventi di ingegneria naturalistica sia nell’ambito pubblico sia in quello privato.
Come detto in abbrivio, il coronavirus è arrivato a guastare il lavoro programmato sull’arco di tutto l’anno. Il direttore ci spiega che in primavera sono stati bloccati diversi progetti e cantieri «ma in autunno abbiamo recuperato il tempo perso. Insomma, abbiamo sopportato il colpo. Il settore forestale come il nostro non è comunque stato colpito duramente come altri».
Ce lo conferma anche Marcozzi, affermando che «i collaboratori del Vivaio cantonale hanno fatto i salti mortali per portare avanti il lavoro e soddisfare le richieste giunte nel corso dei mesi. E ce l’hanno fatta brillantemente».
Malattia del castagno
Per tornare ai 60 anni della struttura in Valle di Muggio, la sua nascita è legata alla comparsa in Ticino della malattia del cancro corticale del castagno (Chryphonectria parasitica) intorno al 1948, che mise in allarme autorità e tecnici. Per far fronte a questa situazione il Servizio forestale cantonale e l’Istituto federale di ricerche forestali di Birmensdorf, con il sostegno dei politici, decisero che l’eliminazione quasi totale delle selve castanili fosse solo una questione di tempo.
Nacquero così i progetti di risanamento pedemontano, che prevedevano tagli rasi d’intere zone coltivate a castagneto da frutto e con la messa a dimora di altre specie forestali, per buona parte autoctone.
Scelta ideale la Valle di Muggio
La scelta di Lattecaldo, frazione di Morbio Superiore, prometteva numerosi vantaggi: la presenza di almeno quattro grossi progetti di risanamento pedemontano e quindi un bacino di vendita di piante «fuori dalla porta di casa»; la quota di 600 metri , ideale per la produzione sia di piante per le alte quote sia per la fascia collinare; la disponibilità del sedime, fino ad allora proprietà del Patriziato di Morbio Superiore e di alcuni proprietari privati.
Il Vivaio cantonale, come lo conosciamo oggi, si estende su una superficie di circa 5 ettari suddivisi in 17 campi e una piazza di compostaggio in grado di lavorare 500 t/anno di scarti vegetali.