Il confronto

Immigrazione e sostenibilità

La gestione del fenomeno migratorio è al centro di questo dibattito tra i candidati in corsa per un posto al Consiglio Nazionale - Tra chi critica l’approccio della destra, chi ritiene che il ricorso alla manodopera estera sia necessario e chi invece vorrebbe porre un freno agli arrivi
©Luis Torres
Paolo Gianinazzi
25.09.2023 06:00

Le domande 

1) La Svizzera in futuro potrebbe avere 10 milioni di abitanti. Un numero sostenibile?

2) La mancanza di manodopera locale è una realtà. Su che cosa puntare per formare in casa la manodopera necessaria?

3) Tema dell’asilo: serve più collaborazione con i Paesi vicini per gestire il fenomeno, oppure la Svizzera dovrebbe adottare una linea più decisa e autonoma? E come dovrebbe farlo?

Marco Noi, Verdi

Migliori strutture di accoglienza per l’infanzia e per persone bisognose, parità salariale e settimana lavorativa di 4 giorni, aiuterebbero a lenire la prospettata penuria di manodopera e nel contempo a risolvere anche le possibili lacune previdenziali

1) Dipende da cosa si intende per «sostenibile». Non credo che l’interpretazione data da noi Verdi corrisponda a quella UDC che ha lanciato a meri scopi elettorali l’iniziativa «No a una Svizzera da 10 milioni». L’ipocrisia democentrista è spudorata. Da una parte combatte l’immigrazione composta perlopiù da persone assunte da aziende locali. Dall’altra, attraverso la fiscalità, attua una politica economica aggressiva per attirare nuove aziende che bisogna poi alimentare con manodopera estera. A ben vedere dunque UDC e Lega sono proprio quelli che alimentano tale circolo vizioso. A questi partiti non interessa la protezione del territorio, altrimenti non avrebbero bocciato l’iniziativa contro la cementificazione promossa qualche anno fa dai Giovani Verdi Svizzera. Così come non interessa il vero concetto di «sostenibilità», altrimenti ricorderebbero – come scrive l’Ufficio federale di statistica – che in Svizzera consumiamo ben oltre ciò che possiamo permetterci e lo facciamo «a spese delle generazioni future e di altre regioni del mondo».

2) La mancanza di manodopera non è una realtà solamente svizzera, bensì di tutti i Paesi OCSE e visto il tasso di natalità inferiore (1.5 nascite per donna) a quello di sostituzione della popolazione (2.1 nascite per donna), si accentuerà con il pensionamento della generazione di babyboomers. Questo problema si può però affrontare – senza demonizzare l’immigrazione – attraverso una migliore conciliabilità famiglia- lavoro che permetta alle donne già altamente qualificate di poter accedere al mondo del lavoro. Migliori strutture di accoglienza per l’infanzia e per persone bisognose, parità salariale e settimana lavorativa di 4 giorni, aiuterebbero a lenire la prospettata penuria di manodopera e nel contempo a risolvere anche le possibili lacune previdenziali.

3) Per risolvere il problema dei flussi migratori provocati da guerre e soprattutto dagli effetti del cambiamento climatico, serve non solo una collaborazione europea, ma mondiale. L’ONU si attende entro il 2050 che circa 216 milioni di persone dovranno abbandonare le loro terre a causa della crisi climatica. Questa è una sfida logistica, sociale e economica che non ha precedenti e le nazioni ricche devono collaborare in maniera solidale per fermare la crisi climatica/ambientale e i relativi flussi migratori, altrimenti saranno i BRICS Plus (basta fare qualche calcolo per capire il loro peso) a conquistarsi con la forza il benessere che non hanno ancora. Non sarà dunque il disumano «Neoridotto nazionale» UDC/Lega a salvarci, ma collaborazione e rispetto reciproco.

Marguerite Ndiaye Broggini, il Centro

Ritengo che la soglia psicologica di 10 milioni sia il solito spauracchio paventato dalla destra che ciclicamente fa dell’immigrazione un tema che si trasforma in polvere per gli occhi

1) I dati recenti pubblicati dall’Ufficio federale di statistica (UST) relativi alla fine del secondo trimestre del 2023 rivelano che la popolazione residente permanente della Svizzera ha raggiunto 8.902.308 persone. Ritengo che la soglia psicologica di 10 milioni sia il solito spauracchio paventato dalla destra che ciclicamente fa dell’immigrazione un tema che si trasforma in polvere per gli occhi, omettendo la complessità del tema. A mio giudizio è necessario concentrarsi non tanto sul numero complessivo degli abitanti ma piuttosto sul come ci arriveremo. Faccio notare come la piramide di distribuzione delle età in Svizzera si sia da tempo invertita e si ha oramai un’ampia popolazione dai 65 anni in poi. L’aumento della popolazione non è un problema, bisogna soltanto saperlo gestire. Sarà il mondo del lavoro a regolarne la richiesta, come si è fatto per le autostrade, per le costruzioni ferroviarie e per le cure sanitarie.

2) La Svizzera non può prescindere, ed è la storia a insegnarcelo, dalla manodopera straniera. Sicuramente per poter formare al suo interno i profili necessari serve una miglior comunicazione tra aziende e mondo della formazione, con le prime che dovrebbero portare le loro esigenze al secondo, il quale a sua volta dovrà adeguare offerta e competenze trasmesse. Un dato dice che in Ticino più della metà degli apprendisti è concentrata in una decina di professioni, lasciandone un centinaio di altre scoperte: numeri che devono far riflettere i sistemi di orientamento, da adeguare. I giovani competenti e talentuosi vanno trattenuti con stipendi e opportunità.

3) Non possiamo ignorare che ci troviamo nel cuore dell’Europa e dunque il tema dell’asilo e dei rifugiati deve essere affrontato prendendo in considerazione i flussi migratori che fanno parte della storia dell’umanità. Preciso che la legge federale sull’asilo è stata modificata più volte per renderla sempre più severa e restrittiva. Dobbiamo fare tesoro del nostro passato migratorio per affrontare con umanità, intelligenza e spessore il tema. La collaborazione è la base di un ogni dialogo ed è necessaria per risolvere i problemi. Una linea più decisa e autonoma può essere praticata solo se legata al rispetto delle convenzioni internazionali e ai principi di umanità. Non la trovo accettabile se invece è soltanto lo stratagemma per gli estremismi nazionalisti. Urge discutere con la dovuta sensibilità per trovare delle soluzioni con tutti i partiti poiché a Berna le politiche ostruzionistiche non ci portano a nulla.

Piero Marchesi, UDC

Uno studio dimostra che solo il 20% delle persone che immigrano in Svizzera sono profili altamente qualificati, cioè utili all’economia. Il resto, la gran parte degli immigrati, viene in Svizzera grazie al ricongiungimento famigliare e per svolgere professioni in settori dove non c’è una reale mancanza di personale

1) No, a meno che il popolo svizzero sia disposto a sopportarne le pesanti conseguenze: aumento dei costi sociali, treni sempre più affollati, strade perennemente bloccate, penuria energetica, ulteriore esplosione delle tariffe elettriche, crescita degli affitti, maggiore inquinamento e un progressivo e repentino snaturamento del nostro Paese. Per impedire questo scenario, l’UDC ha recentemente lanciato un’iniziativa popolare «No a una Svizzera da 10 milioni di abitanti» che ha l’obiettivo di rallentare la crescita della popolazione. A causa della libera circolazione, negli ultimi 20 anni sono immigrate in Svizzera ben 1,5 milioni di persone. Solamente nel 2022, la popolazione residente è cresciuta di 180.000 unità, due volte e mezzo quella della Città di Lugano. La situazione è insostenibile! L’UDC si impegna affinché la Svizzera rimanga la Svizzera e con questa iniziativa vuole permettere al popolo di decidere il suo futuro.

2) Uno studio dimostra che solo il 20% delle persone che immigrano in Svizzera sono profili altamente qualificati, cioè utili all’economia. Il resto, la gran parte degli immigrati, viene in Svizzera grazie al ricongiungimento famigliare e per svolgere professioni in settori dove non c’è una reale mancanza di personale. Una gran parte beneficia di aiuti sociali, il cui costo è a carico dei contribuenti. La Svizzera ha bisogno di un’immigrazione di qualità e non di quantità, altrimenti arriveranno sempre più persone, che genereranno nuovi bisogni, aumentando di conseguenza la necessità di avere più profili qualificati. È il cane che si morde la coda. Poi, certo, vi è la necessità di formare meglio i nostri giovani, puntando molto di più sull’apprendistato, senza necessariamente mandarli tutti all’università. Ma un tema non esclude l’altro.

3) Il sistema di Dublino ha dimostrato tutti i suoi limiti. Ma prima di parlare di un nuovo eventuale sistema, dovremmo iniziare a risolvere il caos attuale, quello che viviamo in Svizzera, semplicemente applicando le nostre leggi. Ovvero, accelerando le procedure di valutazione delle richieste, rimpatriando i finti asilanti, creando centri di registrazione fuori dalla Svizzera, ripristinando i controlli sistematici ai confini e attuando, finalmente, l’espulsione dei criminali stranieri. La gran parte delle persone che giungono in Svizzera sono finti asilanti, cioè migranti economici che, in base alle nostre leggi, non hanno alcun diritto di rimanere nel Paese. Dobbiamo pertanto concentrarci per fornire protezione a chi davvero ne ha bisogno e rifiutare, invece, chi viene in Svizzera unicamente per motivi economici.

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