Quartiere Maghetti

In aula il fermo robusto

Una sigaretta fumata senza permesso ha portato all’ammanettamento forse illegale di un giovane iracheno – I due agenti imputati chiedono di essere prosciolti: «L’ho presa come una sfida visto che l’ha accesa con un ghigno»
Federico Storni
25.05.2023 21:15

Una sigaretta portata alla bocca dopo che gli era stato detto di non accenderla, la «sberla» dell’agente alla «bionda» per allontanarla dalle labbra, la presunta reazione del fumatore (mani al collo per difesa o per attacco?). Sono questi, in estrema sintesi, gli elementi che hanno poi portato - la sera del 28 dicembre 2020 - a un robusto fermo di polizia di un giovane iracheno al Quartiere Maghetti. Fermo per cui due agenti della Polizia Città di Lugano - un appuntato e un poliziotto allora in formazione - sono apparsi oggi di fronte al giudice della Pretura penale Simone Quattropani per rispondere dell’accusa di abuso di autorità (entrambi) e di vie di fatto (il solo appuntato, l’autore dello schiaffo). Il procuratore generale Andrea Pagani chiede che vengano condannati a pene pecuniarie sospese da 60 e 30 aliquote. I due si battono invece per essere prosciolti. Sono difesi dagli avvocati Roy Bay (l’appuntato) e Maria Galliani. La sentenza cadrà a metà giugno.

Tesi a confronto

Stando alla tesi accusatoria, in sostanza l’appuntato avrebbe creato un’escalation in una situazione tutto sommata tranquilla con il suo gesto «stizzito». E poi si sarebbe a torto sentito minacciato dal giovane iracheno, mentre quest’ultimo avrebbe solamente alzato le mani per un gesto istintivo di difesa. Il poliziotto non aveva, in altre parole, motivo per mettere a terra e ammanettare la presunta vittima, da cui le ipotesi di abuso d’autorità e di vie di fatto. Queste ultime sono riferite a due colpi sferrati dall’appuntato all’uomo a terra, un calcio e una ginocchiata. Colpi di contenimento ammessi in caso una persona ammanettata non collabori, ma che diventano illegali nel contesto di un fermo ritenuto illegittimo. Tant’è che per un terzo agente che pure ne ha sferrati alcuni è stato emanato un decreto d’abbandono, in quando convinto in buona fede (non aveva visto l’inizio della colluttazione) di stare partecipando a un ammanettamento legale.

«Mani protese verso di me»

Questa è anche la tesi sostenuta dall’agente in formazione, il quale ha affermato di non aver visto la sberla iniziale. Di diverso avviso il procuratore Pagani.

Quanto all’appuntato, oggi in aula si è scusato per la sberla: «Ho preso come una sfida che avesse acceso la sigaretta malgrado gli fosse stato detto più volte di non farlo, in quanto l’ha fatto con un ghigno in faccia. Con questo gesto duro e sicuro volevo fargli capire di smetterla e di ubbidire». Quanto alla sua reazione seguente, ha spiegato di essersi sentito minacciato. «Lui ha proteso le mani verso di me e ricordo di averle sentite al collo. A quel punto ho agito come ci hanno insegnato, allontanandolo, accompagnandolo a terra e ammanettandolo». Il giovane è poi stato liberato pochi minuti dopo e lasciato andare.

Il «super slow motion»

Pagani oggi si è detto «sorpreso» che i due agenti - tuttora impiegati presso la Polizia cittadina - abbiano impugnato i decreti d’accusa, perché di fronte a lui entrambi avevano ammesso di aver esagerato e si erano scusati. Questo perché, si sono giustificati oggi, nel video a velocità normale non si vedeva la reazione del giovane iracheno. Reazione che emergerebbe rallentando molto il girato (il «super slow motion», è stata definita in aula). Ma, anche ammesso che vi sia stato contatto fra mani e collo, per l’accusa si è trattato di un movimento accidentale, per la difesa di una volontà d’aggredire. Una questione che dovrà essere risolta dalla Corte.

Eccessivo tutto l’intervento?

La sera del fermo il giovane iracheno - pure presente oggi in aula e che il giorno dopo il robusto fermo si era recato in polizia a pretendere delle scuse per come era stato trattato - era in compagnia di un gruppo di una dozzina di giovani e l’incontro con gli agenti - alla fine erano presenti quattro pattuglie - è avvenuto un po’ per caso. Nei loro rapporti gli agenti hanno poi riferito di provocazioni e di atteggiamenti non collaborativi. Per il procuratore Pagani, in generale, l’intervento è stato eccessivo (ha per esempio sostenuto che non vi fossero le premesse legali per perquisire il gruppo, come invece è stato fatto, o anche per impedire al giovane di fumare), tesi però respinta dai difensori e dagli agenti. Uno dei due ha anzi specificato che alcune delle affermazioni del procuratore generale erano contrarie a quanto gli era stato insegnato durante la sua formazione.

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